Ora, mentre i politici tentennano riguardo alla fase2, quella che dovrebbe permetterci di uscire finalmente di casa in questa strana primavera, peraltro assolata, sono tanti gli interrogativi riguardo al “dopo”. E’ vero che per molti è la nostalgia a regnare sovrana e si pensa al “dopo” in termini di ritorno a quanto si faceva in precedenza, quasi con sollievo, ma permettetemi di affermare: speriamo proprio di no. Il motivo è molto semplice: dobbiamo uscirne diversi, inteso come più uniti, più consapevoli che “siamo nella stessa barca”, come ci ha ricordato papa Francesco nei giorni del Triduo pasquale.
Certo lo sapevamo già, o quanto meno avremmo dovuto saperlo, ma, almeno noi occidentali dei Paesi ricchi, si viveva da cicale come se tutto il mondo, diciamo pure terra e atmosfera, fossero esclusivamente al nostro servizio, una nostra proprietà assoluta, da depredare a piacere. In queste settimane di “confino” in casa abbiamo imparato che ogni nostra azione si ripercuote sugli altri, che da cristiani chiamiamo “fratelli”. Ci hanno fatto capire che le nostre uscite, magari sconsiderate, non avrebbero fatto male solo a noi, ma con ogni probabilità agli altri, agli anziani, ai malati cronici, agli oncologici, ai bambini piccoli…
Forse sarebbe auspicabile ricordarlo anche “dopo”, quando nessuno ci vieterà di metterci in macchina, e inquinare l’aria con il residuo dei combustibili fossili, e neppure di alzare oltremisura il termostato del riscaldamento al prossimo autunno (inquinando alla grande la sempre l’incolpevole atmosfera), ma se non sarà il timore di sanzioni, forse sarà la nostra coscienza a metterci in allarme e consigliarci una misura. Perché ciò che facciamo qui si ripercuote – “siamo nella stessa barca” – anche molto lontano e sono i poveri della Terra a subirne le conseguenze nefaste in termini di eventi estremi che piegano anche i più forti e i più avvezzi a simili fenomeni. Eppure siamo tutti “un’unica famiglia umana”.
Così speriamo di non tornare affatto alle vecchie (qualcuno le chiamerà “care”) abitudini: siamo nella stessa barca e l’atmosfera è di tutti, non solo nostra. Se l’avremmo imparato, i nostri comportamenti saranno di conseguenza, in caso contrario saremmo solo uomini di dura cervice per i quali neppure l’attuale emergenza avrà insegnato (o ricordato!) nulla. Giorni e settimane orwelliane senza scopo … Ma che tristezza, l’aver sperimentato il confino per niente! Sono sicura che non sarà così, o almeno vogliamo sperarlo tutti quanti. Siete d’accordo?
Non so pensare a un dopo come sarà, su La Stampa in prima pagina si vede la foto del Presidente Mattarella che, come Papà Francesco, solo si avvia a onorare il milite ignoto all’altare della Patria inoltre la notizia che il 2giugno non vi sarà la consueta parata per la fede sta della Repubblica. Trovo questo cambiamento un onorare con sincerità il sentire di un popolo, di cittadini che sta vivendo un tempo difficile, doloroso onorando il presente con quelli del passato di ambedue gli eventi civili . Prima nel periodo delle celebrazioni pasquali,, il popolo cristiano è rimasto commosso e sorpreso l’uscita inconsueta , coraggio dimostrato da Papà Francesco di portare la preghiera,supplica, di tutti i Cristiani e non in personale solitario pellegrinaggio a Maria .Due esempi di un sentire profondo, manifestato in dignitosa umilta,un andare avanti diverso.
Concordo ma con due postille. La prima è che non mi sento di addebitare al solo Occidente tutte le depredazioni a danno degli altri perché anche altre potenze in rapida crescita oggi hanno dimostrato di non essere da meno ed useranno anche le conseguenze dell’epidemia per accrescere la loro influenza internazionale. La seconda è che sì, siamo davvero sulla stessa barca e lo sappiamo già da molto tempo, ma nell’intimo contiamo sul fatto che, pur condividendo il medesimo naviglio, i più devono faticare al remo, in sala macchine, sulle vele o a tenere pulito il ponte mentre pochi stanno in cabina di comando, uno solo dirige il timone e i “furbi” si imboscano sottocoperta.