Dio non è neanche un’ipotesi?

La riproposizione decontestualizzata di una frase su Dio del premio nobel Parisi richiede una messa a punto che superi le reazioni scomposte osservate nel dibattito pubblico
13 Ottobre 2021

La recente assegnazione del Nobel a Giorgio Parisi ha fatto conoscere a moltissimi di noi uno scienziato di cui prima ignoravamo l’esistenza. Ed è subito partito il ripescaggio delle “frasi famose” da parte degli utenti, in prima fila l’UAAR, complice anche il fatto che il novello nobel fu a suo tempo tra coloro che non vollero l’inaugurazione dell’anno accademico dell’università “La Sapienza” di Roma da parte del Papa di allora – Benedetto XVI.

Alcuni cattolici si sono mostrati molto risentiti da una frase, detta a suo tempo, da Parisi: “Dio per me non è nemmeno un’ipotesi”. Risentimento totalmente ingiustificato. La teologia non contempla tra le sue categorie metodologiche l’ipotesi, se non come analogia debole per dar forza al discorso. L’ipotesi appartiene alla scienza e basta, al discorso scientifico, al metodo scientifico e basta. Ora il problema è vecchio di anni, di secoli, l’ho visto ripresentarsi in moltissime conferenze tra teologi e scienziati, ma anche tra filosofi e scienziati. Esso nasce quando uno invade il campo dell’altro con l’autorevolezza della sua disciplina e pretende di dire qualcosa di assolutamente vero sulla disciplina dell’altro. Il contrasto tra fede e scienza è tutto qua.

La pandemia ci dovrebbe aver insegnato che la scienza non può dire “l’assolutamente vero”, come pretendeva il ministro Speranza in una sua uscita per la stampa nei primi tempi della pandemia. La scienza, ci ricorda Popper, può dire il verosimile, o più semplicemente ciò che oggi funziona per capire un fenomeno, per predire un fenomeno. La frase di Parisi è non solo scientificamente assolutamente legittima, ma non è un’affermazione sull’esistenza di Dio, semmai è un’affermazione sull’impossibilità di uno scienziato in quanto tale di dire qualcosa su Dio (come ribadito ieri in una  lettera pubblicata su Avvenire). Ciò viene mostrato in maniera molto chiara in questo confronto tra Parisi e Padre George Coyne, gesuita e astrofisico, direttore della Specola Vaticana fino a pochi anni dalla morte.

 

Lo stesso religioso (cf. 00:23), dopo aver messo a confronto caso e necessità (dove sentiamo l’eco del grande Jaques Monod e del suo famoso libro), pur propendendo certamente per una necessità che lui chiama destino e che poi chiamerà finalismo, alla fine del suo primo intervento, afferma un sonoro: “Non so”. La stessa risposta viene data da Parisi in risposta al moderatore (cf 00: 50-52). Padre Coyne è stato fautore della riabilitazione di Galileo per la Chiesa (finalmente!), è stato anche accusato di essere un estremista neodarwinista, ma il punto è sempre lo stesso: Coyne non può – e lo sa – mettere Dio all’interno della scatola dell’universo. Allo stesso modo Parisi non può dire nulla su cosa ci sia fuori da questa scatola.

Se io fossi nato e cresciuto stando sempre in una stanza, non saprei che quella è una stanza, chiamerei quella stanza il mondo, esso sarebbe il mio mondo e, se qualcuno venisse a dirmi che fuori da lì c’è il Colosseo, il monte Bianco, Parigi o New York, io penserei forse ad un complottista. È un problema di metalinguaggio, ovvero di mancanza di una lingua che possa dire qualcosa su questa lingua che è l’universo. I fisici spiegano l’universo usando una lingua che viene dall’universo stesso, che è stata codificata da un organo che si è formato grazie ai processi stellari di miliardi di anni fa. È il paradosso dei pesci di David Foster Wallace – se volete – che avevano un altro senso, ma si possono usare anche qui. Neanche Godel è riuscito nell’impresa.

Stephen Hawking, anni fa, disse: “L’universo non ha bisogno dell’ipotesi Dio”. E per fortuna dico io, che son credente! Cosa succederebbe se Hawking avesse ragione? Che dovremmo mettere Dio in quel segmento di tempo che conta quasi 14 miliardi di anni ed Egli così diventerebbe storia, materia, alla stregua di una molecola di idrogeno. Ma allora gli atei incalliti avrebbero avuto ragione ad esigere una prova empirica, una prova che appartiene al regno della fisica. Così, però, sarebbe stato spazzato via ogni concetto di trascendenza, la fine di ogni platonismo, ma anche di ogni idea di spirito, di anima, di realtà immateriale.

Nulla di male diranno alcuni, certo, magari potrebbe essere davvero così; d’altra parte, la fede non si chiama così per niente e non potrebbe essere diversamente. Proviamo ad immaginare un mondo che sa, con certezza assoluta, empirica, dell’esistenza di un Dio; magari proprio di quel Dio in cui qualcuno di noi crede (perché è sempre il nostro Dio l’unico Dio). Cosa succederebbe con un guardiano così importante? Dove sarebbe ancora la virtù di poter fare qualcosa per l’esigenza, il gusto, il piacere di fare il bene?

Tutto sarebbe estremamente calcolato. Al massimo potremmo avere un dio-natura alla Spinoza. Oppure potremmo avere un dio che ha disegnato tutto, come gli americani dell’ID che accettano tutto – big bang, evoluzione, etc – ma tutto è partito da Dio come creatore e soprattutto costruttore di ogni minimo dettaglio dell’universo, compreso il mio arbitrio, comprese le mie azioni. Un Dio, insomma, che crea una marionetta: ‘non c’è foglia che si muova che Dio non voglia’ – ecco tutto il pensiero dell’ID concentrato nella frase dei nostri nonni.

Ma se Dio è fuori dall’universo come interviene nella storia? Magari non come ci hanno stupendamente mostrato i film di Hollywood degli anni ’50, magari in un altro modo, ma io cosa ne so, cosa ne potrei sapere?

Alla fine della conferenza, Parisi, dopo essersi tolto qualche sassolino riguardo il principio antropico, afferma: “Il perché deve esistere: qualcosa non può trovare risposta dentro quel qualcosa”. Illuminante: qui c’è tutto Sant’Agostino. Quando chiesero a quest’ultimo cosa facesse Dio prima di creare il mondo, Agostino rispose: “Preparava l’inferno per quelli che avrebbero fatto questa domanda”. La domanda radicale della filosofia: “perché c’è qualcosa e non il nulla?” resta senza risposta – e così deve essere. Amen.

7 risposte a “Dio non è neanche un’ipotesi?”

  1. Dario Moriontini ha detto:

    Se non c’è alcuna ragione dimostrabile riguardo l’esistenza di Dio non c’è alcuna ragione per la non esistenza di Dio !

    Quindi quando gli scienziati non prendono neppure in considerazione “Dio” dimostrano di essere “completamente faziosi”

    e pieni di pregiudizi in tal senso. Insomma la loro obbiettività viene meno e quindi anche la loro l’attendibilità scientifica!

    L’esistenza di Dio almeno come ipotesi deve essere mantenuta perché possiede comunque un senso logico oltre che

    grande tradizione teologica e filosofica in molte culture del mondo.

  2. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Volevo trovare un orologiaio che mi aggiustasse un orologio comperato in un banco di cose d’antan. Un orologio della foresta nera,di legno conosciuto nelle Alpi atesine., che aveva l’aria di aver vissuto appeso in una stube,.Mi piaceva la sua storia, il carillon.aveva bisogno di uno specialista a revisionarlo.Vado da un tale ma ch non aveva voglia di cimentarsi, cosa molto complicata! Mi rimanda a un altro, è quello a un negoziante che però se non funzionano li manda in Germania.Cosi dopo questo percorso delusa passo in una altra località, e lì per caso mentre venivo via vedo “orologiaio” un negozio: entro e li, vengo a essere istruita di tutto quello che è il meccanismo, complicato smontare ogni parte, che tutto costruito da pezzi unici! Finalmente accetta di cimentarsi in questo lavoro”,ci vuole tempo e di tornare a prenderlo perché delicato non si può spedire. Io accetto. Così la Fede? Ogni persona la cerca la desidera esige farsi trovare…

  3. BUTTIGLIONE PIETRO ha detto:

    https://www.avvenire.it/opinioni/pagine/nello-stupore-del-reale-scienza-e-fede-s-incontrano
    Cita anche il Lemaitre che mise in guardia il Papa dall’usare la Genesi come Big Bang..
    Peccato che qui il corso sulla Sacra Scrittura l’altro gg lodava la Bellezza del mondo
    “Creato dal NULLA”…
    Il lupo perde il pelo…

  4. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    La risposta di questo uomo scienziato :” il perché deve esistere: qualcosa non può trovare risposta dentro quel qualcosa”. Una risposta che suona ermetica a una mente che non spazia nell’universo, ma che soddisfa un semplice fedele.il quale è convinto che Dio sia dentro e fuori, la cosa grande e che ha lasciato alla piena libertà dell’uomo, scoprirlo è farsi scoprire da qualunque livello di intelligenza egli sia dotato. Forse, oso dire, da un illetterato che impara dalle sue proprie fatiche, per fede conosce Dio e ne afferma con sicurezza la esistenza. Chissà come tanta grandezza trova posto nella piccolezza?

  5. BUTTIGLIONE PIETRO ha detto:

    Alcune note su qs tema, di mio interesse.
    1) a Padre Coyne, nell’aldilà, avrei chiesto come concilia che la ragione non serve x esistenza di Dio col SIA ANATEMA! del VAT I.
    2) A chi NO Ipotesi su Dio.
    Ipotizzare un dio fatto così o colà per verificarne la congruenza col mio K/H..
    Plausibile, anzi auspicabile.
    3) Ad es un dio incapace di lasciare la libertà alle sue creature, libertà totale, x il punto 2) nn è congruente. Ne deriva che l’invocazione del Destino da parte di Coyne imo è sbagliata.
    4) formazione delle leggi, qui rispondo al Nobel. Seguo Smolin che applica ad esse lo stesso meccanismo dell’evoluzione: tra tutte le leggi possibili si sono affermate quelle congruenti. E le famose costanti pure sono ‘evolute’ in tal senso.
    5) Principio antropico debole o forte.
    Errore tipo il deja vu.
    Se oggi le cose stanno così è proprio x la Storia REALE. Altre possibili storie nn si sono affermate. Se volete, col MWI, sono volate via in altri mondi🙃🙃😛

  6. Gian Piero Del Bono ha detto:

    Papa Giovanni Paolo I , che adesso e’ proclamato beato, cito’ nel 1978 poco prima di morire , in una udienza generale a proposito della fede una poesia di Trilussa: “ Qui, a Roma, c’è stato un poeta, Trilussa, il quale ha cercato anche lui di parlare della fede. In una certa sua poesia, ha detto: « Quella vecchietta ceca, che incontrai / la sera che mi spersi in mezzo ar bosco, / me disse: – se la strada nun la sai / te ciaccompagno io, che la conosco. / Se ciai la forza de venimme appresso / de tanto in tanto te darò na voce, / fino là in fonno, dove c’è un cipresso, / fino là in cima, dove c’è una croce. / Io risposi: Sarà… ma trovo strano / che me possa guidà chi nun ce vede… / La ceca, allora, me pijò la mano / e sospirò: – Cammina -. Era la fede ».
    Auguro a Parisi ,arrivato alla “ sera” e sperso in mezzo al bosco , quando anche i premi Nobel non sanno dove andare , di trovare la vecchietta cieca che lo accompagni.

  7. Lorenzo Pisani ha detto:

    Qui la vecchia intervista (31/12/2010) a Giorgio Parisi con la scintilla iniziale di questo dibattito (a scoppio ritardato):

    https://www.scienzainrete.it/files/parisirepubblica_0.pdf

    curiosamente in coda si parla pure di premio Nobel.

Rispondi a Gian Piero Del Bono Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

I commenti devono essere compresi tra i 60 e i 1000 caratteri. I commenti sono sottoposti a moderazione da parte della redazione che si riserva la facoltà di non pubblicare o rimuovere commenti che utilizzano un linguaggio offensivo, denigratorio o che sono assimilabili a SPAM.

Ho letto la privacy policy e accetto il trattamento dei miei dati personali (GDPR n. 679/2016)