L’attacco del sentiero

Sui primi passi, sempre nuovi, di ogni escursione: sono decisivi e ci chiedono di essere presenti a noi stessi fin dall’inizio. Come nella vita
31 Luglio 2020

Solitamente di un’escursione ricordiamo l’arrivo sulla cima o al rifugio, con la tradizionale stretta di mano. O quel punto panoramico alla selletta, dove si è goduta una sosta ristoratrice, ripercorrendo con gli occhi la salita già compiuta. O ancora quel versante da dove ci ha fischiato una famiglia di marmotte o il laghetto scintillante al tramonto, ignorato peraltro dalla cartina.

Più raro è invece ricordare l’attacco del sentiero, quei primi passi affrettati nella gioiosa frenesia del poter partire, finalmente con gli scarponi ai piedi dopo lunghi preparativi e chilometri di asfalto per avvicinarsi. Ma come ogni inizio anche quello del sentiero è basilare, decisivo.  E non solo perché capita di non prestare attenzione al primissimo segnavia  (avviene soprattutto quando si è distratti dalle dinamiche del gruppo o troppo concentrati su sè stessi e sulla verifica di cosa possiamo aver dimenticato sul tavolo di casa)  e così, seguendo la maggioranza silenziosa, ci si accorge  solo un quarto d’ora dopo di essersi avviati in direzione divergente o perfino opposta. Risultato: mezz’ora preziosa persa e una buona quota di nervosismo guadagnato.

Anche il sentiero della vita ci chiede di essere presenti a noi stessi fin dall’inizio: se abbiamo preso la decisione, ci chiediamo se il primo passo è quello corrispondente. Se nello zaino abbiamo infilato il necessario essenziale, se siamo disposti a “lasciarci fare” da quanto incontreremo e proveremo lungo l’intera giornata.

La tabella segnaletica ci ha confermato anche il tempo di percorrenza indicato dalla guida cartacea, ma la cura dell’avvio non significa subire la pressione della meta, l’obbligo di arrivare lì, a quell’ora precisa. Siamo aperti agli imprevisti, ad altre decisioni imposte dalle condizioni del  meteo, della salute, degli amici. Se necessario siamo disponibili anche a tornare indietro, ben sapendo che il segnavia biancorosso numero 108 restera lì, ad aspettarci ad un’altra occasione migliore o in un’altra giornata più favorevole.

Ma l’inizio del sentiero – nel caso in cui torniamo su un itinerario classico, abituale, già frequentato – è anche il tempo ideale per comprendere l’opportunità della ripartenza, la possibilità della ripetizione a distanza di mesi o di anni. È lo stesso sentiero di sempre ma si offre come nuovo, mai fatto in questo modo. “L’ultima volta che siamo passati di qua…” quel figlio era molto più piccolo, quel compagno non c’era, la giornata era stata tutta piovosa, il rifugio aperto da poco. Affiorano le immagini sbiadite, vengono spontanei i confronti, la memoria si fa gratitudine.
Però oggi, come il cielo, anche il bosco ci appare diverso, con le latifoglie cresciute abbondanti a chiudere la possibilità di scorgere dall’alto le ultime case del paese e i mughi attorno ai duemila si sono diradati lasciando più spazio al pascolo alto…

In verità, questi cambiamenti ci spingono a constatare che soprattutto noi siamo diversi, pure cresciuti, pronti per questo ad affrontare la tappa in modo sorprendentemente nuovo. È già motivo di riconoscenza questo poter ripartire sul sentiero vecchio o nuovo che sia: lo abbiamo ricordato nella preghiera a inizio giornata, lo ripetiamo col cuore ribollente di riconoscenza al Signore – anche senza parole – mentre la strada comincia ad alzarsi sotto gli scarponi e gli occhi curiosi spaziano per vedere come il sentiero si è modificato negli anni e come noi stessi stiamo cambiando.

Fermi un attimo: è già il  tempo di togliersi la felpa, per non bagnarsi di sudore sulla rampa a zig zag che supera i primi 300 metri di dislivello. Ci lasciamo asciugare dall’aria frizzante del mattino, un mattino diverso da ieri e da un anno fa.

(prima parte)

Una risposta a “L’attacco del sentiero”

  1. Maria Teresa Pontara Pederiva ha detto:

    Concordo nello spirito del post: forse bisogna essere montanari per avere questa sensibilità, tuttavia ho trovato anche dei turisti molto attenti a queste considerazioni soprattutto nei confronti dei figli.
    Tutto contribuisce alla crescita dei più giovani e alla loro formazione integrale … che può avvenire anche in riva al mare s’intende. L’importante è lo spirito dei genitori nella loro passione educativa.

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