Chi è il teologo?

A due mesi di distanza dalla morte di Hans Kung ci si può chiedere quale modello di riflessione sulla fede abbia incarnato il teologo svizzero
5 Giugno 2021

La recente scomparsa di Hans Kung, teologo di fama mondiale e intellettuale europeo tra i più stimati, non solo ha avuto l’esito di riportare sia tra le pagine delle riviste di settore che dei quotidiani divulgativi il suo pensiero e le sue battaglie, ma è corrisposta anche con la reazione circa queste battaglie, andando così ad alimentare l’eterno scontro tra ambienti che ostinano a rappresentarsi in maniera antitetica: come progressisti e conservatori.

Questo evento può essere invece anche occasione per riflessioni diverse. Tra le molteplici, ve ne è una che ci permette di focalizzarci non solo sul contenuto, ma anche sul metodo; non solo sulla persona ma anche sul suo operato. Questa può diventare allora anche occasione per porsi una domanda che è centrale per la comprensione della figura di Hans Kung.

La domanda in questione è: chi è il teologo – o più in generale l’intellettuale –, e quindi: qual è il suo ruolo, dove e come è chiamato a svolgerlo? Questo è uno di quegli interrogativi che spesso appaiono come marginali ma che ciclicamente tornano nel dibattito pubblico attraverso forme diverse. Quella dell’intellettuale è nell’immaginario collettivo una figura quasi caricaturale: viene spesso raffigurato come un eccentrico, distante dal reale e dalle vicende delle persone che lo circondano. Ecco che la persona di Hans Kung è in questo senso degna di interesse proprio perché ne rappresenta un’eccezione.

Prendere in esame la sua figura significa innanzitutto prendere atto di come l’intellettuale sia una persona chiamata ad operare a più livelli: non sono in un contesto accademico ma anche divulgativo; non solo nella cultura astratta ma anche nei suoi esiti concreti. Egli, per esempio, ai numerosi saggi accademici ha sempre affiancato un impegno nella divulgazione sia attraverso pubblicazioni di libri o articoli che attraverso conferenze. Fare questo, e riscuotere successo in entrambe le dimensioni, significa essere consapevoli della necessità di partire nella propria ricerca da domande concrete, che coinvolgono le persone comuni, e fare, a partire da queste, un esercizio di astrazione intellettuale che ha come obbiettivo il tornare al reale, aiutandone la comprensione e cercando di migliorarlo.

Tra i vari ambiti di studio e ricerca a cui il teologo svizzero si è occupato, se ve ne è uno in particolare che mostra questo suo impegno per il concreto e questo movimento intellettuale, questo è la sua attenzione per il dialogo interreligioso. Nel 1990 diede alle stampe uno scritto programmatico, dal titolo Progetto per un’etica mondiale, in cui si può leggere: «non vi può essere convivenza umana senza un ethos mondiale delle nazioni; non vi può essere pace tra le nazioni senza pace tra le religioni; non vi può essere pace tra le religioni se non c’è dialogo tra le religioni». Detto in altri termini: il ruolo della teologia e del dialogo ecumenico è quello di essere al servizio dell’umanità, favorendo una relazione positiva tra identità e realtà differenti a più livelli. La fede religiosa, elemento comune a larga parte dell’umanità, da strumento di tensioni e divisioni può essere trasformato in mezzo per la pace e l’unione di realtà e culture diverse. Il potenziale che ha la religione per la formazione della coscienza e della persona umana vuole così diventare canale privilegiato per la costruzione di un mondo migliore.

Con l’intenzione di dare uno spazio concreto a questa e altre riflessioni ecumeniche, il teologo svizzero creò nel 1995 la fondazione “Weltethos”. Emblematica per comprendere il lavoro di “Weltethos” è anche un’altra affermazione di Kung: «quest’unica società mondiale non ha bisogno di un’unica religione e di un’unica ideologia, ha però bisogno di alcuni valori, norme, ideali e fini vincolanti e unificanti». Ecco allora che l’ente vuole collaborare alla fondazione di un ethos globale, riconosciuto come via per la convivenza tra le persone e via per la tutela del pianeta. In questo processo la religione può svolgere un ruolo centrale grazie al suo potere performativo.

Tra i molti insegnamenti che ci lascia Hans Kung, due possono essere qui chiamati in causa: in primo luogo il ricordarci come la ricerca e lo studio debbano essere un servizio alla realtà, al proprio mondo e alle persone che ci circondano. In secondo luogo, il suo impegno pubblico porta alla luce il ruolo performativo delle religioni per le persone, le comunità e le società, anche attraverso la promozione della convivenza con la differenza.

 

4 risposte a “Chi è il teologo?”

  1. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    E’ un appassionato a interpretare le sacre scritture? Per scoprire Dio o per essere utile al servizio di quella altrui ferma? A soccorso di una fede che sta scomparendo dalla realtà del vivere quotidiano, superata da altra filosofia nuova che il progresso ha posto in essere dettando stili di vita o suggerendo varianti a quelli prescritti di divina provenienza? E’ come il ruolo di un maggiordomo , il quale si adopra creare un buon funzionamento dei servizi in una casa , e qui intellettuale che esperto si interessa se tra le chiese e religioni esistenti non vi sia la possibilità a attenuare frizioni esistenti tra diversità che ognuna intende via preferenziale al vivere il quotidiano e essere unica per il proprio popolo di credenti? La persona semplice aspira, apprezza la libertà la divinità stessa la raggiunge a in proprio sentire che le viene dal vivere la fede; e in chi lo cerca o aspira conoscerlocome in Abramo? Dio è infinita multiforme Superiore verita

  2. BUTTIGLIONE PIETRO ha detto:

    La domanda x eccellenza est:
    È possibile un’etica LAICA condivisa?
    Ripeto: LAICA.
    CIECO chi non ne veda la estrema urgente necessità. Kung docet.
    Illuso chi pensa sia realizzabile a partire dalla propria religione. Senza piedi in terra.
    Allora ci chiedevamo se era possibile.
    Noi siamo disponibili?
    LAICA.
    Senza gli irrinunciabili confessionali. O interessi di parte.
    —————
    PS e un giorno ne risponderemo, anche di questo.

  3. Gian Piero Del Bono ha detto:

    Secondo il significato della parola “Teo – logia” ,il teologo e’colui che studia la realta’divina , cioè la metafisica. Non e’un filosofo che si occupa della realta’ del pensiero e della conoscenza umana ne’dovrebbe essere uno che si interessa di “ecumenismo” o del governo della Chiesa ( Nella pratica oggi il teologo e’un tuttologo, che proprio perche’si occupa un po’ di tutto, politica, morale sessuale, ecumenismo ecc, approfondisce poco quello che dovrebbe approfondire , il discorso su Dio ,sull’Essere assoluto.
    Sara’perche’la metafisica, sotto la critica distruttiva delle filosofie da Kant e Hegel in poi, ha ormai un ruolo marginale .

    • Pamela Salvatori ha detto:

      Carissimi, è doverosa una precisazione. Bisogna distinguere la “teologia naturale” dei filosofi, che è proprio il discorso metafisico, dalla “teologia soprannaturale” che non è filosofia, ma parte dal dato della Rivelazione e vi riflette nella fede. Se nel primo caso si può arrivare con la ragione a riconoscere gli attributi e l’esistenza di Dio con la sola ragione, nel secondo caso è presupposto la fede teologale, ossia l’adesione alla Rivelazione divina, a partire dalla quale si riflette. Dunque, il metodo è rovesciato ma la seconda completa la prima, la perfeziona. Quando si è Teologi in questo secondo senso, si usa il metodo teologico, non filosofico, perché scienze diverse.

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