Uscire si può : al “Binario 5”

Uscire si può : al "Binario 5"
13 Marzo 2018

“Binario 5”

A Cesena, un’esperienza nata da due mesi, ma pensata già da tre anni. Binario 5, il binario che Cesena non ha. L’idea nasce dalle riflessioni di sr Daniela, Madre delle suore della sacra famiglia di Cesena, ormai 3 anni e mezzo fa. Nel centro educativo “Cantiere 411”, in cui si accompagnano e sostengono bambini e adolescenti rispetto all’impegno dei compiti, avevano cominciato ad essere presenti a volte anche adolescenti, che, nella relazione sincera e aperta con suor Daniela raccontavano comportamenti devianti e degradanti, vissute nelle strade attorno alla stazione di Cesena.

Partendo da qui sr. Daniela e la sua comunità hanno pensato una forma per incontrare questi ragazzi,  in cui nell’ordinarietà del quotidiano, senza appuntamento, senza formalità, loro potessero trovare adulti che dimostrino attenzione e cura, e che gli offrano, senza riserve, presenza e ascolto. Con la speranza di poter proporre, un giorno, altre attività, di vario tipo, e, a tempo debito, anche di aprire con loro interessi spirituali. La speranza è  che in modo giovani possano attingere a una svariata gamma di stimoli per nutrire le loro passioni.

Concretamente il progetto prevede, in una fase iniziale, la raccolta delle abitudini e dei bisogni dei giovani, attraverso una presenza degli operatori nelle strade della stazione. Si tratta di volontari, psicologi, e consacrate, che attorno agli orari classici di partenze e arrivo degli studenti, li incontrano nelle strade della zona stazione. Contemporaneamente, si è aperto un ambiente di accoglienza, nei locali di una cooperativa sociale, a cui sono invitati i ragazzi contattati.

E le voci dei giovani rimandano un buon interesse: “Vengo qui perché alla mattina arriviamo in stazione molto presto e quindi dovevamo rimanere fuori al freddo e quindi quando ci avete proposto di venire qui, che era un bel posto, che potevamo stare insieme, seduti, a fare qualcosa,  abbiamo accettato volentieri” (Sofia). “E’ accoglievole (Celeste) (ha proprio detto accoglievole!)”. “Si può stare in compagnia, mi sa di un posto felice… con le pareti tutte colorate (ancora Sofia)”. “Compagnia, tempo, nuove conoscenze”, le parole chiave di Tommaso. E quelle di Elena sono simili: “Caldo, Gente simpatica, felicità”. Qualcuno ha già cominciato a fare il passaparola. “Io alle mie amiche della classe, che arrivano come me presto ho detto di venire qui, che è un posto bello, così possiamo stare insieme anche prima della lezione… molte vengono” (di nuovo Sofia).”

Spazi, tempi e risorse umane un po’ ridotte al momento sono i punti critici. L’aspetto più bello, invece, è quello di poter incontrare i ragazzi lì dove si trovano, così come sono, senza filtri e mediazioni; poter sperimentare la loro disponibilità a farsi incontrare, la loro curiosità rispetto a questo luogo e la fiducia ad accogliere l’invito. E questo mostra come, al contrario di quanto si pensa di solito, i ragazzi sono disponibili se uno li avvicina senza volergli vendere o dovergli imporre qualcosa. Se si è autentici e sinceri loro lo sentono e la comunicazione si apre.

Ma qual è l’aspetto evangelizzatore di questa esperienza? Per gli operatori, principalmente un’esperienza di servizio e di desiderio di ri-condividere un Bene ricevuto, convinti che in ogni ragazzo incontriamo un “pezzetto” del volto di Gesù. E’ modo di andare in una periferia esistenziale, come Francesco di chiede, per incontrare come in questi ragazzi lo Spirito agisce e, partendo da lì, aiutarli a sostenere la loro crescita restando aperti a quella presenza misteriosa, ma efficace che molte volte vediamo all’opera in loro.

E un modo anche per risvegliare la Chiesa Cesenate, fornendo la possibilità di coinvolgersi in questo circolo di bene a persone che spesso vivono una vita di fede ordinaria, ma che sentono il desiderio forte di “alzare” il tiro della loro vita spirituale; ad esempio gli operatori del servizio civile; i giovani scout e ad altri volontari di altre realtà che condividono questa esperienza come cammino di fede.

Certo, qualcuno può obiettare che lo spessore di evangelizzazione sia poco, ma di sicuro questa esperienza ha indovinato una forma e uno stile che sembrano incontrare il favore di questi ragazzi. D’altra parte, se la comunicazione non si apre, a chi si può parlare? Ammesso che evangelizzare sia essenzialmente parlare!

Ma forse l’aspetto più interessante e quello del “frattempo”, del momento fuori schema, non istituzionalizzato, e vissuto in campo neutro. Credo che la nostra pastorale dovrebbe riflettere su questo, cioè che i tempi e le forme istituzionalizzate oggi lasciano il tempo e le forme che trovano.

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