Ricordare, con gratitudine, i seminatori di Dio

Il Battista è inviato da Dio per testimoniare la luce, come molti uomini e donne che hanno fatto lo stesso nelle nostre vite, figure a cui andare con gratitudine riconoscendo il loro ruolo di annunciatori del Cristo, come accade in una pagina di Michael D. O’Brien dedicata alla paternità.
13 Dicembre 2020

«Venne un uomo mandato da Dio e il suo nome era Giovanni»: è meraviglioso l’incipit che apre il Vangelo di questa terza domenica di Avvento. Dio manda un uomo, e questo uomo ha un’identità chiara: un nome, una storia, una vita. Ma egli ha anche una missione: «rendere testimonianza alla luce».

È una pagina di grande fecondità spirituale, questa, perché ci invita alla gratitudine e alla memoria: quanti uomini e donne sono stati mandati da Dio nelle nostre vite per «rendere testimonianza alla luce?».

Dovremmo prenderci il tempo per ricordarlo, con sentimenti di riconoscenza: ognuno di noi ha incontrato uomini e donne capaci di seminare Dio nelle nostre esistenze. Uomini e donne, inviati in qualche modo dallo Spirito, che hanno indicato il Cristo, che hanno agito per ‘preparare la strada’ al Messia; uomini e donne che ci hanno accompagnato, chi per un breve tratto, chi per un lungo cammino, magari qualcuno anche solo per un istante, ma a cui possiamo andare con sentimenti di bene e affetto, perché noi siamo (anche) la somma dei nostri incontri. Questo vale sempre, pure nella vita cristiana.

Si tratta di uomini e donne generativi, e quindi padri e madri: portatori di vita, scrigni di fecondità, dita puntate su un Altro. Sono persone che non hanno preso il posto di Dio («Io non sono il Cristo»), ma che hanno reso possibile l’incontro con il Cristo. Si sono dati dei limiti, hanno fatto un passo indietro perchè emergesse Dio.

Faremmo bene a sostare spesso, in questo anno che il Papa ha voluto dedicare a san Giuseppe, sul tema della paternità. Essere padri, essere fecondi, essere responsabili e capaci di fare un passo indietro: è tutta da leggere la breve ma intensa lettera Patris Corde che Francesco ci ha regalato.

Anche nel vangelo di oggi è possibile vedere nel Battista un ruolo paterno: inviato da Dio, testimone, voce chiara, umile e sapiente.

La paternità è un tema assai ricorrente in letteratura. Oggi vorrei soffermarmi su una pagina de Il libraio, romanzo scritto nel 2005 dall’autore canadese Michael D. O’Brien. Si tratta di un lungo racconto che ha proprio al centro il tema della paternità spirituale e affettiva: durante l’occupazione tedesca della Polonia, un orfano ebreo, David Schafer, scampato al rastrellamento del ghetto di Varsavia, è salvato da un intellettuale polacco, Pawel, il quale darà la vita per salvare il ragazzo dai nazisti. È una storia di crescita e memoria, di affetti e di responsabilità suprema, di incontri e di fragilità redenta, fino al sacrificio di sé.

Verso la fine del romanzo, si trova una pagina di grande finezza, un dialogo tra David e Pawel, che nasce dopo un momento di ombra, poiché David sente di essere un peso e un pericolo per la vita del libraio, il quale invece ha deciso di rischiare fino alla fine. Si arriva così al momento chiarificatore:

«Essere un padre nel regno dell’anima» disse Pawel, «Mi piacerebbe esser questo per te. Posso esserlo per te?».

«Sì, Pawel» disse David con calma decisione. «Sarebbe una cosa buona».

Come se si ergessero sul ciglio di una partenza radicale, si fissarono l’un l’altro senza parlare, gettando assieme lo sguardo in una dimensione che pareva ad entrambi del tutto sconosciuta. Questa sensazione di prender parte ad un mistero insondabile non faceva affatto paura, né era carica di emozione. Fu un momento di quiete perfetta.

Infine il ragazzo disse: «È un dono benedetto essere un figlio nel regno dell’anima. Posso esserlo per te?».

«Sì», annuì Pawel.

«È una cosa cui possiamo dar vita tra noi».

«Possiamo, ed è di questo che dubitavo».

«Io dubbio creò delle tenebre, una paura. Io la vedevo in te: noi toglieremo la pietra e la getteremo nel fiume».

David, chiedendo di esser figlio, si offre per togliere una pietra che pesa sull’animo del libraio. È utile ricordare che ogni rapporto umano, anche quello della paternità, non è mai a senso unico: c’è un dare e c’è un ricevere, sempre. Quando i sentimenti sono veri e liberi, nasce la «quiete perfetta», perché lì si schiude l’umano autentico, ed è una quiete che investe sia il figlio che il padre, uniti «nel regno dell’anima», come accade agli ‘uomini mandati da Dio’.

David, in un romanzo ulteriore, Il nemico, sarà un monaco destinato a far pendere la bilancia del mondo dalla parte del bene. Quello che diventerà poi ha qui la sua radice: in un amore ricevuto, gratuitamente, da un uomo disposto a sacrificarsi per lui. Da un uomo disposto ad essere padre, ad indicare la luce e poi far spazio ad essa.

E questa è, con eco biblica, «una cosa buona».

2 risposte a “Ricordare, con gratitudine, i seminatori di Dio”

  1. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Si, è qualcosa che fa star male, “un contro natura”, che vuole imporsi con supponenza, creando per questo intolleranza. Il rispetto dovrebbe essere reciproco dal momento che una idea nasce dall’uomo ed è diversa da quella del Dio Creatore, che tutto ha pensato debba essere per dei fini come il creare futuro e questo da uno spirito di amore in armonica bellezza e completezza. E’ un surplus di paternità da una parte ma anche capita che vi sia il rifiuto da un ruolo genitoriale. E’ certo che questo richiede assunzione di responsabilità educativa, un essere esempio oltre che insegnamento. Dio è tale, rimane Verità, Amore disposto ad ogni sacrificio. San Giuseppe e esempio di paternità ha creduto e aderito al disegno di Dio accettando il ruolo. La Santa Famiglia e’ questo che insegna, fa scuola di un amore liberamente e interamente donato , segno visibile di quello che il Padre ha per ogni essere umano che a Lui si rivolge chiamandolo papà.

  2. Gian Piero Del Bono ha detto:

    La figura del padre e’stata distrutta nelle nostre societa’dalla rivoluzione culturale del 1968, come ha fatto notare Joseph Ratzinger seguendo un copione che e’ irreversibile , nonostante l’anno dedicato a San Giuseppe. Come hanno fatto notare molti psicanalisti la figura del padre prima e’stata combattuta, poi sistematicamente svalutata disprezzata e oggi pochissimi vogliono essere padri mentre la maggioranza vive come l’eterno giovane amico dei propri figli.La rivoluzione del gender dara’il colpo di grazia:avere due padri o due madri significa che paternita’e maternita’non hanno piu’alcun significato.

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