Il Natale e la “cancel culture” europea

Per provare a includere davvero bisogna tendere ad includere tutti, non a escludere tutti.
2 Dicembre 2021

Già ad ottobre scorso la commissione europea aveva fatto circolare un documento interno, intitolato “Union of equality”: linee guida della commissione europea per una comunicazione inclusiva. L’obiettivo dichiarato era quello di condividere, tra i soli colleghi della Commissione, degli standard che uniformassero la propria comunicazione, tra i suoi membri e nei documenti ufficiali, in modo da renderla più inclusiva. Si trattava perciò di raccomandazioni e non di obblighi.

Qualche giorno fa, (come mai solo ora?) alcuni giornalisti europei (tra cui anche italiani) avevano evidenziato come questo testo chiedesse non solo di evitare ogni giudizio su questioni di religione, razza, condizioni di salute, sesso, genere, ma anche “ripulire” il linguaggio da ogni qualsiasi riferimento a determinazioni specifiche su questi argomenti. Altri giornalisti invece andavano ben oltre, leggendo nel documento la volontà intenzionale di “cancellare” i riferimenti alla tradizione cristiana e alla dualità originaria dei sessi.

Due giorni fa, infine, la commissaria all’Uguaglianza, Helena Dalli, la stessa dal cui ufficio era stato “varato” il documento, ha fatto sapere che il testo “non è maturo e non raggiunge gli standard qualitativi della Commissione europea”, e perciò ha bisogno di ulteriore lavoro. Sembra, infatti che il documento mirato ad un linguaggio che non offendeva nessuno, avesse offeso non solo giornalisti, ma anche alcuni operatori stessi della commissione.

Fin qui i fatti. Personalmente mi sorgono almeno tre considerazioni.

Primo. La contraddizione sul piano logico. Affinché ogni specifica determinazione individuale (di razza, genere, religione, ecc) si possa sentire inclusa, vengono cancellate dalla scena pubblica tutte le determinazioni individuali. Qualcuno deve spiegarmi come si fa a includere tutti, se nessuno deve essere incluso! Ad esempio andrebbe usato “festività” al posto di “natale”. Ma poi la sensibilità di chi non avverte come festoso questo periodo dove la mettiamo? Ad esempio “colleghi”, che in inglese ha genere neutro, invece di “signore e signori”. Ma poi con chi non è inglese e colleghi lo sente maschile? Ad esempio invitare relatori di un solo genere ai convegni. Ma una femmina invitata come quota rosa che non si senta donna dove la mettiamo? Il tentativo di evitare di far sentire qualcuno escluso salendo di livello nell’astrazione generica, lascerà sempre ai margini qualcuno. Per provare a includere davvero bisogna tendere ad includere tutti, non a escludere tutti.

Secondo. L’assurdo antropologico. Da un lato si sostiene che il valore di ogni singolo individuo sta proprio nella sua “autopercezione soggettiva”, cioè nella sua determinazione concreta che lo rende unico e irripetibile. Dall’altra però nel momento in cui pubblicamente riconosco una di queste determinazione, ipso facto genero l’esclusione delle altre. Difficile non pensare che le singole determinazioni individuali siano immaginate in lotta tra di loro e non possano realmente coesistere nello spazio pubblico, se non nascondendosi l’una all’altra. Da qui la necessità di un discorso neutro.

Ma come potrei sentirmi riconosciuto in una espressione pubblica neutra, se essa non mostra alcun carattere che intercetti la mia percezione soggettiva? Proprio perché se l’unico valore sopravvissuto è la mia autodeterminazione non tutti sentono il natale come festa, non tutti si sentono colleghi sul luogo di lavoro, non tutti si sentono donna anche se gli è stato assegnato un posto da “quote rosa” perché femmina. Non è la determinazione concreta che fonda il valore dell’individuo, ma il suo essere persona, concetto radicalmente assente in questa logica.

Terzo. L’incoerenza psicologica. Se il puro e semplice fatto di citare il natale è in grado di fare sentire l’altro escluso, o anche offeso, significa che immaginiamo di essere noi responsabili delle reazioni emotive dell’altro. Tradotto: la mia percezione soggettiva, che fonda la mia autodeterminazione, non nasce da me, ma dall’input comunicativo che l’altro mi invia, su cui io non alcun potere elaborativo. L’altro mi fa sentire offeso, non sono io ad offendermi. Non esiste nessuna consistenza interna del soggetto che può rielaborare l’input esterno, secondo ciò che lui vuole e desidera, ma tutto è deciso dalla pressione sociale. Siamo solo ingranaggi del sistema.

Qualcuno mi deve però spiegare come si regge questa affermazione di fronte al dato psicologico incontestabile della diversità reale di reazione di fronte al medesimo input sociale. Non tutti gli atei, di fronte alla parola natale si sentono offesi; non tutti reagiscono sentendosi esclusi di fronte all’espressione “signore e signori”; non tutti avvertono di essere richiusi in una identità non propria se vengono chiamati con un pronome femminile, ma si avvertono uomini. Perciò non è l’input a generare quella reazione, ma la persona che lo riceve, che al suo interno lo incanala su una traccia offensiva o meno. Se si vuole davvero lavorare per l’inclusione ridiamo ad ognuno la responsabilità individuale delle proprie reazioni. Forse il recupero del concetto di persona inizia da qui.

4 risposte a “Il Natale e la “cancel culture” europea”

  1. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Unione Europea, possibile a dipende anche che genere di unione si aspira: monetaria, di mercato, di libero accesso nei diversi Paesi, ora si ipotizza di avere un esercito in comune . Ma c’è una cosa che forse ho essere distruttiva di tutte queste finalità, e si intende annullare la specificità i ogni singolo Stato, la sua storia, le sue tradizioni, il carattere che è di ogni singolo essere umano, la storia di famiglia. Poi a non dimenticare quanto il migrare di uomini da un Paese all’altro portando o trasmettendo cultura ha lasciato impronte come le numerose cattedrali entro le quali tanta umanità si è radunata in comunione di intenti dando vita a fraternità, solidarietà, pregando il Dio creatore . Ti questo non è stato un sogno, come certe proiezioni, filmati televisivi, ma vita vissuta, questo sì che si può chiamare, come certi luoghi, o opere d’arti patrimonio dell’umanità. Questo esistente deve essere mantenuto con cura perché è la sua fondamentale ricchezza.

  2. Alessandro Sacchi ha detto:

    Mi sembrava che si trattasse solo di una guida per regolare il linguaggio da usare in campo ufficiale. Una esigenza mi sembra encomiabile. Di qui a dire che si vuole cancellare il Natale o la differenza di genere ce ne passa. Forse si è toccato qualche nervo scoperto della nostra società.

  3. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Quando la madre mette al mondo un nuovo essere umano è maschio o femmina, nasce colui o colei che diventeranno persone, società, popolo. Ogni persona non potrà che essere diversa da un’altra, per quella eredità genitoriale e per tutto quanto di sua volontà saranno le scelte di vita. E’ verso questa sua originalità che va riconosciuto il rispetto . Oggi, le opere realizzate dall’uomo, dalla sua intelligenza creativa, dalla sua sensibilità artistica fanno sembrano miracoli come il realizzare viaggi spaziali, l’operazione a cuore aperto, scoprire un vaccino salvavita. La pretesa di sottoporre leggi a renderlo robot, appare umiliante, come dichiarare un diamante una pietra qualunque. Ciò che sembra essere nascosto, o non volerlo ammettere, e che l’uomo sia di natura anche divina e pertanto non cosa solo Di natura animale, ma ha in se una aspirazione più alta quella di natura divina e quindi anche aspirante a vita non a diventare cenere e sparire come un senza nome.

  4. Gian Piero Del Bono ha detto:

    Il concetto di ” persona” e’proprio quello che si vuole colpire. la UE persegue una spersonalizzazione, una ” neutralita’ assoluta . Infatti si chiama ” Commissione per l’Uguaglianza” uguaglianza assoluta in cui ogni uomo e donna fossero simili a robot o a cloni . Essere cristiano ( o ebreo o buddista) o uomo o donna e’gia’ una differenziazione per la UE . Come per San Paolo ma in maniera contraria : San Paolo proclamava l’uguaglianza di tutti di fronte a Dio , la UE di fronte al loro padrone . Perche’ non fatevi ingannare :i funzionari UE non sono atei, seguono il loro Dio che e’ Mammona.

Rispondi a Alessandro Sacchi Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

I commenti devono essere compresi tra i 60 e i 1000 caratteri. I commenti sono sottoposti a moderazione da parte della redazione che si riserva la facoltà di non pubblicare o rimuovere commenti che utilizzano un linguaggio offensivo, denigratorio o che sono assimilabili a SPAM.

Ho letto la privacy policy e accetto il trattamento dei miei dati personali (GDPR n. 679/2016)