Roratelo alquanto

Con il nuovo Messale Romano cambia anche la locuzione "effusione" con quella di "rugiada". Con Dante ne comprendiamo meglio il significato...
27 Novembre 2020

Dal prossimo 29 novembre, I domenica di Avvento, il Messale Romano subirà alcune modifiche: se quelle del Padre Nostro e del Gloria hanno già ricevuto una certa risonanza, forse in secondo piano è la sostituzione, nell’epiclesi della Preghiera Eucaristica II, della locuzione “effusione del Tuo Spirito” con “rugiada del Tuo Spirito”. Il termine “rugiada” traduce più fedelmente l’originale latino “rore”, inoltre l’immagine e il valore simbolico della rugiada come segno della Grazia è di derivazione biblica, a partire dal “Rorate caeli” di Isaia 45,8, e presente in vari testi antichi, elemento di un universo di segni di immediata comprensione per i cristiani del passato, forse meno per quelli di oggi.

Lo stesso Dante utilizza più volte l’immagine della rugiada nella Divina Commedia. All’inizio del Purgatorio la ritroviamo nella delicata scena in cui Virgilio si china per inumidire le proprie mani nell’erba «là ‘ve la rugiada / pugna col sole» (Pg I 121-22), resiste ai suoi raggi e si mantiene grazie alla brezza del mare, per pulire dal viso di Dante la sporcizia accumulata nella discesa all’Inferno. Gesto amorevole che verrà ricordato proprio quando Dante, per l’abbandono dell’amata guida, piangerà offuscando di nuovo le sue guance con le lacrime:

«né quantunque perdeo l’antica matre,

valse a le guance nette di rugiada

che, lagrimando, non tornasser atre» (Pg XXX 52-54).

Si potrebbe dire che non c’è rugiada che possa pulire le guance dell’uomo nell’Eden, quel giardino perduto dall’antica madre Eva. E rugiada non c’è perché sulla montagna del Purgatorio, dopo i tre scalini dell’angelo guardiano, «non pioggia, non grando, non neve, / non rugiada, non brina più sù cade» (Pg XXI 46-47), e se anche questi ci sono, essi non sono fenomeni atmosferici, ma segni divini, come ad esempio, spiegano sia Stazio sia Matelda, il terremoto che annuncia la salita al Cielo di un anima purgante.

È solo arrivati in Paradiso che la rugiada torna, nella sua forma verbale, per essere esplicitamente segno di presenza divina. Nella Candida Rosa Beatrice prega i beati di guardare al desiderio di sapere di Dante e “irrorarlo”, letteralmente bagnarlo di rugiada, dargli sollievo con la divina sapienza che essi attingono alla fonte dello Spirito. Non è un caso che in questo canto paradisiaco l’apostrofe sia dedicata alla mensa celeste:

«O sodalizio eletto a la gran cena

del benedetto Agnello, il qual vi ciba

sì, che la vostra voglia è sempre piena,

se per grazia di Dio questi preliba

di quel che cade de la vostra mensa,

prima che morte tempo li prescriba,

ponete mente a l’affezione immensa

e roratelo alquanto: voi bevete

sempre del fonte onde vien quel ch’ei pensa» (Pd XXIV 1-9).

Non è più la rugiada terrestre, quella che ha pulito il viso di Dante, ma la rugiada divina, quella che discende dal Cielo, come in Isaia, e dalla quale si abbeverano i santi e noi sulla Terra proprio in quell’Eucarestia che si rende possibile con l’epiclesi. Beatrice si rivolge ai convitati alla mensa del Cielo, chiedendo di far gustare a Dante almeno le briciole, e lo fa utilizzando quel verbo “rorare” che indica un bagnare che dà sollievo, come la rugiada alle piante: in questi versi della Divina Commedia veramente il banchetto celeste e quello umano dell’Eucarestia diventano uno grazie alla rugiada dello Spirito, che giunge agli uomini per il tramite dei beati del Cielo.

La montagna del Purgatorio sembra rimanere priva di rugiada per Dante perché il Poeta ne attende una diversa in Paradiso: una rugiada che non viene più solo a ripulire un viso dalla sporcizia e dalle lacrime, ma a riempire quella affezione immensa, quel desiderio di sapere e di conoscere la verità alla quale partecipiamo nell’Eucarestia. E anche noi, nel momento dell’epiclesi, ascoltando queste parole, possiamo più chiaramente chiedere a Dio di donarci di aver parte alla vita eterna con tutti i santi, quasi sentendo forse dire per ognuno di noi: roratelo alquanto.

4 risposte a “Roratelo alquanto”

  1. Maurizio Gentilini ha detto:

    Rorando caeli defluant …
    https://www.youtube.com/watch?v=9f1ygnsl_kk

  2. BUTTIGLIONE PIETRO ha detto:

    In dialetto pugliese:
    Rugiada si dice:
    Acquagghia
    Epico, IT, sicuramente derivante da antichi modi di dire, quello che la buon’anima di nonna Angelina soleva dire a me:
    Si cr’sciut co’ l’Acquagghia…
    Sotteso ma evidente il significato:
    La rugiada della notte fa CRESCERE!!

  3. Dario Busolini ha detto:

    Bellissima spiegazione di un bellissimo dettaglio che ignoravo completamente, grazie! Mi domando perché per conoscere queste cose si debba ricorrere ad un volenteroso autore di Vino Nuovo quando nelle chiese ancora nessuno ne parla, e passi la rugiada ma fin qui non ho ascoltato nemmeno spiegazioni sul Gloria e sul Padre Nostro.

  4. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Trovo molto bello la sostituzione di “effusione ” con “rugiada”, più sensible e visibile non solo sensibile percezione, diciamo che si adatta meglio anche all’uomo di oggi, che con l’avvento di Scienza e Tecnica è formato a toccare ciò che vede o realizza e perciò più esigente al tatto del le cose Il verbo rorare da l’idea di pioggia che bagna copiosa, a me pare. Ora, se si crede nello Spirito Santo, a ragionare, non può che manifestarsi azione visibile e a motivare la Fede dei mortali come noi.Se poi non lo si vuole considerare, dipende dalla nostra libertà il volerlo. Una evidente azione dello Spirito, a personale parere, sembra il fatto di un Papà, Benedetto XVl, che ha colto tutti in sorpresa, una decisione quasi inconcepibile: è occorsa molto coraggio e determinazione di intento, come è potuto avverarsi se non sotto l’azione dello Spirito? Un gesto di Amore verso la Chiesa.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

I commenti devono essere compresi tra i 60 e i 1000 caratteri. I commenti sono sottoposti a moderazione da parte della redazione che si riserva la facoltà di non pubblicare o rimuovere commenti che utilizzano un linguaggio offensivo, denigratorio o che sono assimilabili a SPAM.

Ho letto la privacy policy e accetto il trattamento dei miei dati personali (GDPR n. 679/2016)