Pasqua 2020: torniamo a gustare la vita

Ha senso fare Pasqua oggi, in un modo smarrito e sofferente? Sì, oggi più che mai, ha senso festeggiare la Pasqua, perché abbiamo provato la paura e l’incertezza dei discepoli e ora vogliamo anche sentire il loro stupore e la loro gioia, vogliamo gustare ancora la vita che rinasce, come cantava la poetessa Antonia Pozzi.
12 Aprile 2020

Pasqua 2020: quest’anno, forse come poche volte ci è capitato nella vita, ci sentiamo molto vicini ai discepoli smarriti dopo la morte del Maestro. Vicinanza non voluta, vicinanza subita, ma vicinanza reale.
Perché, come i discepoli nel cenacolo, anche noi siamo chiusi nelle nostre case, nei luoghi dei nostri affetti ma anche delle nostre incomprensioni, del nostro dono ma anche delle nostre fatiche.
Come i discepoli nel cenacolo, sentiamo la tristezza che appesantisce il cuore, perché attorno a noi vediamo che la morte ha preso il sopravvento, in modo inaspettato. È una morte che forse ci ha colpito negli affetti più cari, lasciandoci senza nemmeno la possibilità di un ultimo saluto, come accadde ai discepoli, tutti – tranne uno – lontani dalla croce. E sebbene la loro fosse un’assenza per viltà, la nostra un’assenza per impossibilità, abbiamo comunque avuto notizia di una morte senza stare accanto a chi si spegneva.
Come i discepoli nel cenacolo, vediamo che la morte ha bloccato la nostra quotidianità, i nostri impegni, le nostre condivisioni, i nostri rapporti sociali.
Come i discepoli nel cenacolo, proviamo smarrimento e paura per il futuro: un tempo a venire che stavamo progettando in un modo, che ci aspettavamo fosse secondo i nostri pensieri, e che, improvvisamente, affonda nell’incertezza.
Come i discepoli nel cenacolo ci domandiamo dove è Dio, in quale Dio crediamo, quale errore di valutazione abbiamo forse fatto.

Pasqua 2020, vicini come non mai ai discepoli di un maestro che muore in croce, lasciando turbamento e dolore, facendo vacillare certezze e speranze.

Ha senso fare Pasqua oggi? Ha senso fare festa, oggi?
Sì, ha senso oggi più che mai fare Pasqua. Perché, appunto, come forse mai ci era capitato, possiamo capire nella nostra carne cosa provavano quei discepoli. Li sentiamo amici, fratelli. Ci sentiamo realmente parte di loro. Ci sentiamo come loro. Abbiamo una solidarietà profonda con quegli uomini chiusi nel cenacolo, preda del timore e della delusione, della tristezza e del dolore.
E da loro, da quegli uomini nostri fratelli, possiamo imparare qualcosa sulla nostra Pasqua 2020.

Perché il Vangelo oggi ci racconta di una donna che a un certo punto esce, quando ancora era buio. Esce nell’oscurità per andare a visitare un sepolcro. Esce perché sente che stare nella paura, stare nella chiusura, stare nell’angoscia non è corrispondere a quello che il Maestro ha seminato nel suo cuore e nella sua vita.
Si mette in movimento, anche se dovrà attraversare, sola, quel buio: ma sente che deve stare là, al sepolcro. Luogo di morte, ma anche luogo dell’affetto.
E così, in modo inatteso, trova che il sepolcro è vuoto. E a quella sparizione reagisce con le categorie del suo pensiero umano, del suo timore: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto».
Umanissima nostalgia dettata dal bene, smarrimento nuovo e sorpresa: nemmeno un cadavere su cui piangere, come accade a molti di noi in questi giorni.

Eppure, quel movimento di Maria di Màgdala ne provoca alti: ho contato 15 verbi di movimento nel vangelo di oggi. Da una donna che sfida il buio e si imbatte nella sorprendente novità di Dio, nascono altri movimenti: Pietro e Giovanni escono, corrono, entrano. Non trovano un morto, ma trovano bende e sudario; non trovano un cadavere, ma trovano i segni della morte. A terra o ripiegati.
Qualcuno ha attraversato la morte, ha vinto la morte e lascia nella tomba i segni del morto. Da qui, il più giovane dei discepoli, quello che la tradizione identifica con Giovanni, vede e crede: «vide e credette».

La morte è stata attraversata dal Nazareno, che ora attende l’uomo in uscita dal suo cenacolo, dalla sua paura, dalla sua incertezza, attende che l’uomo riprenda a festeggiare la vita. Perché il Crocifisso non sta nella morte; egli è il Risorto, egli è colui che dalla paura più profonda dell’uomo ha saputo trarre motivo di rinascita, di ripartenza, fino alla ripartenza ultima, quella che indica nella risurrezione una meta comune.

A noi, così solidali con i discepoli, arriva il loro messaggio: mettersi in movimento, mettersi in cammino, uscire verso un futuro incerto, ma che si rivelerà buono, perché affidato al Risorto. Questa è la nostra gioia, questa è la nostra speranza; gioia e speranza che non cancellano il dolore: i segni del morto sono ancora lì, nel sepolcro. Il Risorto, lo sappiamo, porta con sé i segni della Passione.
Ma quel dolore e quello smarrimento sono assunti e trasformati dal Risorto, che è luce, che è rottura della pietra, che è fiducia nella grande forza della vita, che è fede in un Padre misterioso, ma presente.
Perché Pasqua è la primavera perenne della vita, è forza per superare il buio, la chiusura, il timore.

Come cantava Antonia Pozzi in Stagioni, poesia datata al 16 aprile 1932.

Primavera.
La gente che ha avuto qualche morto
nei mesi dell’inverno
comincia a riscoprire
tante piccole cose –
oltre quello.
I fiori li porta sempre
al cimitero –
ma con tenerezza s’incanta
a guardare come sono bianchi
come sono rosa.

Voglia di vita.

Trovo in questi versi tanto di quello che ci racconta il Vangelo di oggi. Abbiamo conosciuto, in modo diretto o indiretto, la morte. Ed essa rimarrà nelle nostre vite. Ma, come il Risorto, c’è un oltre di vita. Si può andare ancora al luogo della morte, si può sentire ancora paura e dolore, ma la Pasqua di ricorda che possiamo incantarci con tenerezza a guardare la vita che rinasce, possiamo sentire che non siamo fatti per la morte perché in noi grida una «voglia di vita».
Riscoprire piccole cose, ammirare la primavera, coltivare la vita, custodire la speranza.

Dopo aver fatto l’esperienza dei discepoli smarriti, che Dio ci conceda di fare esperienza dei discepoli stupiti di fronte alla forza della vita e alla storia nuova che scrive il Risorto.
Prima nell’animo e, quando sarà il tempo, anche per le strade di questo mondo, luogo scelto da Dio per rompere il sepolcro.

2 risposte a “Pasqua 2020: torniamo a gustare la vita”

  1. Francesca Vittoria Vicentini ha detto:

    In un quotidiano la news “Merkel è tornata ad essere la “mamma della nazione,nella gestione della pandemia ha imposto regole severe e molti sacrifici, una severità premiata dalla magg.dei suoi cittadini, La Krisenkanzlerin auspica e vuole essere solidale,lo è , lo sarà con gli altri Patner. Papà Francesco pensa,agisce e fa il Vangelo secondo Cristo per la resurrezione dell’uomo in che vive in ogni parte del pianeta, bloccato da più virus che lo fiaccano nel corpo e nello spirito. Serve un risveglio del cristiano,un vedere che è la pietra scartata dai costruttori lo Spotlight, che ci fa vedere le sabbie mobili in cui affondiamo se non ubbidiamo all’invito del Maestro e Signore dellaStoria, al suo ” Seguimi” via sicura,futuro certo:serve ritrovare quella intelligenza e saggezza che cuore e mente producono ,lo spirito di solidarietà e responsabilità gli uni degli altri

  2. Francesca Vittoria Vicentini ha detto:

    Cristo da ebreo ha festeggiato la Pasqua, noi festeggiamo la Pasqua per Cristo crocifisso,morto e Risorto, vivo in mezzo a noi. Si, il poter contare su questa realtà da senso alla nostra vita, oggi e speranza nel domani. Per gli Apostoli, il Maestro,il Signore morto crocifisso, erano confusi magari impauriti di fare la stessa fine,non ricordavano ciò che aveva loro detto che cioè ” dopo tre giorni si sarebbe ripreso la vita per sempre”. Ma poi quando lo hanno rivisto,risorto, i doni ricevuti per mezzo dello Spirito Santohanno dato loro quel coraggio di testimoniarlo e la sua Chiesa messaggera in tutti i confini della Terra..Oggi un virus ci costringe a subire limiti ,miete vittime, impone separazione tra persone a evitare contagio.,per molta parte della società il Vangelo di Cristo è stato dimenticato, a chi chiedere Misericordia se non al Dio Creatore?

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