Non ridurre in modo indebito la religione!

La riflessione del filosofo Bergson può aiutare ad arricchire la comprensione della religione al di là delle categorie di 'conservazione' e 'innovazione'.
2 Luglio 2021

Ho letto con molto piacere il contributo sul Conservatorismo terapeutico di Andrea Zhok. Come sempre ho trovato il filosofo triestino non banale, ponderato e stimolante. Ritengo tuttavia che il suo approccio al ruolo della chiesa cattolica in termini di “forza di conservazione”, utile ad arginare gli sviluppi relativamente “scriteriati” della legislazione sulla tutela di particolari gruppi di persone oggetto di discriminazione nelle nostre società, rischi di avvalorare involontariamente alcune tendenze e modi di interpretare la fede cristiana e l’azione ecclesiale che ritengo infelici o quanto meno decisamente riduttivi.

Per offrire un approccio critico e alternativo vorrei rifarmi a un pensatore che ritengo andrebbe più che mai riscoperto nell’epoca attuale di tensioni e polarizzazioni, ovverosia Henri Bergson, uomo che seppe leggere le polarizzazioni (o meglio, le dualità) inerenti alle società e alle religioni in maniera feconda, intelligente e costruttiva.

Per Bergson ci sono due fonti fondamentali della morale e della religione, che egli definisce “natura” e “spirito”. La prima non è una realtà intrinsecamente buona bensì la fonte di quella che il filosofo parigino definisce una religione “statica”, che viene istituita dagli esseri umani di ogni credo e latitudine quale reazione di difesa contro il potere disgregante dell’intelligenza e del pensiero, che di per sé tenderebbero all’individualismo e al cambiamento. In una certa misura è una realtà che non è mai del tutto eliminabile e che ha una sua funzione, ma che tuttavia viene costantemente superata, dato che ogni cristallizazione è in ultima istanza molto simile a una morte degli slanci e delle aspirazioni umane, e perciò l’umanità non può mai accettarla a lungo.

La seconda fonte, lo spirito, è alla radice di quella che invece Bergson definisce una religione “dinamica”, che segue lo slancio inarrestabile della vita, che produce cambiamento e trasformazione e va ben oltre i nostri limiti e la nostra morte, sia fisica sia spirituale.

Quello che è totalmente chiaro, nel pensiero di Bergson, è da un lato che lo spirito trascende costantemente la natura e le è in un certo senso superiore, e dall’altro che ogni realtà religiosa prodotta dagli uomini (compresi i loro sistemi di pensiero e le loro “chiese”) è attraversata da entrambe queste “religioni”.

Con Bergson, perciò, vorrei affermare con molta convinzione che sostituire alla polarità tra natura e spirito quella tra chiesa “conservatrice” e società postmoderna (ostile alla religione in quanto incline al cambiamento) mi pare un grande rischio, fondamentalmente sbagliato. La vera questione è come far sì che la religione dinamica fecondi e superi costantemente le barriere (mai del tutto eliminabili) di quella statica, all’interno dello stesso cristianesimo. Perché?

Certo, dipende da cosa riteniamo stia al cuore della “rivelazione” cristiana. Se pensiamo che essa consista in un insieme di insegnamenti puntuali e immutabili su come dobbiamo vivere e comportarci, dalla sfera più intima a quella politica – detto altrimenti: se la riteniamo soprattutto un insegnamento di verità al plurale – allora potremmo (forse) riconoscere fondato il ruolo prevalentemente di pura conservazione che Zhok sembra voler riservare alla chiesa.

Se però riteniamo che la verità fondamentale sia il mandatum novum, l’invito ad amarci gli uni gli altri come Gesù ci ha amati (dunque senza porre alcuna condizione), allora non dovremo e non potremo mai temere le eventuali nuove direzioni vitali in cui lo spirito può condurre sia chi crede sia chi non crede, mediante il pensiero, la creatività, l’espandersi dei desideri e delle culture umani.

Dovremo solo imparare la difficile arte del discernimento, che in termini laici, come ha ricordato con grande profondità Hannah Arendt, è possibile solo laddove ci si esercita a pensare e si accetta costantemente che tutto venga costantemente messo in discussione, dentro di noi e fra di noi. Altrimenti di fronte al nuovo e al positivo rischieremo di opporre dinieghi mortiferi, per noi e per molti altri.

Per questo credo sia fondamentale vincere il “complesso dell’assedio” che la chiesa sembra vivere in Italia, a mio avviso in maniera del tutto ingiustificata, probabilmente rafforzato da decenni di palese riduzione della libertà di pensiero al suo interno nonché da una formazione teologica che non mi pare apra più, come invece faceva un tempo, all’esplorazione coraggiosa di nuovi itinerari di riflessione alla luce della fede, ma tenda a ripiegarsi su uno sforzo apologetico peraltro piuttosto striminzito e affatto lungimirante.

Perché la vita va avanti, inesorabilmente. Non credo peggiorando (difficile dire che siamo moralmente inferiori a secoli fa), e neppure sistematicamente secondo inesorabili linee di progresso. Ma limitandoci alla pura conservazione, alla staticità, alla chiusura, come cristiani e come chiese rischiamo sicuramente non solo di non saper cogliere i semi di vita e di speranza che sorgono costantemente intorno a noi, ma addirittura di spegnere la capacità di desiderare e di amare quanti sono affidati al nostro ministero. Detto altrimenti, di spegnere lo S/spirito.

Invece di promuovere la vita diventiamo tristi annunciatori di un mondo e una società chiusi, spiritualmente morti.

 

3 risposte a “Non ridurre in modo indebito la religione!”

  1. BUTTIGLIONE PIETRO ha detto:

    Seguito…
    2) Ritaglio:
    “Certo, dipende da cosa riteniamo stia al cuore della “rivelazione” cristiana..”
    ” Se però riteniamo che la verità fondamentale sia il mandatum novum, l’invito ad amarci gli uni gli altri come Gesù ci ha amati….”
    Premesso che alla scuola biblica mi hanno insegnato che quel mandatum non era tanto novum in quanto ben presente nell’AT…. Allora resta da definire sto novum.
    Il NOVUM di Cristo è la risposta a 1).
    E non mi dilungo tre xchè chi frequenta l’Evangelo SA che Lui ha detto all’Uomo quale fosse la sua vera natura, quale il senso della sua vita, quali le possibilità del suo essere.
    E se nn sa è solo per le cataratte con cui si è coperto gli occhi x salvare la propria vigliaccheria.

  2. BUTTIGLIONE PIETRO ha detto:

    Chiedo perdono ai sapienti ma io sintetizzerei così le due facce del probl, lato mondo (1) e lato Cristo (2)
    1) il mondo ha sentenziato che dio è MORTO. E ne ha ben donde, con Nietsche
    Feuerback, ma soprattutto con come ce lo ha presentato la CC, come lo ha testimoniato. OK. Dio è morto. Basta guardarsi intorno, mica si vede nei mass media, ma anche mezzi che ci circondano
    . MA che fine ha fatto l’Uomo? Io non lo vedo né nelle divisioni che ci circondano né negli esempi che ci propinano ogni gg. Dai politici a quelli che contano slle comparse diano esse divi che marginali.
    ANCHE l’Uomo, quello con la U majuscola, è MORTO.
    Chiedo scusa ma sono costretto dai 1000 a sezionare in due il msg….🙃😂😭

  3. Paola Meneghello ha detto:

    L’azione dello Spirito aiuta a mantenere sveglia la nostra coscienza, anche contro l’indifferenza ( i tiepidi..), e l’ immobilismo.
    Certo, le religioni istituzionalizzate sono servite per loro stessa natura (istituzione) a bloccare il nuovo, spacciando per umiltà la remissione, quando invece la ribellione che parte dall’indignazione, è ciò che forse più di ogni altra cosa ci fa crescere.
    Sono i dubbi, non le verità costituite, a mantenere vivo il pensiero, e oggi più che mai, rischiamo di essere dipendenti da tutto ciò che i mass media spacciano per vero, ma dobbiamo decidere noi e nessun altro, in coscienza, (l’introspezione interiore è fondamentale, se non vogliamo chiamarla Preghiera), cosa sia il vero e il bello..il famoso primato della coscienza, da sempre osannato, ma non più di tanto incoraggiato …non è il vecchio o il nuovo il problema, ma il “così fan tutti”..

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