Le Olimpiadi dantesche

Quale modo migliore di celebrare le vittorie dell'atletica azzurra ricordando l'augurio dantesco di essere tra “quelli che vince, non colui che perde” (If XV 123-124)?
2 Agosto 2021

Trovandoci nella congiunzione, unica e probabilmente irripetibile, di un Anno Olimpico e Dantesco insieme e insegnando io in un Liceo Sportivo, ho voluto proporre a una classe un progetto divertente per far scoprire l’opera di Dante avvicinandola alla sensibilità dei miei alunni: abbiamo voluto guardare alla Divina Commedia attraverso categorie sportive, riconoscendo nelle pene dei contrappassi e nelle descrizione delle anime dell’Aldilà alcune gare atletiche, alcuni sport che i miei alunni praticano o conoscono.

Una sorta di simpatica desacralizzazione dell’opera di Dante, ma che non è stata mancanza di rispetto, anzi ha permesso ai ragazzi di apprezzarne meglio i versi, conoscerne i personaggi e le invenzioni poetiche, insomma un modo per avvicinarlo al loro.

Le abbiamo chiamate le “Olimpiadi Dantesche” che sono iniziate ovviamente con la Cerimonia d’apertura e l’accensione del braciere olimpico: come tedofori i consiglieri di frode dell’ottava bolgia dell’Inferno nella quale “dentro dai fuochi son li spirti” (If XXVI 47), le anime sono avvolte dalle fiamme; ad accendere il braciere Ulisse e Diomede, che “due dentro ad un foco” (v. 79) condividono la stessa fiamma.

Fittissimo il programma che inizia con le gare in acqua. Alla foce del Tevere si disputa il Canottaggio che vede protagonista assoluto l’Angelo Nocchiero: è colui che dopo la morte trasporta le anime destinate al Purgatorio e quindi destinate alla salvezza. L’Angelo “remo non vuol, né altro velo / che l’ali sue” (Pg II 32-33), non si serve quindi né di remi né di vele oltre alle sue ali; inoltre “da poppa stava” (v. 43), quindi nella posizione del timoniere. L’angelo è estremamente veloce, tanto “che ‘l muover suo nessun volar pareggia” (v. 18). Sul fiume Acheronte invece si svolgono le gare di Rafting, per le quali grande favorito è il famoso “Caron dimonio, con occhi di bragia” (If III 109) che trasporta le anime dei dannati nell’Ade. Dante sottolinea come sia “vecchio, bianco per antico pelo” (v. 83), quindi ha dalla sua sicuramente l’esperienza; al grido di “Guai a voi, anime prave!” (v. 84), Caronte preferisce le gare in solitaria, dato che non vuole sulla sua barca neanche Dante e “batte col remo” (v. 111) tutti gli altri.

La seconda giornata è riservata alle gare più estreme: Paracadutismo e Arrampicata. Per il primo gareggiano i lussuriosi “che la ragion sommettono al talento” (If V 29): essi sono trascinati senza posa da “la bufera infernal, che mai non resta” (v. 31), che li sbatte da un lato all’altro. Tra di essi vi sono “due che ’nsieme vanno, e paion sì al vento esser leggeri” (vv. 74-75), Paolo e Francesca che compiono evoluzioni di coppia. L’Arrampicata o climbing è la salita verso l’alto: nel cielo di Saturno Dante vede “uno scaleo eretto in suso”, una scala dorata lungo la quale salgono e scendono “tanti splendor” (Pd XXI 29.32). Gli arrampicatori sono le anime dei contemplativi, i quali arrivano così in alto che Dante a un certo punto non li vede più: infatti poi altri “vanno via sanza ritorno”, altri tornano al punto di partenza, “rivolgon sé onde son mosse”, altri ancora “fan soggiorno” rimanendo nello stesso posto (vv. 37-39).

Nella terza giornata sono previste le gare in vasca. Nella palude Stigia gli iracondi svolgono le gare di Tuffi, in un’acqua “che bolle” ed è “buia assai più che persa” (If VII 101.104); il tifo scandisce un nome solo: “tutti gridavano: a Filippo Argenti!” (If VIII 61). Qui avviene anche la dura partita di Pallanuoto: gli atleti “si percotean non pur con mano, ma con la testa e col petto e coi piedi, troncandosi co’ denti a brano a brano” (v. 112-114). Sul fondo della fossa della roccia scura invece i simoniaci svolgono le gare di Nuoto Sincronizzato: “Fuor de la bocca a ciascun soperchiava d’un peccator li piedi e de le gambe infino al grosso, e l’altro dentro stava”(If XIX 22-24). Capitano della squadra è Niccolò III mentre Bonifacio VIII rimane in panchina aspettando l’abdicazio… la sostituzione per entrare in partita. Infine alle gare di Apnea partecipano i barattieri, immersi nella pece bollente, che devono sottostare alle angherie dei giudici più cattivi e severi che potessero capitare, i diavoli capitanati da Malacoda, che con bastoni e uncini fanno sì che il concorrente “non galli” (If XXI 57).

Nella quarta giornata va in scena l’atletica pesante con due gare che mettono a dura prova la resistenza dei contendenti: nel quarto cerchio gli avari e prodighi si sfidano al Lancio del Peso, “con grand’urli, voltando pesi per forza di poppa” (If VII 27); al Sollevamento Pesi partecipano gli Ipocriti dell’Inferno e i Superbi del Purgatorio: i primi sono un folto gruppo abituato a portare enormi cappe, “dentro tutte piombo, e gravi tanto” (If XXIII 60), divisi in due squadre: i Frati Gaudenti e i Farisei; per i superbi, che trasportano invece enormi massi sulla loro testa, gareggia il famoso miniaturista Oderisi, detto «l’onor d’Agobbio» (Pg XI 79-80).

C’è spazio anche per la Scherma e il Kendo nella nona bolgia dove sono puniti i seminatori di discordie, che vengono passati a fil di spada dai demoni: primo fra tutti Maometto, “rotto dal mento infin dove si trulla” (If XXVIII 24), e gli altri “fessi così” (v. 32) dal demone che squarta i dannati “sì crudelmente” (v. 33).

Nella sesta giornata la finale di Rugby vede protagonisti i ladri e la telecronaca di Dante è molto dettagliata: “E qual è quel che cade, e non sa como, per forza di demon ch’a terra il tira, o d’altra oppilazion che lega l’omo, quando si leva, che ‘ntorno si mira tutto smarrito de la grande angoscia ch’elli ha sofferta” (If XXIV 112-117). Invece nel Blind Football partecipano gli invidiosi con gli occhi cuciti, una compagine che sa veramente fare squadra, tanto che si sostengono l’un l’altro: “l’un sofferia l’altro con la spalla” (Pg VIII 59).

Nella settima giornata spazio alle coreografie e alla bellezza con le gare artistiche: il Pattinaggio sul Ghiaccio degli Spiriti inadempienti che Dante vede “quali per vetri trasparenti e tersi, o ver per acque nitide e tranquille” (Pd III 10-11), con i volteggi di Piccarda Donati e Costanza d’Altavilla; la Danza Sportiva degli Spiriti attivi, amanti e sapienti che Dante osserva come un grande gruppo di ballerini che esegue dei movimenti spettacolari e fluidi: “sì vid’io ben più di mille splendori trarsi ver’ noi” (Pd V 103-4) e “vid’io in essa luce altre lucerne muoversi in giro più e men correnti, al modo, credo, di lor viste interne” (Pd VIII 18-20).

L’ottava e ultima giornata delle Olimpiadi Dantesche si chiude con le gare in pista: nella prima bolgia ha luogo la Corsa a cui partecipano ruffiani e seduttori, che “dal mezzo in qua ci venien verso ‘l volto, di là con noi, ma con passi maggiori” e “di qua, di là, su per lo sasso tetro vidi demon cornuti con gran ferze, che li battien crudelmente di retro” (If XVIII 25-27.34-36). Alle staffette gareggiano invece gli indovini: la grande attitudine degli indovini per la staffetta deriva dall’essere stravolti “ciascun tra ’l mento e ’l principio del casso” (If XX 12), avere il collo e il viso girati dalla parte della schiena e quindi possono vedere meglio il compagno di squadra che passa il testimone; grandi favoriti sono Anfiarao e Tiresia, ma soprattutto Manto, per la quale è Virgilio a fare un gran tifo.

Come ogni Olimpiade la gara che chiude i giochi è la Maratona: avendo peccato per poco vigore, gli accidiosi sono costretti a correre senza sosta per purificarsi dal proprio vizio e per questo sono gli atleti più adatti a coprire nel minor tempo possibile la distanza di 42,195 km prevista da questa gara: in quella “turba magna” che “suo passo falca” e si gridano a vicenda “Ratto, ratto”, presto presto (If XVIII 94-103) si riconosce solo l’Abate di San Zeno, mentre gli altri accidiosi che come ogni vero atleta sono “di voglia a muoverci sì pieni” (v. 115) non restano a parlare con Dante, intenti a vincere la gara più lunga e difficile di tutte.

L’augurio a tutti gli atleti di queste Olimpiadi, come degli Italiani in quelle vere a Tokyo, è di essere “di costoro quelli che vince, non colui che perde” (If XV 123-124).

Un progetto questo fatto con i miei alunni che vuole strappare qualche sorriso e dare leggerezza, a scuola se ne ha veramente bisogno di questi tempi, e allo stesso tempo insegnare qualcosa con spirito costruttivo. I ragazzi hanno imparato e collaborato e il prof si è divertito un sacco!

Perché, come mi auguravo a inizio anno, ognuno, anche i miei alunni sportivi, possano dire: “Nostro è Dante!”.

 

Una risposta a “Le Olimpiadi dantesche”

  1. Anna Lucia Crichigno ha detto:

    Che idea originale!! Mi sono divertita anche io a leggere l’articolo ed ho immaginato gli occhi sorridenti dei ragazzi e forse anche il loro orgoglio di scoprire un nuovo….Dante.

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