Siamo chiamati al germoglio

Il chicco di grano muore, nel silenzio, ma per portare vita, in attesa della primavera: è la nostra vocazione, è la via del cristiano da sempre, come ci ricordano due poesie di Elena Bono
21 Marzo 2021

È la metafora del chicco di grano quella che si impone, per forza e finezza, nel Vangelo di oggi. Metafora nota, metafora eloquente nel suo dire la vita del Cristo e nel suo essere programma di vita del cristiano: «Se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto».

C’è una felice coincidenza in questa domenica di Quaresima, perché cade proprio il 21 marzo, il giorno in cui inizia la primavera e, da domani, la luce tornerà ad avere più spazio dell’oscurità. Felice coincidenza perché ci invita a sostare sulla seconda parte dell’immagine del chicco, che, certo, conosce la morte, ma è una morte che porta frutto. E sappiamo per esperienza che il frutto del seme è la vita della pianta; la morte non è l’ultima parola, ma la penultima.
Il nostro Dio è un Dio della vita, del frutto, della pianta che cresce: in questi giorni la terra si risveglia, la natura infonde forza, tornano a fiorire gli alberi, i prati, gli animali escono dall’inverno. A una natura che si desta corrisponde un uomo ancora preda delle chiusure, della paure, delle preoccupazioni. Ma il chicco di grano porta la vita: il nostro Dio è fecondo, è aperto alla vita, alla luce. Il nostro Dio libera, scioglie dalla desolazione: non vuole tenerci sotto terra, ma sa che siamo chiamati al germoglio. Cristo libera dai terreni della sterilità: se ci affidiamo, cosa certamente non facile, allora può germinare ancora la nostra terra.

C’è però il tempo dell’attesa, il tempo della pazienza, il tempo in cui la terra sembra dormire, tutto è fermo, la vita sembra una spirale in discesa. È il tempo in cui il seme muore, lasciando qualcosa di sé. Un tempo da vivere in silenzio e paziente attesa. Un silenzio da abitare, non da fuggire, come ci ricorda una breve poesia di Elena Bono (1921-2014), Silenzio e ancora silenzio:

Silenzio e ancora silenzio.
Versatelo a lungo
piano, sulle ferite.
Anche la musica duole
ad un cuore dolente.

Ci sono ferite che si curano con il silenzio, non con le parole. Ci sono misteri che possono solo essere faticosamente circoscritti dal silenzio, che è attesa, che è, anche, fiducia, possibilità di sentire una Parola altra. Esiste un silenzio terapeutico, un silenzio balsamo, un silenzio cura.
È il sentiero della pazienza, il sentiero della rinnovata speranza, come ancora richiama un altro breve testo di Elena Bono:

Sopra un pensiero di Cechov

I giorni ugualmente passano
sia che il tuo cuore la febbre lo divori
sia che la pace lo smorzi a poco a poco.
Ugualmente passano i giorni.
Pazienta, cuore, attendi ancora.
Qualche cosa verrà che ti conforti
di ogni febbre, di ogni disincantata pace.

Portare pazienza, con noi, con gli altri, con Dio; cucire attese, non perdere le speranze: «Qualche cosa verrà che ti conforti / di ogni febbre, di ogni disincantata pace».
Il chicco di grano nel terreno dell’inverno muore, ma non come ultima parola: diventa germoglio, diventa vita. Arriva il conforto, arriva la vita.
È ora, davvero, di vedere i germogli di una nuova primavera.

Una risposta a “Siamo chiamati al germoglio”

  1. BUTTIGLIONE PIETRO ha detto:

    Stamane Raitre alle 6.00 ha parlato del libro di Stefano Mancuso, biologo di FI, che con le piante ci parla..😄
    Ho cercato di riportare qui gli 8 punti della
    Costituzione delle Piante, unico mondo della Vita, ma.. nisba x limite dei caratteri. Vi consiglio la lettura qui:
    https://www.pefc.it/news/la-nazione-delle-piante-lequilibrio-perfetto-del-mondo-vegetale

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