La santità è (anche) scommettere sulla vita

Dobbiamo imparare a parlare di santità parlando di umanità e realtà, non escludendo, non mutilando, ma dando fiducia alla forza della vita che riparte, alla storia che va avanti, come cantava laicamente Wisława Szymborska
1 Novembre 2020

In questa giornata in cui si ricorda la santità, in cui siamo invitati a tornare alla grande immagine delle beatitudini, che inaugura il discorso della montagna fondando il Regno in cammino nella storia, ci sarà utile ricordare che santità non è perfezione. C’è quell’elenco così stupefacente, così contrario a come va il mondo: i poveri in spirito, gli afflitti, i miti, i pacificatori, i puri di cuore, i misericordiosi, i perseguitati… e ci sono i santi, che a quelle beatitudini si sono avvicinati, che a quelle beatitudini hanno conformato la vita. Ma nella realtà dei loro giorni, con la loro umanità, i loro limiti, il loro pensiero, il loro contesto storico e culturale. Santi, non perfetti.

Uomini e donne che hanno vissuto il tempo che è stato loro donato, che hanno anche peccato, che hanno anche avuto a che fare con il male, altrui, ma anche proprio. Un male vinto dal bene, un male vinto dalla grazia, un male vinto da esistenze non perfette, ma abbandonate progressivamente all’amore di Dio.

Dovremmo ricordarci più spesso che santità non è perfezione, avendo il coraggio di superare certa apologia che rendi i santi così lontani, così unici e così, a volte, dis-umani. Pur nelle differenze di vite e epoche, i santi avevano forse questo in comune: confidare nella bontà di Dio e nella gratuità della sua misericordia. E, su questa base, ripartire, ricostruire, fondare una vita prima che fondare opere. Fare i conti con la realtà, avendo coscienza che per l’uomo tutto passa, mentre per Dio tutto resta, misteriosamente, presente e redento.

Dobbiamo imparare a parlare di santità parlando di umanità e realtà, non escludendo, non mutilando. Non si dà santità senza assumere a pieno la realtà, con tutto il suo carico di ombre; non si dà santità senza confidare in partenze e ripartenze, senza confidare nel cammino, senza confidare nella vita.

Sono pensieri che mi portando alla grande poetessa polacca Wisława Szymborska, che così scrive in La realtà esige (tratto da La fine e l’inizio, raccolta del 1993):

La realtà esige

che si dica anche questo:

la vita continua.

Continua a Canne e Borodino

e a Kosovo Polje e a Guernica.

 

C’è un distributore di benzina

nella piazza di Gerico,

ci sono panchine dipinte di fresco

sotto la Montagna Bianca.

Lettere vanno e vengono

tra Pearl Harbour e Hastings,

un furgone di mobili transita

sotto l’occhio del leone di Cheronea,

e ai frutteti in fiore intorno a Verdun

si avvicina il fronte atmosferico.

 

C’è tanto Tutto

che il Nulla è davvero ben celato.

Dagli yacht ormeggiati ad Anzio

arriva la musica

e le coppie danzano sui ponti al sole.

 

Talmente tanto accade di continuo

che deve accadere dappertutto.

Dove non è rimasta pietra su pietra,

c’è un carretto di gelati

assediato dai bambini.

Dov’era Hiroshima

c’è ancora Hiroshima

e si producono molte cose

d’uso quotidiano.

 

Questo orribile mondo non è privo di grazie,

non è senza mattini

per cui valga la pena svegliarsi.

Sui campi di Maciejowice

l’erba è verde

e sull’erba, come è normale sull’erba,

una rugiada trasparente.

 

Forse non ci sono campi se non di battaglia,

quelli ancora ricordati,

quelli già dimenticati,

boschi di betulle e boschi di cedri,

nevi e nebbie, paludi iridescenti

e forre di nera sconfitta,

dove per un bisogno impellente

ci si accuccia dietro a un cespuglio.

 

Qual è la morale? – forse nessuna.

Di certo c’è solo il sangue che scorre e si rapprende

e, come sempre, fiumi, nuvole.

 

Sui valichi tragici

il vento porta via i cappelli

e non c’è niente da fare –

lo spettacolo ci diverte.

 

La poetessa stende un elenco di luoghi storicamente teatro di battaglie e conflitti, di vittorie per qualcuno, di sconfitte per altri, di violenza per tutti. Eppure, là dove un tempo è stato versato il sangue, dove la storia ha preso pieghe diverse, torna il sole, torna la luce, nella serena tranquillità della vita che rinasce sempre: «Dove non è rimasta pietra su pietra, / c’è un carretto di gelati / assediato dai bambini». Perché la vita ha una forza inesauribile: «Questo orribile mondo non è privo di grazie, / non è senza mattini / per cui valga la pensa svegliarsi».

La santità è, forse, questo: scommettere sulla vita, darsi sempre un’altra occasione, coltivare la speranza e la fiducia che «la realtà esige / che si dica anche questo: / la vita continua».

(ph di copertina ColorataMente)

3 risposte a “La santità è (anche) scommettere sulla vita”

  1. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    La vita ovunque essa si ripresenti, nascita di un uomo, sorgere del sole, risveglio della natura a primavera, lo sbocciare di un fiore, tutto avviene come assistere a un miracolo. Dio, il Creatore, provoca stupore dove Egli si manifesta, anche nei fatti che accadono: quando una cosa sperata improvvisamente accade, da gioia grande, ti conferma che Dio esiste, che ha orecchi per sentire e occhi per vedere i desideri di ogni uomo,in quanto, ragionando, se accade a me certo è cosi per tutti. Si rivela a noi oggi e quelli di ieri, anche così senza vederlo, per questo vale la preghiera, il ringraziamento. Pensando poi alle persone care è consolante saperle vive, dialogare con loro e pensarle che interpreti delle nostre angustie,affanni pregano insieme quel Dio Eterno, Unico, Esistente, il Vivente, a intervenire sulla nostra vita. Si, tutto questo dona ai nostri passi speranza, coraggio a rialzarci quando il dolore ci coglie impreparati, tornare a vivere sperando ancora e ancora.

  2. BUTTIGLIONE PIETRO ha detto:

    La Parola.
    Ogni volta la stessa.. ma ogni volta diversa in me.
    Oggi è risuonata così:
    Nella vita ti può succedere di tutto…
    Le esperienze più dolorose..
    Le sofferenze più ingiuste…
    Gesù riconosce che il male innocente fa parte della vita, della nostra vita.
    E ci invita a non esserne sopraffatti, a non chiuderci nel “io sono santo”??
    Ma nel guardare ora e sempre verso di Lui, alzare il ns sguardo, capire che senza restiamo sterili e morti, anche se Santi…

  3. Gian Piero Del Bono ha detto:

    essere puri, miti , poveri di spirito, e’ la perfezione, che non si puo ’ raggiungere con le forze umane . L’ uomo da solo, gravato dal peccato , non puo’ essere ne’ puro, ne’ mite, ne’ povero di spirito. Ciascuna delle beatitudini non si puo’ raggiungere con le forze umane : essere puri di cuore tu credi che sia facile ?
    Molti sono i chiamati ma pochi gli eletti ! Nella santita’ quello che conta non e’ Quello che facciamo noi, ma quello che Dio fa di noi .
    “ Questo orribile mondo non e’ privo di grazie “

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