Sant’Agata in remoto, fede, devozione e folklore al tempo della pandemia

Un libro, scritto da due giornalisti catanesi, racconta come fede, devozione e religiosità popolare sono state vissute mediaticamente in questi anni difficili
17 Agosto 2022

Le feste patronali in Italia hanno un valore non solo religioso, ma anche storico sociale molto importante. Spesso in esse le diverse comunità proiettano la loro identità, così come sono state tramandate da generazione in generazione, e tramite queste particolari occasioni pongono le basi per guardare al futuro facendo perno su solide radici. La pandemia ha imposto uno stop di due anni a feste, festini e processioni. Tutte le comunità sono state chiamate ad offrire il sacrificio di rinunciare a riunirsi rimandando le tradizionali manifestazioni di fede e devozione. Come non ricordare infatti la Pasqua del 2020 con Papa Francesco solo, in preghiera, nell’immensità di piazza San Pietro deserta e silenziosa, accompagnato dalla pioggia. E se il mondo intero sembrava entrato in un tunnel buio, la fiamma della speranza ha continuato ad ardere ed alimentarsi. Anche se a distanza, tanti cuori hanno continuato a battere all’unisono nell’intimità delle proprie case, collegati magari alla propria parrocchia, alle celebrazioni religiose delle proprie città attraverso i nuovi canali di comunicazione, che hanno visto moltiplicarsi le dirette social o i segnali per essere trasmessi tramite le tv locali o tematiche.

Questo, ad esempio, è accaduto a Catania soprattutto in occasione delle celebrazioni in onore di Sant’Agata, patrona della città, di cui il 17 agosto si ricorda la Traslazione delle Reliquie da Costantinopoli. La festa della martire catanese, il 5 febbraio, ha subito in questi due anni di pandemia una profonda trasformazione in mancanza delle celebrazioni in presenza, pur rimanendo fedele a se stessa e alle sue tradizioni. Ed è stato proprio il forte desiderio di vivere i giorni di Agata al suo fianco, al cospetto delle sue reliquie, che ha animato uno spirito nuovo che, seppur a distanza, ha chiamato a raccolta in preghiera attorno alle loro tavole, famiglie e devoti idealmente uniti in un abbraccio collettivo oltre il distanziamento.

Dall’osservazione di tale nuova e necessaria modalità di vivere la Festa di Sant’Agata a Catania è nato il volume “Sant’Agata in remoto, fede, devozione e folklore al tempo della pandemia”, scritto dai giornalisti catanesi Sonia Distefano e Carmelo Aurite, edito da Akkuaria libri, con la prefazione di suor Maria Cecilia La Mela, benedettina dell’Adorazione perpetua del SS. Sacramento. Il libro che prende spunto dagli articoli degli speciali del quotidiano La Sicilia, dedicati alla Festa di Sant’Agata, proprio negli anni della pandemia, raccoglie e lega insieme tante e diverse testimonianze, dalle autorità civili e religiose, alle tante voci di devoti, che hanno continuato a dare vita e voce alla festa. Dalla lettura del libro ci si rende conto come, nella fede, anche ciò che sembrava impossibile – riuscire a stare vicini ad Agata proprio nei giorni in cui i tanti sentono il bisogno di ammirare il suo sguardo per implorare la sua intercessione o trovare conforto per superare le difficoltà – è stato non solo possibile, ma anche vissuto in maniera più intima e forse più intensa, rinnovando il legittimo desiderio e la preghiera di potersi ritrovare in presenza, tornati alla normalità, davanti la sua “cammaredda” o tra i cordoni che trainano l’argenteo fercolo tra le strade del centro storico della città.

«In questi momenti – ha dichiarato ai due giornalisti l’Arcivescovo di Catania, Mons. Luigi Renna, – anche se mancano dei segni, la nostra fede non deve venir meno. Anzi, ora la nostra fede somiglia di più a quella di Agata, testimone di Gesù Cristo in un tempo difficile. Per Lei c’era la persecuzione; per noi il tempo difficile è la pandemia, e, la fede è luce. (…) Ma la fede non è venuta meno attraverso due forme: la preghiera personale, intima, e la partecipazione all’Eucarestia. Gesù dice: “Chiudi la camera e prega il Padre tuo nel segreto, e Lui ti ascolterà”. La partecipazione all’Eucarestia possiamo viverla nelle forme idonee, nelle parrocchie. Sant’Agata ci sarà vicina».

Così le voci e le testimonianze attorno alla festa di Agata a Catania si sono moltiplicate, dando ragione a quanto anticipava nella sua intervista Mons. Giuseppe Baturi, catanese, Arcivescovo di Cagliari e oggi nuovo Segretario Generale della CEI: «Sant’Agata è un elemento forte dell’orizzonte mentale e spirituale di Catania, così come l’Etna è un elemento caratterizzante del panorama e dell’immagine della città» e «il popolo che partecipa alla festa di Agata e si reca all’altare in tutti gli altri giorni dell’anno , “sente” profondamente che la propria esistenza, anche sofferente, è accolta da Dio e trova un senso nel mistero di sofferenza, morte e resurrezione di Gesù Cristo, un mistero che nel volto della Santa si fa vicino a ciascuno». Nel volume dei due giornalisti catanesi, inoltre, è presente un’attenta analisi del mondo della comunicazione con particolare attenzione ai fenomeni che riguardano la necessità di una maggiore e capillare divulgazione di vari contenuti religiosi.

«Oggi – spiega il cardinale Gianfranco Ravasi nella sua intervista presente nel volume – viviamo in un’info-sfera di social che sono un grande strumento comunicativo. È importante che attraverso i media si celebri Sant’Agata non solo per l’esperienza religiosa, ma anche per quella umana. Tuttavia si ha bisogno degli occhi negli occhi, del contatto diretto ed immediato, soprattutto del calore che i rapporti umani rappresentano per i Paesi del Mediterraneo. Non bisogna dimenticare l’importanza della comunione». E poi continua «le TV di questo genere hanno un consenso crescente dal punto di vista ecclesiale, ma anche sociale. Le TV religiose riescono a sviluppare temi e programmi più elevati perché rispondono a un desiderio più nobile, che va ben oltre la banalità di alcuni argomenti ricostruiti in rete o offerti dalle altre TV. È opportuno ritornare ai grandi temi e valori umani».

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