Müller: quale tradizione da custodire?

Quanta disponibilità al vero dialogo c'è nel libro di Müller, come già in quello di Gänswein e di Sarah?
2 Febbraio 2023

Il 27 gennaio scorso ha visto la luce l’ultimo libro del Card. Müller: In buona fede. La religione nel XXI secolo. Contrariamente al libro uscito una settimana prima di mons. Georg Gänswein, la forma del testo è quella di un’intervista guidata dall’esperta vaticanista Franca Giansoldati. Insieme al libro si può affermare che anche chi legge vede la luce. Ora è tutto chiaro; chiarissimo: Müller si propone come “custode” completamente incapace di vedere la prospettiva approntata dal magistero di Francesco.

Ecco alcuni esempi.

Il testo è già orientato in modo ambiguo. Nella prefazione, ad esempio, Franca Giansoldati annota che il Cardinale si configura tra coloro che vogliono fare chiarezza poiché «negli ultimi anni le lacerazioni interne prodotte da una serie di eventi hanno portato alcuni cardinali a denunciare apertamente supposte deviazioni teologiche, come per esempio la facilità a sciogliere i matrimoni cattolici introdotta con l’esortazione apostolica Amoris Lætitia» (stranamente con “l” maiuscola nel testo di Muller). È un’affermazione che lascia esterrefatto il canonista e pone il dubbio se mai la Giansoldati abbia letto quelle righe: non c’è in nessuna pagina di quella esortazione che pone nuovi capi di nullità o nuove forme di nullità. È vero invece che alcuni aspetti sono emersi dal motu proprio Mitis iudex Dominus Iesus promulgato nel 2015: ma nuove forme processuali non dice meno rigore ma solo più attenzione alle persone. A questo proposito appare significativo quanto aveva affermato Papa Francesco nell’Allocuzione alla Rota del 2018: «Dobbiamo impedire che la coscienza dei fedeli in difficoltà per quanto riguarda il loro matrimonio si chiuda ad un cammino di grazia. Questo scopo si raggiunge con un accompagnamento pastorale, con il discernimento delle coscienze (cfr. Amoris lætitia, 242) e con l’opera dei nostri tribunali». Ciò significa che l’intento è quello di rendere più facile il cammino di accompagnamento in cui si attua il “discernimento” senza lasciare nessuno nel vuoto dell’incertezza che diventa una condanna: non si tratta di sentenze facilitate ma di percorsi più attenti.

In ogni caso, e con una lettura di “scontro di partiti” all’interno della Chiesa, l’intervistatrice non si lascia sfuggire l’occasione di definire Müller quale “custode” (p. 17); anzi, il primo capitolo è intitolato proprio “il custode” (pp. 19-63). Un’ambiguità che permane per tutto il libro/intervista.

Per cogliere brevemente la prospettiva suggerita dall’ex cardinal Prefetto, vale la pena però riprendere alcune affermazioni.

Tra le tante parole alcune sono “dedicate” a papa Francesco che, secondo Müller avrebbe sviluppato una sorta di avversione verso i teologi durante il periodo di formazione in Germania (p. 39).

Poco prima Müller ricorda che lui non ha fatto altro che “difendere le regole”. Ed è questa la distanza tra lui e il Pontefice: Müller fatica a capire che la teologia non è “le sue regole” e che i sistemi teologici e filosofici non sono “rivelazione”, non fanno parte del “depositum”: questa distanza chiarisce le competenze teologiche del Pontefice, da una parte, e la visione dell’ex Prefetto, dall’altra. Né riesce utile la sua proposta di ricordare un certo senso di inferiorità di alcuni “teologi latinoamericani”, che rivendicano il primato della pastorale, rispetto a quelli europei che, invece, saprebbero utilizzare le regole (p. 41): un’opposizione che Muller smentisce; eppure, sarebbe necessario, più che sul senso di inferiorità dei primi, riflettere sul presunto “senso di superiorità dei secondi”. Per queste “regole”, e per ribadirle accanto alle “istituzioni ecclesiali”, Müller precisa che a suo parere alla base delle modifiche che Francesco ha apportato all’Annuario Pontificio intravede «una forma latente di negazione del fondamento petrino del papato» (p. 44). Affermazione che si commenta da sola soprattutto se vista nell’ottica della ecclesiologia del Concilio Vaticano II e nello sforzo di questo Pontificato di riportare il ministero petrino alla sua essenziale funzione di primo su altre parti, valorizzando “le parti” senza relativizzarle: e questo appare pienamente parte della tradizione costante.

La relazione tra centralità romana e “altre parti” è tenuta in equilibrio anche dalla riforma della Curia che Müller invece critica a partire dal titolo del documento (Prædicate Evangelium) poiché non sarebbe compito della Curia romana predicare: esso è un munus di tutti i battezzati. A questa critica sorge il dubbio se il Cardinale abbia letto il Proemio del documento che introduce proprio alla missione di “tutta la Chiesa” e nel contesto della quale «si pone anche la riforma della Curia Romana» (PE, 3). Ma ciò che più sta a cuore all’ex Prefetto è chiarire che la potestà di governo nella Chiesa viene dal sacramento dell’Ordine e non dalla missione canonica facendo confluire in un’unica realtà “sacramento dell’ordine” e “potestà istituita per diritto divino”: una sovraesposizione della potestà che crea non pochi problemi a molti canonisti e teologi mentre lui dà per scontato che “non è così” (p. 57). Questa sovrapposizione è chiara anche quando cita le istanze della Chiesa tedesca a rivedere alcune modalità di nomina dei vescovi. Quasi impaurito Müller afferma che sarebbe in corso «una democratizzazione, una protestantizzazione de facto» (p. 62) e aggiunge che l’elezione di un Vescovo non è «un meccanismo rappresentativo e maggioritario che ha ben poco a che vedere con la Chiesa. Un vescovo viene ordinato dallo Spirito Santo e riceve un mandato» (p. 63). Ora il Cardinale dovrebbe ben ricordare l’adagio curiale: «la consacrazione è dello Spirito; l’elezione non si sa»; un modo pratico per ricordare che non tutte le nomine cadono dal cielo, sebbene tutti i vescovi siano poi consacrati.

Senza entrare nelle varie questioni teologiche (soprattutto circa la relazione tra sacramentalità e potestà), bisogna a questo punto evidenziare un limite dell’essere “custode” di Müller: credere di sapere tutto. Ora, se è giusto che ognuno proponga il suo sistema teologico è altrettanto vero che tale sistema va posto alla verifica ecclesiale a partire dalle proposte e dalle istanze anche degli altri vescovi.

Cosa che Müller sembra aver dimenticato insieme al Card. Sarah. Nello stesso giorno in cui usciva il testo di Müller, infatti, è uscito in lingua italiana il testo del Card. Sarah Catechismo della vita spirituale (or. Catechism of the Spiritual Life); la musica appare sempre la stessa: contro il relativismo, visione antropologica amartiocentrica, visione di una Chiesa opposta al mondo, rimando ad un’antropologia fondata sulla ragione. Ecco uno dei limiti comuni: spacciare proprie idee per cristianesimo puro.

È lo stesso limite che si ritrova in Müller: farsi definire e sentirsi “custode” di un sistema non del tutto condiviso e non condivisibile (se non all’interno di una visione di Chiesa e di cristianesimo che non è tutto il cattolicesimo), a partire dal vangelo e dal confronto ecclesiale.

Sarebbe davvero utile approfondire le varie questioni teologiche: ma a un mese dalla morte di Benedetto XVI l’intreccio editoriale che ha portato sugli scaffali il testo di mons. Gänswein, quello di Müller, quello di Sarah e il “quasi testamento spirituale” di Benedetto XVI (Che cos’è il cristianesimo?) non può essere letto come un utile disponibilità al dialogo. Appare un’operazione di screditamento delle indicazioni di Francesco. A questo punto, su una frase non si può non essere d’accordo con l’ex Prefetto: «Forse per riformare davvero la Chiesa noi cardinali dovremmo partire da noi stessi» (p. 50); e toglierei il “forse”.

 

7 risposte a “Müller: quale tradizione da custodire?”

  1. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    :”Quale la tradizione da custodire? Oggi c’è bisogno di una sola coorte, unita nell’impegno di essere credibili e credenti nel Vangelo. C’è una spada di Damocle che il cittadino della terra, conscio o ignaro, grava su tutti….”la, le guerre”. Questa è la realtà di cui oggi ci si dovrebbe preoccupare, un esempio quel ritratto dell’Africa, quella foto di balene spiaggiate, idem per il cimitero di pini, tutta questa natura gigante stesa a terra. La cosa che lascia tramortiti e incute spavento e il silenzio, si tace per opportunismo, in quanto tutto deve andare avanti, non disturbare i piani dei governanti in corso d’opera. Resta dunque al singolo cittadino che sperare che un coraggioso si alzi, vada a parlare con questi che stanno usando la vita di milioni, decidendo, sembra non per salvarla visto il potere in armi di tutti. Se il Santo Padre si è offerto per questo, ha bisogno di non essere solo, ha bisogno di parlare a nome dei popoli della terra.

  2. Gianni Pizzo ha detto:

    Le tempestive e opportunistiche fatiche pennaiole di mons. Gänswein e dei cardinali Müller e Sarah, ad ogni evidenza predisposte a mo’ di coccodrilli editoriali e pubblicate a cadavere di Benedetto XVI ancora caldo, si possono definire solo come cannibalismo clericale.
    Sublimi esempi, ‘sti principi della chiesa, di pastori che dovrebbero guidare il gregge attraverso e verso la Terra promessa, il Regno di Cristo, ma utilizzano le mappe del decalogo e del Tempio dimenticando l’aggiornamento con i nuovi itinerari proposti dal Vangelo, così bene illustrati nel Lezionario in queste prime domeniche del tempo ordinario.

  3. Gian Piero Del Bono ha detto:

    Muller e’ stato cacciato via dal papa dalla CDF per sostituirlo col piu’ accomodante gesuita Ladaria. Per ora puo’ ancora parlare e scrivere libri. Forse, se e’ vero che il prossimo Prefetto della CDF sara’ un ultra-progressista ,non potra’ neppure piu’ dire la sua opinione . Ad ogni epoca la sua inquisizione: oggi e’ potente l’ inquisizione dei ” sinodali” e dei ” misericordiosi” .

  4. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    …Apostoli: essi erano “lieti di essere oltraggiati per amore del nome di Gesù”(5.41) in Benedetto XVI Che cos’è il cristianesimo) al comune fedele sembrano risposte valide anche per il confronto di idee e tra opinioni diverse nella famiglia dei confratelli della Comunità Sacerdotale. “ Ricordatevi dei vostri capi, i quali vi hanno annunciato la parola di Dio..Considerando attentamente l’esito finale della loro vita, imitate e la Fede”Gesù Cristo e lo stesso ieri e oggi è per sempre(Ebrei 13.25). Papa Francesco, altro Pastore nonché Maestro sta toccando con mano la carne viva di Cristo che è in Africa, con la Parola, con la preghiera rivolta all’Altissimo per chiedere contrito “perdono” da quelle prove di sofferenza sopportata, orrori subiti da vittime che anche noi oggi conosciamo. Di fronte a questa realtà, c’è da cogliere nel vero significato ciò che Papà Ratzinger suggerisce e che Papà Francesco sta facendo, farsi carico di Cristo nei fratelli

  5. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Cercate la pace con tutti e la santificazione, senza la quale nessuno vedrà mai il Signore.”Non spunti né cresca in mezzo a voi alcuna radice velenosa” che provochi danni e molti ne siano contagiati” l’amore fraterno resti saldo.(Ebrei 12.7) missione sacerdotale:il sacerdote deve essere uno che vigila.Deve stare in guardia di fronte alle potenze incalzanti del male.Deve tener sveglio il mondo per Dio. Deve essere uno che sta in piedi: dritto di fronte alle correnti del tempo. Dritto nella verità. Dritto nell’impegno per il bene.Lo stare davanti al Signore deve essere sempre nel più profondo, anche un farsi carico degli uomini presso il Signore che a sua volta si fa carico di tutti noi presso il Padre. E deve essere un farsi carico di lui, il Cristo,della sua parola, della sua verità,del suo amore. Rettò deve essere il sacerdote, impavido è disposto a incassare per il Signore anche oltraggi, come riferiscono gli Atti degli

  6. Roberto Beretta ha detto:

    Non ho letto Muller, ma da questo riassunto non mi sembra che dica cose diverse da quelle da tempo affermate dalla sua “corrente”. Ha diritto, fors’anche dovere di farlo? Secondo me sì, e proprio in base al principio del primus inter pares. Noi che stiamo “con Francesco” rischiamo di dimenticare spesso che anche lui presenta una visione di Chiesa o di teologia parziale, contingente, discutibile. Se “dalle proposte e dalle istanze anche degli altri vescovi” (i.e. tedeschi) nascesse il sacerdozio femminile, e Francesco lo bocciasse, potremmo dire come a Muller che “crede di sapere tutto “?

  7. Pietro Buttiglione ha detto:

    Se uno crede di sapere TUTTO lui … ragiona di pancia, anzi non ragiona affatto!
    Trasformare la ns Fede in ‘regole’ costituisce alto tradimento della parole di Gesú sulla ‘Legge’ ma anche di Paolo quando:
    “Una cosa sola io so e sono incaricato di trasmettervi.. che.
    ……..”

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