Buon Natale a te, uomo di questo tempo: che la Parola possa compiersi, oggi.
C’è tutta la consolazione di cui abbiamo sete nell’annuncio dell’angelo nella notte di Natale.
Parole che potrebbero farci commuovere se avessimo il dono di gustarle, una per una. Perché c’è tutta la salvezza della nostra ferialità, tutta la redenzione della nostra quotidianità: «oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia».
Il grande, il Salvatore, il Cristo Signore: la potenza, la forza. E il segno: piccolo, umile, indifeso. Un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia, là dove di solito gli animali che fanno compagnia all’uomo nutrono se stessi.
Il Cristo in una mangiatoia. Il Dio bambino.
E io, forse, sento che un Dio così è quello di cui ho bisogno, che a un Dio così posso anche provare a credere.
Perché intuisco che un Dio così è nato per me. E che un Dio così, che riduce la sua forza a un bambino in fasce tra la paglia di una mangiatoia, porta una novità, mi porge un cambiamento. In qualsiasi stato, luogo, condizione io mi trovi. Che io sia pastore, sapiente, angelo, madre, padre, bambino.
Allora Buon Natale a te, donna felice nella tua famiglia.
Buon Natale a te, uomo lieto per la tua compagna.
Buon Natale a te, donna fiera del tuo compagno.
Buon Natale a te, giovane innamorato che consideri un dono la tua fidanzata.
Buon Natale a te, bambino che si sente amato da genitori e nonni.
Buon Natale a te, papà che accarezzi il tuo primo figlio.
Buon Natale a te, mamma che porti al seno il frutto del tuo grembo.
Buon Natale a te, uomo soddisfatto del tuo lavoro.
Buon Natale a te, donna riconosciuta nella tua professionalità.
Buon Natale a te, sacerdote che senti il tuo cuore di pastore.
Buon Natale a te, donna di Dio che canti i Salmi in comunità.
Buon Natale a te, giovane che hai trovato la strada.
Buon Natale a te, nonna che guardi con speranza i nipoti.
Buon Natale a te, nonno che vedi la famiglia alla tua tavola.
Buon Natale a te, missionario in terre lontane per amore di Dio e del fratello.
Buon Natale a te, bambino che leggi, che scrivi, che disegni, che sogni.
Buon Natale a te, medico che curi, insegnante che educhi, commessa che sorridi, lavoratore che spendi i talenti.
Buon Natale a te, uomo che provi il calore dell’amicizia.
Buon Natale a te, donna che gusti il piacere della confidenza.
E Buon Natale a te, uomo deluso dai tuoi giorni.
Buon Natale a te, donna sola che si sente dimenticata.
Buon Natale a te, giovane preda della nostalgia, costretto a emigrare per cercare dignità e rispetto, lavoro e futuro.
Buon Natale a te, bambino orfano in cerca di amore.
Buon Natale a te, nonna sola in una casa di riposo.
Buon Natale a te, nonno che fatichi ad arrivare a fine mese.
Buon Natale a te, ammalato in un letto d’ospedale.
Buon Natale a te, uomo che senti la morte vicina.
Buon Natale a te, ragazza tradita, ragazzo abbandonato.
Buon Natale a te, bambino vittima di violenza.
Buon Natale a te, uomo nel dubbio.
Buon Natale a te, donna in cerca di Dio.
Buon Natale a te, ateo che non senti nostalgia di Dio.
E ancora, soprattutto, Buon Natale a te, sacerdote che hai perso la fede.
Buon Natale a te, suora che non tolleri più la comunità.
Buon Natale a te, vescovo dal cuore ambizioso.
Buon Natale a te, uomo che temperi la solitudine con donne sfruttate.
Buon Natale a te, donna preda del gioco.
Buon Natale a te, uomo bottino di droga e alcol.
Buon Natale a te, politico corrotto, professionista disonesto, criminale senza pentimento.
Buon Natale a te, uomo che sfoghi le tua frustrazione odiando sul web.
Buon Natale a te, donna che vivi con rancore.
Buon Natale a te, cristiano frammentato, che ami e odi nello stesso tempo.
Buon Natale a ogni essere umano che vive questi giorni, giorni faticosi, giorni di passaggio, ma anche giorni belli. Giorni in cui, se vogliamo, un Bambino ci dice che è possibile ricominciare, che gioire è giusto, che ognuno può essere riconosciuto.
Buon Natale, perché è qui, nel tuo luogo, nel tuo tempo, nella tua vita che la parola può compiersi. Oggi, non domani, non ieri.
Come ci ricorda il poeta francese André Frénaud, a chiusura del suo Natale ferroviario:
San Giuseppe non aveva mai visto locomotiva
ed aveva paura di perdere i biglietti.
Era una sera di grandi partenze, la stazione febbrile
di folla e di fischi, di luci.
Giunti troppo presto, avevan perso tempo al buffet…
Non avevano prenotato i posti,
ed era corsa voce che avessero sbagliato treno.
Nessuno ad augurargli buon viaggio.
Gli amici non erano stati avvertiti.
Vomitando fumo giallo e turchino come un drago
il treno cambiava binario agli scambi,
e ancora cambia, va più svelto, va.
Scompaiono i sobborghi ed i segnali.
In piedi nel corridoio. Chi avrà compassione
d’una donna incinta e così bella e che geme?
Nello scompartimento vicino certi zeloti
si presero spartendosi le provviste.
Alcuni richiamati facevano i maliziosi.
Un pubblicano tronfio d’esose esazioni
e la sua signora, una negra bellissima,
occupavano i posti d’angolo sul corridoio.
Un gran sacerdote faceva finta di leggere.
Un treno passa fragoroso e il bambino
già ne sbigottisce nella notte materna.
Via diritti per la gran distesa, nevichi, piova, che importa,
fa caldo fin sui ponti rumoreggianti
quando rinfresca l’aria il fiume attraversato.
Già il tempo s’addormenta e le città diradano.
Foreste son superate e borghi, la valle rimonta.
Alle stazioni sconosciute le sbarre
s’abbassano e si rialzano nella campagna
arrotondata di lassù dalla volta stellata.
Il canto degli angeli attutito dalle nuvole
non ce la fa a trapassare i boati del vagone.
La Vergine chiude gli occhi contro il vetro, vede.
-Tutti scendono- Albeggia.
San Giuseppe ha raccolto le valige.
Il ferroviere apre gli sportelli.
Sul marciapiede l’asino e il bue
son già lì a parlottare.
Ah, dice Maria, umilmente,
è qui che ha da compiersi la parola.