Il destino di Santa Sofia e il corto circuito nel pensiero laico

Il tweet di Carlo Rovelli in seguito al dolore espresso dal Papa per la riconversione di Santa Sofia nasconde un corto circuito da approfondire.
16 Luglio 2020

«Penso a Santa Sofia e sono molto addolorato» ha dichiarato Papa Francesco dopo l’Angelus del 12 luglio, riferendosi alla riconversione della Grande Santa Sofia di Istanbul in moschea. Lo ha detto apparentemente a braccio, soppesando molto cautamente le parole. Avrebbe potuto usare parole ben più dure, come nella sua posizione hanno fatto in passato molti suoi predecessori, invece ha espresso con garbo un sentimento tutto umano riguardo una vicenda che travalica i confini dei sentimenti e della spiritualità. Eppure, anche queste poche parole, più che comprensibili in realtà, hanno suscitato reazioni a dir poco sorprendenti.

Andiamo con ordine. Il 10 luglio 2020 il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan ha firmato l’autorizzazione a riconvertire in moschea la Grande Santa Sofia di Istanbul, edificio dalla storia lunga e complessa, dedicato alla Sapienza (Sophia) di Dio, dall’inestimabile valore tanto per i cristiani quanto per i musulmani; nel 1934/’35 era stato sconsacrato e trasformato in museo da Atatürk, primo presidente della Turchia laica e nazionale. Il provvedimento ha suscitato sgomento e indignazione (ben oltre l’espressione personale di dolore), tanto presso le autorità religiose che presso quelle civili d’Europa: la Chiesa russa lo ha definito «una inaccettabile violazione della libertà religiosa», l’Alto Rappresentante per la politica estera europea lo ha condannato, temendo che questo «rinnoverà le divisioni fra le comunità religiose, e comprometterà i nostri sforzi per il dialogo e la cooperazione». Persino l’imam di Milano Yahya Pallavicini ha espresso la sua netta contrarietà. In generale, questa azione (che Erdoğan peraltro inseguiva da anni) ha ragioni tutte politiche e rappresenta uno dei tanti episodi della cosiddetta “ottomanizzazione” della Turchia, un processo che la allontana dai valori liberali a cui noi europei (almeno nominalmente) ci ispiriamo.

Il 12 luglio Carlo Rovelli, professore di fisica a Marsiglia, studioso e divulgatore, illustre esponente di laicità e più che degno avversario di una società troppo intrisa di religione, ribatte su Twitter alle considerazioni del papa, riducendo la questione ad una scaramuccia che metterebbe in luce nient’altro che le contraddizioni del cattolicesimo di potere: «Non capisco. Museo diventa luogo di Dio: non dovrebbe [il papa] esserne felice? Se preferisce musei perché non trasforma chiese in musei? Forse gli va bene il Dio suo, ma non il Dio degli altri?». A margine c’è da notare che l’uso della maiuscola per il nome di Dio è insolito per Rovelli, probabilmente ha un senso polemico.

Mi sono meravigliato nel leggere queste parole, perché mi pare che rivelino un corto circuito: il più che condivisibile contrasto alle ingerenze religiose in una società laica si trasforma in un’incredibile difesa (certamente non nelle intenzioni di Rovelli) di un modello di società illiberale, intrisa di nazionalismo e fanatismo religioso. È come se il nodo della questione venisse sovvertito, in questo tweet come in altri che, più o meno ironicamente, hanno commentato l’episodio. Il punto non è se sia necessario trasformare i luoghi di culto in musei (cosa che de facto in molte chiese d’Italia è già avvenuta), ma se sia legittimo fare il contrario. In Europa ovviamente non lo è, perché i musei sono pensati come luoghi civilmente sacri, aperti indistintamente a tutti; luoghi privilegiati di incontro rispettoso tra culture.

Viceversa, sono molte le prese di posizione di Erdoğan che negli anni sono state oggetto di forte critica: gli attacchi alla libertà di stampa, le sanguinose repressioni delle proteste di piazza, la gestione della questione curda al confine sud-orientale, il coinvolgimento nella guerra civile siriana, le violenze di stampo omofobo, ed altre prese di posizione ben documentate. Non ultima, la negazione del genocidio degli Armeni lo ha messo in aperto contrasto sia con la Santa Sede (il papa stesso ha derubricato le posizioni negazioniste come «stupidaggini») che con l’Unione Europea, la quale da anni chiede che la Turchia riconosca tale avvenimento storico (insieme alla richiesta di abrogare la pena di morte e risolvere pacificamente l’annosa questione cipriota).

Credo che la forzatura della riconversione di Santa Sofia vada perciò collocata in questo contesto e sia tutt’altro che una scelta da accogliere con soddisfazione o con indifferenza; soprattutto da parte di chi invoca una società libera, accogliente e multiculturale. È giusto difendere la laicità dello Stato, è nel DNA europeo, ma occorre stare attenti a farlo senza scivolare da un fanatismo all’altro.

4 risposte a “Il destino di Santa Sofia e il corto circuito nel pensiero laico”

  1. BUTTIGLIONE PIETRO ha detto:

    Emerge da Santa Sophia un? Ineludibile sul ns significato di Chiesa. Davvero possono coesistere opere del valore di miliardi con la preghiera del pubblicano? Museo O Chiesa?
    Purtroppo ns sono ? da ‘in’ ma incongruenze/contrasti evidenziate da laici, che possono generare anche reazioni fino a incendi.

  2. Francesca Vittoria Vicentini ha detto:

    Forse avendo un edificio storico-artistico, in una città cosmopolita come Istanbul, Che per la sua unicità e bellezza attrae a essere visitato da un turismo internazionale , che lungo ere secolari è stato tempio della santità cristiana, poimoschea musulmana, poi a museo laico, ora di nuovo riconoscerlo moschea del popolo musulmano, se è aperto a qualsiasi visitatore, fa pensare che non è stato tolto a nessuno. A Gerusalemme sia la Moschea, ma io l’ho trovata sempre chiusa, che nella Basilica del Santo Sepolcro entra chiunque; a Roma in San Pietro e altre Basiliche, ugualmente. L’arte e la storia di popoli,religioni, è abitata dall’uomo di ogni tempo, provenienza,, Che la Basilica di Sata Sofia Sancta Sapientia oggi sia Santa Moschea della Grande Hagia Sophia e pu vero che è uno dei principali monumenti di Istanbul, evidente provarne orgoglio.

  3. Dario Busolini ha detto:

    Per le ragioni nazionalistiche ed il contesto politico che hanno determinato il cambio di destinazione d’uso di Santa Sofia il dispiacere del Papa è più che giustificato. Il professore citato, però, non ha tutti i torti: l’aver a suo tempo destinato una importantissima basilica da secoli convertita in moschea a museo in sé non equivaleva ad averla restituita al culto cristiano ma solo tolta a quello islamico, il cui unico Dio è il medesimo delle tre religioni abramitiche, ovvero lo stesso che adoriamo noi. E’ più sacro e consono al luogo che in Santa Sofia si preghi l’unico Dio o che non si possa pregare affatto? Personalmente approvo la proposta del vescovo dell’Anatolia Paolo Bizzeti: se si è voluto far sì che Santa Sofia tornasse un luogo di preghiera che si permetta anche ai cristiani di pregarvi la domenica (e naturalmente che si faccia di tutto, come promesso, per conservarne i beni artistici).

  4. BUTTIGLIONE PIETRO ha detto:

    Commento.
    1) Al lungo elenco delle male-fatte di Erdogan ( mancano gli inciuci con Isis e altro) contrappongo che qualcuno dalle ns parti ha cercato di farlo fuori, mancandolo x una manciata di minuti…
    2) Rovelli, uno dei miei ref, usa solo “logica”.
    Di cosa ti lamenti? Del museo in cui a certe ore si prega?
    Meglio non pregare? Forse xchè nn è TUO Dio?
    ( qui è un po’ cattivello!)
    È mera logica, da uomo di scienza. Dovremmo ascoltare mmmmolto di più i ragionamenti logici dei laici.
    3) cerrrto! Rimproveriamogli di non essersi consultato, di aver rotto un accordo storico senza ragioni specifiche, in modo da villani quale egli è, e imo è qs modo che ci deprime come cristiani. Usare il SACRO come arma di dominio.
    Analisi di merito che nn compete al laico Rovelli che si ferma alla logica lessicale: se ci si ferma qui ha ragione: meglio più preghiere che più guerre. Non certo guerre & preghiere, però!

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