Da Woodstock a Viterbo… e oltre

Viterbo non è il figlio degenere di Woodstock, perché le due cose, forse, sono commisurabili solo fin ad un certo punto.
21 Agosto 2021

Difficile trovare parole sensate. Forse perché io vivo ancora nella ricerca (o nell’illusioine) che un senso ci sia. E quando fatico a comprendere il senso di qualcosa, di solito mi ci accapiglio maggiormente e non lascio perdere. Questa volta è difficile, si, ma non impossibile.

Al confine tra Toscana e Lazio, a pochi metri dal lago di Mezzano e a un paio di kilometri dal paese di Valenzano, in provincia di Viterbo, da almeno 5 giorni si è consumato un Rave party, che nelle intenzioni degli organizzatori doveva essere il più grande dell’estate 2021. Tra gli 8 e i 10 mila partecipanti da mezz’Europa. In realtà è solo l’ultimo (per ora) di una serie di eventi simili, più o meno partecipati. Ma quello di Viterbo ha avuto alcuni risvolti che lo hanno segnalato alle cronache: un morto, (o forse due), due stupri denunciati, cani uccisi a bastonate dagli stessi partecipanti, la nascita di una bambina (forse), e soprattutto la decisione (probabilmente saggia) delle forze dell’ordine di non intervenire e di cercare una mediazione, viste le condizioni oggettive del luogo che rendeva impensabile ogni tipo di intervento atto allo sgombero forzato.

La cosa però che mi ha colpito maggiormente è stato il parallelismo istituito da alcuni giornalisti tra il rave di Viterbo e la madre di tutti i rave: Woodstock. Ovviamente additando l’evento del ’69 come il mito e l’esperienza dell’Eden, e relegando Viterbo ad un puro non senso e ad una totale disumanizzazione.

In realtà oggi, a distanza di oltre 50 anni, sappiamo che Woodstock è tutt’altro che un eden. Anche lì un morto, e 400mila persone che per quattro giorni vivono un inferno di sporcizia, droghe e fango e con la costante minaccia di una elettrocuzione di massa. I testimoni raccontano di bagni inesistenti, di scarsità di cibo e acqua e di persone drogate o ubriache che vanno in overdose o vomitavano ovunque. E pure la musica, da sempre considerata il momento più alto di Woodstock, non è certo all’altezza di come la si declama oggi. Molti concerti sono pessimi, sia a livello di performance che di qualità del suono, improvvisati e con enormi problemi organizzativi e di scaletta, rivoluzionata almeno 8 volte durante l’evento. Come racconta Ed Ward, lo storico musicale della Npr: “Woodstock sostituisce con la quantità la qualità”. Molti concerti sono rovinati a partire dallo stato alterato dei musicisti, e la maggior parte è quasi inascoltabile per irrisolvibili problemi di audio, nonostante l’enorme sforzo del fonico Bill Hanley. L’organizzazione è travolta dall’arrivo di una folla dieci volte maggiore del previsto e ad un certo punto sono costretti a far entrare chiunque.

Ma questo non mi porta a concludere che Viterbo non è altro che il figlio degenere di Woodstock. Credo infatti che ci siano molte differenze, magari sottili e non sempre note, che alla fine segnalano una diversità di senso rilevante. Che non significa indicare un meglio e un peggio, ma semplicemente una diversità, perché le due cose, forse, sono commisurabili solo fin ad un certo punto.

Woodstock nasce dal desiderio di quattro ragazzi meno che 27enni, con un po’ di soldi derivati da una eredità, che decidono di fare un investimento. Sicuramente l’evento gli è sfuggito di mano, ma il ritorno economico per loro c’è stato, eccome. Perciò l’evento è stato programmato pubblicamente e con l’accordo delle autorità locali. Addirittura due dei quattro organizzatori fanno personalmente dei colloqui a oltre mille poliziotti per presidiare l’evento, assicurandosi che non abbiano intenzione di arrestare nessuno per il consumo di droga.

A Viterbo l’idea nasce nell’alveo dei gruppi “raver” che da tempo ormai desiderano questi eventi come parentesi in cui sono sospese tutte le regole a favore di un istinto libero, che ben presto viene fagocitato da sciacalli, iene e squali umani che non ci pensano due volte ad infiltrarsi per poter “accalappiare” ai loro obiettivi perversi, il povero “sfatto” di turno. Perciò l’evento deve essere tenuto nascosto fino all’ultimo, senza permessi delle autorità, perché l’illegale è la norma ed è tale solo se resta illegale. Impossibile perciò cercare accordi con le autorità.

Ancora. Woodstock vive sull’onda degli anni di inizio della rivoluzione dei costumi e della cultura sociale. Nonostante tutto, molte persone che sono lì, cercheranno poi di tradurre concretamente in pratica quell’istanza più o meno velleitaria e utopica, e ci si spenderanno. Anche se poi molti di loro ci si perderanno dentro. Un modo, forse folle, per provare a forzare i limiti sociali e smontarli per accedere ad una società meno borghese e formale.

Viterbo vive negli anni delle passioni tristi, in cui l’evento sa benissimo di essere una parentesi che lascerà poi solo strascichi fisici e psicologici, ma senza poter ipotizzare di cambiare cultura o società. L’ora d’aria (malsana) del detenuto umano dentro la prigione della post modernità. È un modo per tirare il fiato e poter poi rientrare dentro a quella stessa società così asfittica e vincolante, da cui si da per scontato non si possa uscire.

Poi la musica. Per quanto la qualità dell’evento di Woodstock sia pessima, il tipo di musica incarna l’idea che attraverso l’intreccio di ritmo, melodia e parole, sia possibile esprimere un senso e magari condividerlo con gli spettatori, provando la sensazione di essere un “insieme”, forse una massa, più che una comunità, ma comunque un insieme.

A Viterbo l’iper Techno sparata a volumi impensabili è ritmo puro ossessivo, che ha l’unica funzione di svuotare le menti e far salire l’istinto troppo spesso represso, in una sorta di esercizio spirituale al contrario, vissuto in ogni caso individualmente. Le persone a Viterbo sono “oggetti” vuoti, pieni solo di pulsioni fatte per lasciarsi usare o per usare l’altro. Nessuna sensazione di “unitarietà”, ma al massimo il trionfo della moltitudine.

A Woodstock l’uso della sostanza è connesso con la possibilità di alterare lo stato di coscienza, immaginando così l’accesso a sensazioni e conoscenze che possano allargare la propria esperienza umana e fare da traino per individuare modi e forme a servizio dell’utopia della società da cambiare. Serve perciò ad uscire dalla società e a segnalare alternative esistenziali nuove, ma forse impossibili.

A Viterbo l’uso della sostanza è finalizzato a potenziare l’intensità emozionale delle percezioni corporee affinché gli interruttori consapevoli si possano spegnere il più possibile e si possa raggiungere un livello emozionale delle esperienze individuali altrimenti impossibile. Serve perciò a restare, al meglio possibile, dentro alla società in cui si vive, pur sentendola come una gabbia, perché l’unico senso rintracciabile in essa è la collezione più varia, intensa e ampia di emozioni.

La modernità utopica di Woodstock è decisamente tramontata. Che ci piaccia o no. La post modernità di Viterbo è più che mai viva e corrosiva. Anche qui, che ci piaccia o no. E tocca farci i conti, sia con tramonto della prima che con il pieno giorno della seconda.

 

3 risposte a “Da Woodstock a Viterbo… e oltre”

  1. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Per me è progetto scandaloso pensare di coltivare droga anziché gerani nei vasetti famigliari, così che sia accessibile a ogni ogni età il membro della famiglia può conoscerne le medicinali proprietà. Si dice che ormai essa sia nel consumo comune come il pane, e che quindi serve a regolare un mercato nero. Forse non siamo abbastanza acculturati in merito, e meriterebbe avere lumi più precisi da quel farò che è la medicina e risposte dagli esperti della ricerca che in verità possono illuminare. Anche attraverso i mezzi di comunicazione il cittadino può esserne informato, sarebbe un servizio al cittadino così come si sta facendo per il virus che si diffonde a macchia d’olio e di cui premurarsi a specifiche attenzioni. Mi domando se non fa pena tutto quell’umano che sembra un cerchio perduto dantesco. Il cosa fare per salvare anziché fermarsi allo scandalo e alla disattenzione delle autorità civili, prioritario

  2. Giovanni Venzano ha detto:

    Non prendiamoci in giro con masturbazioni mentali ammantate di intellettualismo, di volontà di capire, di disprezzo della società borghese come cartina di tornasol,e di fedeltà al vangelo. Ma si può cambiare la società abbattendo ogni regola con la forza della droga? Scusate ma parlare come si mangia, no? Dire pane al pane e vino al vino no? Riconoscere “maschio e femmina li creò” conciò che ne consegue, no?

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