Sanremo, protettore dei blasfemi?

Perché il ritornare con più calma e maggior sistematicità sulla presunta blasfemia di Sanremo può servire anche per verificare lo stato di salute dell'«apostolato dell'orecchio» della Chiesa italiana
22 Marzo 2021

Quest’anno, un po’ per il desiderio di concentrarmi sul viaggio del Papa in Iraq, un po’ perché non vi erano nomi che attiravano la mia attenzione, non avevo visto il Festival di Sanremo e quindi nulla avevo saputo in principio della tanto discussa partecipazione di Achille Lauro. Anzi, se devo essere sincero, fino al comunicato eclatante del vescovo di Sanremo e alla richiesta giuntami su alcuni gruppi whatsapp di firmare petizioni di protesta contro la performance «blasfema» del cantante romano, neanche qualche articolo su Avvenire o parere proveniente da Famiglia Cristiana aveva suscitato la mia curiosità.

L’espressione «blasfemia», però, era infine riuscita a smuovermi. Anche perché in occasione della giornata dell’8 marzo, in una piazza di una storica zona di Roma, un gruppo di femministe era riuscito a portare in processione una statua della Madonna (dalle fattezze che non voglio neanche nominare) senza che i quotidiani o gli uomini di Chiesa avessero detto alcunché.

Mi sono quindi chiesto cosa avesse mai ‘combinato’ Achille Lauro di tanto grave da scatenare una così accesa reazione ecclesiale e relativa eco nella stampa. E quali fossero queste «ricorrenti occasioni di mancanza di rispetto, di derisione e di manifestazioni blasfeme nei confronti della fede cristiana, della Chiesa cattolica e dei credenti, esibite in forme volgari e offensive» – per di più «nel sacro tempo di Quaresima», tali da far scaturire «proteste» e «segnalazioni di giusto sdegno», da parte dei fedeli cattolici, e «una parola di riprovazione e di dispiacere», da parte del vescovo Suetta, «per confortare la fede ‘dei piccoli’, per dare voce a tutte le persone credenti e non credenti offese da simili insulsaggini e volgarità, (…) per esortare al dovere di giusta riparazione per le offese rivolte a Nostro Signore, alla Beata Vergine Maria e ai santi».

Sono andato dunque a rivedere la partecipazione di Achille Lauro a Sanremo e, innanzitutto, ho constatato che essa è avvenuta non in quanto concorrente, ma come ospite d’onore, voluto dal direttore artistico Amadeus per dare vita ad una vera e propria performance: un genere artistico a sé stante, che richiede di essere guardato e interpretato secondo regole proprie (soprattutto in questo caso dove sono stati attraversati quattro generi musicali sino alla consunzione finale: un genere nei generi, dunque…). E mi sono subito domandato: come non possiamo non prestare tale attenzione ermeneutica noi cristiani che pretendiamo rispetto da coloro che si accostano alla Bibbia, ricordando che essa è stata scritta utilizzando diversi generi letterari e che alla loro luce deve essere sempre interpretata? In entrambi i casi, sarebbe una grave scorrettezza interpretativa dimenticare tale aspetto e gridare alla contraddittorietà o alla violenza o alla semplicità del testo ‘scandaloso’ quando, invece, il genere letterario ne spiega le caratteristiche offrendone il senso corretto.

Con questa disposizione d’animo benevola, disposta sì a non scandalizzarsi ma solo nel senso della consapevolezza che in una performance artistica-musicale vi saranno delle provocazioni (anche religiose), ho guardato quelli che sono stati definiti i cinque quadri di Achille Lauro. Il mio stupore è stato grande perché anche solo soffermandomi sull’aspetto puramente gestuale, rappresentativo, teatrale della performance, non mi è sembrata affatto evidente questa irrispettosa, irridente, volgare e offensiva blasfemia. Anzi, a parte qualche eccesso inevitabile quando si è rappresentato il ribelle ‘punk rock’, gli altri quadri della performance sono stati caratterizzati da una certa sobrietà e capacità evocativa.

La fattispecie della blasfemia, in effetti, è costituita da un attacco dissacratorio, una bestemmia irriverente, un oltraggio offensivo. In ogni caso, deve essere presente anche l’intenzione dell’artista – evidente o abilmente mascherata – di portare avanti tale violento obiettivo. Ma nei quadri incriminati di Achille Lauro possiamo evidenziare tutto ciò?

Nel primo quadro (dedicato al genere musicale del ‘glam rock’) vediamo che a metà della rappresentazione, dagli occhi di una figura (tra)vestita – sulla scia dei Renato Zero e David Bowie – sgorgano lacrime di sangue, similmente a quel sangue che era uscito dal corpo di Lady Gaga in una esibizione del 2009. Sembra però che tali lacrime fossero anche un riferimento a quelle che nel 1995 stillarono dalla Madonnina di Civitavecchia (apparizione venerata ma ancora non riconosciuta ufficialmente dalla Chiesa cattolica) – collegamento confermato dalla copertina di Vanity Fair della prima settimana di marzo, nella quale Achille Lauro appare travestito da Madonna che goccia sangue dagli occhi. Certamente, in questo quadro, possiamo anche notare che la figura sotto il cui trucco si nasconde il cantante romano impugna un’asta del microfono in cui sono incastonati un Sacro Cuore di Gesù e due Angeli.

 

Dopo il quadro con la statua di Penelope (dedicato al ‘pop’) e quello con Mina (dedicato al ‘rock ‘n roll’), nel penultimo quadro – non casualmente di venerdì – abbiamo osservato, accanto ad un Achille Lauro impiumato di bianco a rappresentare la ribellione del ‘punk rock’, un Fiorello travestito da dama nera con una corona di spine, ad evocare forse una Madonna addolorata (anche se quelle spine somigliavano molto a degli aculei di riccio), chissà se per il figlio morto ma non ancora risorto…

 

Infine, come ultimo quadro, una figura romantica che si inginocchia a mani aperte con il ventre sanguinante perché trafitto dalle spine (dell’amore) di una rosa e dai giudizi (odiosi) degli altri – secondo alcuni come Cristo trafitto al costato dalla lancia di un soldato.

(Photo by Jacopo Raule / Daniele Venturelli/Getty Images)

 

Ora, non spetta noi giudicare la performance dal punto di vista artistico, qui si tratta di comprendere se l’uso o l’appropriazione di una (non sempre evidente) simbologia religiosa sia stato di per sé – o in quanto corredato da un atteggiamento – intenzionalmente irriverente, offensivo, dissacratorio e quindi blasfemo. Perché non può essere sufficiente per pronunciare tale sentenza il semplice uso o l’appropriazione di una simbologia religiosa in contesti e forme a noi non note o sgradite (seppur prive dei suddetti intenti o atteggiamenti di corredo), come ha bene mostrato don Manuel Belli nel seguente video.

 

Un’attualizzazione della tradizione religiosa, una sua trasposizione – traduzione – da un contesto e da soggetti noti a un contesto e a soggetti (presunti) estranei, può essere definita al massimo inadeguata, malriuscita, se vogliamo eretica, ma – se mancano le condizioni indicate – non certo blasfema.

Osservando quindi con attenzione i cinque quadri di Achille Lauro – i suoi gesti, gli atteggiamenti, i movimenti – possiamo al massimo affermare, con Sergio Di Benedetto, che ci troviamo di fronte al «trash della religione consumistica» (Post.it, 6 marzo), all’uso furbo e smaliziato di una simbologia religiosa familiare per attirare l’attenzione del pubblico (senza necessariamente scandalizzarlo) e vendere il proprio prodotto commerciale (sempre che il religioso – ma lo dubito – sia ancora mainstream). Se di questo si fosse trattato, un silenzio sapiente e velato di affettuosa ironia sarebbe stato il miglior inizio di risposta…

Ma, anche se non si volesse nobilitare la performance del cantante romano alla luce delle teorie di Andy Warhol sulla Pop art (linea interpretativa che invece sarei disposto a percorrere), ciò che in essa non mi è sembrato affatto essere presente è proprio quel (presunto) intento talmente blasfemo da richiedere una mobilitazione a difesa della sacralità dei simboli religiosi (creduti) vilipesi. A meno che Achille Lauro non abbia saputo nascondere abilmente – e diabolicamente (Mt 7,15) – tale intenzione, ma in tal caso lo stile e le strategie per affrontare il male, elevato a tale livello di altezza e di profondità, sarebbero dovuti essere molto più astuti (Mt 10,16) rispetto a quelli reattivi e ‘sfrontati’ che abbiamo osservato.

Mi è sembrato invece più evidente, in questi quadri, il legame tra la simbologia cristiana ed alcune esperienze esistenziali fondamentali: da un lato, il dolore e la sofferenza (le lacrime di sangue, la corona di spine, il ventre/costato trafitto) e, dall’altro lato, il bisogno di consolazione e di protezione (il sacro cuore, gli angeli, le mani aperte per ricevere).

Come se Achille Lauro avesse voluto comunicarci che la Vita, in tutti i suoi generi e le sue forme, per quanto cerchiamo di abbellirla e viverla in pienezza, ci fa soffrire in modo lancinante. Come se la Vita, nel suo fondo, fosse anche qualcosa che sanguina di dolore. E perciò essa stessa implora qualcuno il cui cuore batta per lei; qualcuno che sappia prenderla sulle sue ali e farla volare. La Vita stessa sa, nella sua esplosiva vitalità, che è destinata ad esaurirsi. E perciò chiede di essere salvata.

Tale linea interpretativa, quindi, non solo argomenta l’insussistenza dell’accusa di blasfemia rivolta alla performance di Achille Lauro (opinione legittima ma sentiero pastorale – e forse anche teologico – interrotto), bensì è orientata a percorrere almeno il tentativo di verificare l’emergenza nei quadri di qualcosa d’altro – spirituale, se non religioso. Ovviamente sotto questo aspetto il cantante romano non è stato esplicito, noi non abbiamo il suo cellulare per domandarglielo e gli stessi uomini di Chiesa intervenuti non hanno evidentemente pensato di porgli questa domanda come primo atto, quantomeno di cortesia pastorale.

Fortunatamente, però, il nostro artista ha contornato e ogni volta concluso i suoi gesti artistici con una parola intenzionalmente significativa e performativa: quella delle sue canzoni e dei brevi monologhi finali. Sarà su di essi allora, anche perché colpevolmente banalizzati o addirittura trascurati, che concentreremo la seconda e decisiva parte della nostra analisi sullo ‘scandalo’ del Festival di Sanremo 2021.

 

26 risposte a “Sanremo, protettore dei blasfemi?”

  1. Paola Meneghello ha detto:

    ..continua 3

    Ma poi Gesù dice: “guai a chi scandalizza il piccolo..”…ora qui c’è da chiedersi, intanto, se alla Chiesa importi più il piccolo, o il potere che rappresenta nel mondo, e che non vuole sia messo in discussione…Perché chi è veramente grande può dire ciò che pensa senza bisogno di offendere, e però vola alto, e non si offende.. chi è piccolo, offende, e si offende. .E chi deve educare il piccolo, lo aiuta ad andare oltre l’offesa, per non alimentare lo scontro, e qui convengo con Ventura che si debba cercare oltre la prima impressione, e come dovrebbe essere regola di vita, andare oltre le apparenze, chissà che non ci si scopra più vicini di quel che si pensa, e così non si perda un’occasione. ..se non era questo il caso, almeno avremo seminato Pace. .e ti pare poco..

  2. Paola Meneghello ha detto:

    ..continua..

    Si dice che ad ogni reazione, corrisponda un effetto…quindi l’uomo che pensa a ciò che fa, deve tenerne sempre conto..quindi non fare ad altri ciò che non vuoi sia fatto a te, ma anche non giudicare, e…però. ..ama il prossimo tuo come te stesso ,perché nell’altro vedi un altro te, e allora spingiti ancora oltre, e ama anche chi ti offende. .il tuo nemico…
    C’è bisogno di non aver limiti mentali per poter fare tutto questo, e allora chi è davvero dentro lo Spirito, può offendersi, può rivendicare dei paletti entro cui restare?

  3. Paola Meneghello ha detto:

    Annoso problema della libertà di espressione…Proprio Francesco aveva detto: “..se mi toccano la mamma…io tiro un pugno. .” È possibile questa reazione? Ed è giusto non tener conto di chi si può sentire offeso? È questione di rispetto, o di una millantata superiorità della religione che non può mai essere trattata come tutte le altre cose della vita? Anche il politico preso di mira, avrà una madre o una famiglia che ci resta male.. libertà mia di non essere offeso, libertà mia di esprimermi..ma con limiti. .e chi stabilisce i limiti?
    In questo caso, comunque, non mi pare ci siano state offese o denigrazioni, ma solo un modo differente di rappresentazione, che equivale ad un interesse, non ad un rifiuto, poi possiamo discutere se questa forma d’arte ci piaccia o meno, se sentiamo ci faccia bene o meno, ma qui entriamo nel campo della libertà e allora dico: ma può lo Spirito, che è vera Libertà, darsi e dare dei limiti?

  4. BUTTIGLIONE PIETRO ha detto:

    @ ma quanta ‘arte’ oggi è provoc-azione? Dalla banana, al taglio della tela, ho visto patate marce esposte, quasi tutta l’arte moderna è fatta di questo..
    Non x fare pubblicità ma mio genero scolpisce con le mani figure che spaccano il tempo e i… sensi!! Sogni di donne e ideali di maschi… Personalmente ritengo che oggi manchi sia la capacità di rappresentare che il discernimento dello spirito!

  5. Davide Corallini ha detto:

    @Sergio (ovviamente : ) )
    Premesso che mi può dare del tu, se volesse. Comunque, snatura nel senso che porta fuori dal proprio habitat/contesto un qualcosa e ne da una versione non pienamente fedele o rispettosa dell’originale. Questo dipende, a mio avviso, soprattutto dalla persona che realizza l’atto, dai suoi intenti, da dove vuole arrivare, da che messaggio vuole far passare, ecc ecc. Il problema credo è che AL è lontano da un contesto cristiano, per questo le sue “opere” provocano vari sentimenti, non sempre positivi. E io credo che se mai AL trovasse consolazione nel Cristianesimo, sicuramente riconoscerà di averla fatta un pò fuori dal vasetto, come altre persone prima di lui. Poi se la troverà o meno questa consolazione, dipende soprattutto da lui.

    • Sergio Ventura ha detto:

      Ho capito, grazie Davide. Quando si tratta di portare (il cristianesimo) fuori dal proprio contesto/habitat entra in gioco lo Spirito (che spinse Gesù nel deserto, laddove fu tentato…). Entra in gioco l’azione dello Spirito. Su questo ha scritto in modo condivisibile e direi importante Paola (Meneghello) e ai suoi commenti rimando…

  6. Sergio Ventura ha detto:

    @Davide Corallini

    Ecco, in che senso “snatura”? Rispetto a quale ‘canone’ di natura? Perché un credente dovrebbe sentirsi anche solo “instidito” o “risentito” se un artista usa potenti simboli religiosi, magari in chiave solo culturale, per dire il dolore e la sofferenza ma anche la richiesta di consolazione e di protezione (e, vedremo, di salvezza)?
    Forse anche a prescindere dall’intenzione dell’artista, un credente non dovrebbe essere contento nel momento in cui il loro senso viene rispettato? Non potrebbero addirittura diventare occasione e principio di (nuova) evangelizzazione?
    E qual è il problema se “spettacolarizza”? Anche l’arte riconosciuta religiosa o sacra è in parte ‘spettacolo’…

    • Davide Corallini ha detto:

      Le nostre sono concezioni totalmente divergenti, difficile continuare se non ci si trova. Non siamo d’accordo sulla natura, non lo siamo sul fastidio o altro, non siamo d’accordo sulla spettacolarizzazione, non lo siamo sull’intenzione dell’artista, sui canoni…alla fine Achille Lauro sceglierà lui come consolarsi, dipenderà da quello che vorrà fare, dalla sua intenzione, perche questa conta…altrochè se non conta.

      • Sergio Ventura ha detto:

        Le dò atto che, a differenza di Vicentini e Del Bono, lei ha provato a precisare la sua concezione. Però è difficile (o facile, da un altro punto di vista) dire che “non ci si trova” o che “non siamo d’accordo”, finché non motiva o chiarifica il senso dell’espressione “snatura” (tralasciamo pure “spettacolarizza”…). E ciò è importante perché mi sembra che in gioco ci sia il modello di Chiesa che vogliamo essere (e lo stile che vogliamo avere) in questo nostro tempo non facile da decifrare. Dato che nello stesso CCC non vi sono indicazioni chiare al riguardo, io sinceramente voglio capire se e perché “snatura” – perché non vorrei ‘far passare’ qualcosa che è tale – così come, se non dovesse essere tale, vorrei che il legittimo fastidio (suo e di altri) non diventasse poi petizione, comunicato stampa, stile pastorale…

  7. Davide Corallini ha detto:

    @Sergio
    Ma davvero devo mettermi a spiegare perché certe perfomance offendano o diano fastidio, come hanno dato fastidio al sacerdote nel video? Poi si può essere d’accordo su un presunto grido di dolore o, scavando in fondo, sulla necessità nascosta di ricerca o di consolazione da parte dell’artista, però il fatto rimane quello che è. E non aiuta il fatto che si sia svolto in una cornice di spettacolo, la quale ultimamente spinge affinchè si osi sempre più nelle rappresentazioni o nelle perfomance.

    • Sergio Ventura ha detto:

      Direi proprio di sì, dato che stiamo discutendo se e perché questo uso/appropriazione della simbologia religiosa sia offensiva, oltraggiosa, derisoria, blasfema. Io ho argomentato perché non mi sembra esserlo. Attendo le vostre argomentazioni. Il prete del video parla di “fastidio”, di essere “urtato”, ma sviluppa poi tutto un ragionamento argomentato al termine del quale invita alla prudenza verso ogni giudizio di blasfemia.

    • Sergio Ventura ha detto:

      Anzi, il sacerdote afferma addirittura che tale giudizio è contraddittorio con l’argomentazione secondo cui il crocifisso può stare nelle aule/tribunali/ospedali in quanto simbolo laico/culturale, perché così facendo accettiamo di esporlo a “significati inediti che non possiamo gestire”. E, prosegue, è su ciò che è “accettabile” o no di questi significati che bisogna riflettere in modo argomentato prima di dare giudizi. Altrimenti è forte il rischio di “usare i simboli religiosi per rinvedicare potere” il che, conclude “a bassa voce”, “mi sembra francamente un po’ blasfemo”!

      • Davide Corallini ha detto:

        Perché snatura e spettacolarizza ciò che fonda e appartiene alla religione. Siccome per i credenti, sono cose strettamente legate ai propri sentimenti e alle proprie convinzioni, è normale che più di qualcuno possa essere infastidito e risentito per questo, proprio come il prete. “Offensiva, oltraggiosa, derisoria, blasfema” sono cose che non ho scritto né pensato, anche se possono essere, in qualche caso, sinonimi di fastidio o risentimento.
        Però evitiamo di appiccicare etichette ai pensieri altrui.
        Il discorso fondamentale è che la performance o rappresentazione che viene fatta, dipende in larghissima parte dalla Persona che la mette in atto…per capirci: San Francesco fece un gesto di per sé oltraggiosissimo (nudo in piazza ad Assisi davanti a tutti), ma quel gesto era simbolo e inizio di una conversione e di una vita nuova. Sarà il caso di Achille Lauro? Non lo so, vedremo…

  8. BUTTIGLIONE PIETRO ha detto:

    @sergio. Parliamo di opere d’arte.
    1) sempre + vanno ‘interpretate’. Ieri sera senza la spiega di Benigni quanto sarebbe ‘passato’? Ma quando, anche con queste, l’opera la capiscono solo cerchie di ‘intenditori’ che se la suonano tra loro?? Cfr tanti poeti moderni.
    2) tu mi porterai su cosa passa al passante; qui devi ammettere che ci possono essere reazioni di critica fino al rigetto. Cfr quella negativa degli LGBT e della signora V.
    La mia? Premesso che su di Lui vorrei sentire SOLO canti di lode, ti confesso che è del Divisore che non vorrei sentire MAI parlare mentre di Lui..
    – Lui sa scrivere anche su righe storte
    – inoltre non sono io che ‘salvo’ ma Lui e ogni volta che Gli rubo il mestiere sbaglio!
    – infine credo dove parla di un peccato che non verrà perdonato e ritengo questo LA vera bestemmia : diffondere il FALSO su di Lui. Un esempio? Quando leggo di una sua vicinanza agli agiati xchè vestiva una tunica… Ma ce ne sono tante😭😭😭

    • Sergio Ventura ha detto:

      Riguardo 1): quando in classe si fanno emergere dalla Bibbia significati interessanti e importanti, c’è sempre qualche studente che si chiede: ma allora per capire la Bibbia bisogna essere degli “intenditori”? Tra le varie risposte c’è sempre quella che fa notare come non è un caso che, dei popoli antichi, quello ebraico sia giunto sino ai nostri giorni: se ne “intendeva”…
      Riguardo 2): beh, che siano ammissibili/possibili ci mancherebbe; sto solo chiedendo di argomentare tali reazioni affinché ci sia vero dialogo…

    • Sergio Ventura ha detto:

      Infine, l’articolo vuole ricordare proprio che “Lui sa scrivere anche su righe storte”, senza alcuna presuntuosa certezza di salvare o ritenere salvo Achille Lauro attraverso quanto scriviamo (perché sarebbe una posizone opposta ma identica a quella di coloro che sono sicuri di trovarsi di fronte ad un impenitente blasfemo).
      Anzi, in riferimento al cosiddetto “imperdonabile peccato contro lo Spirito” (che giustamente ricordi), si potrebbe anche sostenere che, secondo Gesù, non cogliere la ricerca di Dio sotto e nonostante ciò che appare “blasfemo” potrebbe essere la vera “bestemmia”/”blasfemia”!

  9. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Non si tratta di giudicare il cantante ma che per quei show s ci si sia serviti di personaggi sacri nella vita di milioni di fedeli.Un tale concetto di libertà è ingiusto, la libertà finisce là dove inizia quella di un altro. L’oscenità la volgarita ritorna in chi l’ha pensata, realizzata, condivisa; rimane l’offesa recata a un prossimo che ha la ragione di essere credente in quel Dio così ridotto a derisione. Merita cestinare il ricordo, quel Dio non predica l’odio e sa difendersi da solo, infatti è Risorto esiste salvare tutti quelli che in Lui avranno creduto. . Si, non è un caso isolato questo, ma è superato da tutte quelle generazioni che invece sono vissuti nel nome del Dio della vita, e di Lui vivendo anche oggi malgrado gli oltraggi icredenti in ogni parte del mondo ricevono aiuto, speranza, sono capaci di operare a costo di personale sacrificio, gesti di amore, di vita, di pace,

    • Sergio Ventura ha detto:

      Cara F.V.Vicentini, lei prima dice che “non si tratta di giudicare il cantante”, ma subito dopo afferma che “l’oscenità la volgarita ritorna in chi l’ha pensata, realizzata, condivisa; rimane l’offesa recata”. In base a quanto scrive, chi è che ha pensato e realizzato l’oscenità e la volgarità se non la mente del cantante? Chi è che ha recato l’offesa se non il cantante? Quindi lei di fatto lo sta giudicando. Il che non sarebbe il problema: il problema sono le prove che sostengono questo giudizio. Le ha? Le può fornire? In quelle immagini dove vede oscenità e volgarità? Dove vede oltraggio, offesa e derisione?

      PS in attesa di sue controargomentazioni, ribadisco poi che nel cattolicesimo il semplice fatto di essersi “serviti di personaggi sacri” non è prova o argomento per parlare di violazione della libertà (religiosa) altrui…

  10. Sergio Ventura ha detto:

    Qui non si tratta di “lasciare fare o applaudire” (G.P.Del Bono), ma di pazientare quell’attimo in più prima di “inquadrare” (D.Corallini) in un certo modo gli altri, per verificare se non stiamo perdendo qualche sincero segnale proveniente dallo spazio caotico…

    PS @Davide Corallini: che la performance di Achille Lauro non sia un “agiografo” lo dice anche lui affermando di sé che “non sono un santo”. Credo però che basti qualche piccola nozione di estetica filosofica (cfr. Pareyson, Gadamer, etc.) per sapere che opera d’arte e testo sacro sono due modalità di comunicazione che possono essere analogate in riferimento alla questione dei ‘generi’…

    • Davide Corallini ha detto:

      Il mio riferiemento non era “inquadrare” gli altri, era ad un passaggio dell’articolo dove si scrive che queste fossero “performance”, che quindi vanno lette (o “inquadrate”) secondo un genere particolare. Da qui la mia riflessione, ovvero che ammesso si trovi la chiave di lettura per certe performance, non significa che vadano bene o che siano accettabili.

      • Sergio Ventura ha detto:

        Ora è più chiaro. Resta, però, il fatto che continuate a non spiegare perché non “vadano bene” o perché non “siano accettabili”, mentre l’articolo prova a interrogarsi (e a tentare qualche risposta) su questi perché (senza peraltro escludere le ipotesi più negative).

  11. Sergio Ventura ha detto:

    Non chiedo a F.V.Vicentini e a G.P.Del Bono di essere necessariamente d’accordo con quanto scritto, ma almeno di rispettarne il tentativo di “andare oltre”, come coglie A.Lombardi, e le relative argomentazioni.
    Perché il problema è proprio questa assoluta certezza con cui dichiarate la performance di Achille Lauro come “parodia sarcastica e blasfema” (G.P.Del Bono) o “light intrattenimento, a colpire fight certa sensibilità di fede”, “offesa personale” e addirittura “imperdonabile affronto alla storia (…) di un sentire umano che ormai ha oltrepassato perfino quello alla dignità umana” (F.M. Vicentini).
    Non ripeto qui gli motivi indicati nell’articolo che inviterebbero ad una maggiore prudenza, ma ribadisco che nessuno di noi sa con certezza l’intenzione di Achille Lauro, per cui spetta a chi accusa l’onore della prova della blasfemia (per configurare la quale non basta l’uso o l’appropriazione di un simbolo religioso). [segue]

  12. Gian Piero Del Bono ha detto:

    Sono anni che da Madonna in poi in certi ambienti sedicenti trasgressivi rock ci si serve dei simboli cristiani ( croci,rosari, sacri cuori ) in chiave sarcastica e blasfema, per significare l’opposto di quello che i simboli significano . Una croce pacchiana portata sul decolte’ da una donna seminuda e procace non era meglio della corona di spine di Fiorello e della parodia delle lacrime di sangue. I cattolici moderni e alla moda hanno sempre lasciato fare anzi applaudito. Bravi ,bravi!Contenti, di lasciare mettere in ridicolo la Madonna, la Corona di spine , e la Croce su cui Cristo ha patito ,……

  13. Davide Corallini ha detto:

    Mi permetto di osservare un paio di cose. La prima è che l’audience delle performance di Lauro è stata enorme, data la cornice sanremese, per questo mi sembra poco azzeccato il paragone con la Madonna delle femministe…tanto è vero che io non sapevo di questa “processione”, che oggettivamente meriterebbe la stessa attenzione delle performance di Sanremo. Ma una ha raggiunto più volte milioni di persone, l’altra no. Di qui la riflessione. La seconda è che Achille Lauro non è un agiografo…pertanto, il discorso sui generi letterari e sulla Bibbia mi sembra fuori contesto. Anche sul discorso della “performance” insomma…non è perchè sei ospite, fuori categoria e fai una perfomance, tutto è inquadrabile e passabile.

  14. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    La “Pietà” di Michelangelo è una opera di strabiliante Verità, tanto che chiunque si ponga davanti indipendentemente da razza, provenienza, religione, ateo, se è un Uomo rimane profondamente coinvolto in quel struggente dolore che è simile a quello di ogni madre quando le muore un figlio, in guerra o per disgrazia, malato o in qualsiasi parte del mondo si trovi. Quella similitudine che si e ‘ osato servirsi tratta dalla stessa storia sacra, per come si è voluto servirsene a rendere light intrattenimento, a colpire fight certa sensibilità di fede, di cultura è suonata per un cittadino come offesa personale, come imperdonabile affronto alla storia non solo del nostro Paese ma di un sentire umano che ormai ha oltrepassato perfino quello alla dignità umana. Se dalla Pietà tutte le lacrime sembrano state versate, su quelle opere così rappresentate si rimane annichiliti, l’assenza o il rifiuto di provare pietà.

  15. Antonella Lombardi ha detto:

    Grazie Sergio ancora una volta per la tua capacità escatologica, per il desiderio tuo e di tutte le persone che collaborano con Vino Nuovo, di essere sempre capaci di andare oltre, di aprire confronti, di allargare prospettive. Otre le spine e le piume. Ma andando alla sostanza che ci interpella sempre.

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