Per una resurrezione continua, nel tempo del ‘già’ e ‘non ancora’

Le donne si incamminano verso il sepolcro tra la notte e l’alba, quando ancora è buio ma già inizia a sorgere il sole, per andare incontro all’inatteso: la tomba è vuota. Anche noi viviamo la stessa condizione, anche a noi è chiesto di dare fiducia a una resurrezione non più cessata - facendo piccoli passi di vita e mutando sguardo, come dice Tonino Guerra in una sua breve poesia.
4 Aprile 2021

È un’alba anticipata dal desiderio, quella che apre i racconti di Pasqua: «Al mattino, quando ancora era buio» annota l’evangelista Giovanni, che segue Maria di Magdala nel suo andare alla tomba del Maestro. E così anche gli altri evangelisti, che raccontano di altre donne con Maria, ma sempre «di buon mattino», sempre nel «primo giorno della settimana», sempre «al levare del sole».
È un’alba che sorge, ma non ha ancora illuminato tutto il cammino. Le donne sono in movimento per desiderio e affetto verso Gesù di Nazareth, la cui vicenda ha avuto una fine così triste e, umanamente, fallimentare. Eppure vogliono rimanere fedeli a colui al quale hanno creduto, a quella vita che ha cambiato le loro vite: così escono e si incamminano verso il sepolcro, mentre ancora non è giunta la pienezza del sole.
È il tempo del già e non ancora: è già domenica, è già un nuovo giorno di una nuova settimana, ma la notte non ancora si è consumata del tutto: «ancora era buio».
Le donne troveranno una pietra rotolata, un sepolcro aperto. Non rivedranno il cadavere di un morto a cui, per desiderio di cuore, volevano arrivare, con l’intento di ungerlo e prestargli cura.
Donne sulla via di un cimitero, al chiarore ancora contrastato dell’alba: così si aprono i racconti pasquali.
Maria di Magdala e le altre donne, tuttavia, incontrano l’inatteso: il sepolcro non contiene più il corpo, quella tomba scavata nella roccia è aperta e vuota.
Non capiscono, provano timore: l’evangelista Giovanni ricorda che Maria corre dai discepoli, e che lui stesso, di fronte a quella notizia, esce verso il sepolcro, ugualmente di corsa, con Pietro.

È davvero il tempo del già e non ancora quello in cui si muovono, tra smarrimento, tristezza e sorpresa, gli amici del Maestro. È un tempo che sentiamo a noi vicino: anche noi viviamo nel momento del già e del non ancora: attraversiamo mesi di pandemia, vediamo già segni di rinascita, ma non ancora sperimentiamo la fine del deserto che abitiamo da più di un anno.
Siamo come le donne al sepolcro: intravediamo i raggi dell’alba, senza che la notte sia finita. Ma, forse, questa è la condizione del cristiano da sempre, da quel mattino di Pasqua: la tomba è vuota, il Cristo è risorto, la pietra che chiudeva ora è posta accanto, abbandonata. Eppure siamo ancora pellegrini nella storia, tra fatiche e gioie, lacrime e sorrisi, protesi verso il ritorno glorioso del Risorto; siamo già figli del Risorto, siamo già destinati alla vita luminosa senza fine che abbraccerà anche il nostro corpo, ma il Cristo glorioso non si è ancora manifestato a noi in tutta la sua forza di vita eterna.

Se siamo onesti, dobbiamo riconoscere che spesso la tensione tra già e non ancora è anche quella che attraversa le nostre piccole vite: uomini e donne in cammino, spesso in cerca del volto del Risorto, che a volte troviamo – o crediamo di aver trovato -, mentre altre volte ci sfugge: pellegrini che sciolgono le proprie giornate tra la notte e l’alba, tra il già dell’essere in movimento perché abbiamo conosciuto il Cristo e il non ancora della nostra incompletezza, delle nostre fragilità, dei nostri dubbi, delle nostre stanchezze, dei nostri schemi: siamo tante volte alla ricerca di un cadavere, ma troviamo altro, perchè ci viene incontro un annuncio di stupore: la tomba è vuota, la morte non ha avuto l’ultima parola chiudendo nel fallimento una vita di amore e speranza. C’è sempre una possibilità di rinascita, di ripartenza, di speranza.

Allora, forse, dobbiamo imparare a vivere i nostri già e non ancora come coloro che credono in una resurrectio continua, cioè come coloro che sanno che da quel mattino di Pasqua un crocifisso è risorto, mantenendo però le ferite nel suo corpo, diventate ormai fessure di vita nuova, di vita possibile oltre i sepolcri in cui una parte di noi si trova, per scelta, per costrizione, per sfiducia. Possiamo credere e vivere in una resurrectio continua, sapendo che lo Spirito del Risorto è misteriosamente presente ogni giorno, che ogni giorno risorge, continuamente, senza sosta, nel chiaroscuro tra la notte e il giorno; e che, per questo, in ogni passo di rinascita, in ogni passo di fiducia nella vita, di ripartenza, di misericordia, di libertà, di verità e d’amore, agisce misteriosamente la forza del Cristo risorto, che è il Dio della vita, non della morte. Ma è anche il Dio della gratuità: la sua presenza è offerta gratuitamente, la sua resurrezione è un dono, semplicemente un dono dell’amore del Padre.
Non siamo chiamati a continui grandi passi, ma a piccoli passi che cambino un poco il nostro modo di vedere, di vivere, di credere con fedeltà alla resurrezione.

È una riflessione che trovo sottesa a una breve poesia di un autore pur non credente, Tonino Guerra (1920-2012), così amante della vita nelle sue grandi e sorprendenti bellezze:

La farfalla

Contento, proprio contento
sono stato molte volte nella vita
ma più di tutte quando
mi hanno liberato in Germania
che mi sono messo a guardare una farfalla
senza la voglia di mangiarla.

Tonino Guerra, liberato dal Lager dopo un lungo periodo di prigionia, vive un’esperienza di resurrezione: non più guardare la farfalla come cibo per sopravvivere, rispondendo a un bisogno molto umano, ma contemplarla come parte della bellezza gratuita della vita; per il poeta, uscito dalla tomba del campo di concentramento, la farfalla non è qualcosa da prendere, ma qualcosa da ammirare, con gioia vera, e da lasciare allo scorrere della vita, nei suoi colori, nella sua leggerezza, nel suo volo.
Imparare a vivere una resurrectio continua, nel tempo del già e non ancora, coltivando lo stupore per il gratuito: questo, davvero, sia l’augurio di Pasqua.

3 risposte a “Per una resurrezione continua, nel tempo del ‘già’ e ‘non ancora’”

  1. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Abbiamo il vaccino sospirato,arrivato anzitempo,da essere grati per grazia ricevuta, Invece Un caos ha origine per l’operazione vaccinare.Succede arrivino scorte insuff.ti, più direttive ,tempo perso,il virus miete vittime senza distinguo di persona, i più deboli sono anche più numerosi. Ogni Paese si dà proprie regole, manca il tutto subito e intanto il n.e genera sconforto il N. dei decessi, La Chiesa è presente là dove il più povero non ha voce per chiamare.Forse l’aveva intuito questo il grande Albert Bruce Sabin, medico virologo che rinuncio ai soldi e brevetto per diffonderlo anche tra i poveri.In zolletta di zucchero cambio’la storia della umanità.”E’ il mio regalo ai bambini del mondo” Era ebreo, “due meravigliose nipotine uccise dalle Ss.ma io ho salvato i bambini di tutta Europa”.Lui credeva che l’uomo più potente sia quello che riesce a trasformare il nemico in un fratello!!Che mente, che cuore grande! oggi siamo al “già ma non ancora”?

  2. Sergio Di Benedetto ha detto:

    Grazie Pietro… è bello toccare legami che crescono oltre il virtuale, ed è bello condividere semi…

  3. BUTTIGLIONE PIETRO ha detto:

    Ci sono Persone di VN che stimo, apprezzo, quasi invidio..
    Ci sono Persone che amo, totalmente, visceralmente, come te, come Gilbertoz, come….
    Lascia che cambi a modo mio il tuo ” già e non ancora ”
    In un
    Non più e non ancora, drastico…
    Ma significante..
    Buona Pasqua a tutti!!!

Rispondi a Sergio Di Benedetto Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

I commenti devono essere compresi tra i 60 e i 1000 caratteri. I commenti sono sottoposti a moderazione da parte della redazione che si riserva la facoltà di non pubblicare o rimuovere commenti che utilizzano un linguaggio offensivo, denigratorio o che sono assimilabili a SPAM.

Ho letto la privacy policy e accetto il trattamento dei miei dati personali (GDPR n. 679/2016)