Ritornare a sperare, amare e vivere

Buone storie di vicinanza e accoglienza nel tempo della pandemia...
21 Ottobre 2021

Abbiamo bisogno di buone notizie… Sì, dopo un anno e mezzo di pandemia abbiamo proprio bisogno di buone notizie.

Non ho scritto nulla in questo periodo, come se il tempo passato, così difficile, a tratti drammatico, intenso insomma, avesse avuto bisogno essere vissuto e basta, senza spreco di parole… solo dopo averlo passato si sarebbe potuto iniziare a “rileggerlo e a dirlo”.

Come essere umano in primo luogo, e come psicologa ed operatrice nelle scuole in secondo, ho toccato con mano in questo tempo tutta la fragilità della vita: prima di tutto in me stessa, poi nelle relazioni con le persone a me più care ed anche con cerchie sempre più larghe.
Paura di ammalarsi, abbracci non dati, mascherine, occasioni perdute di ritrovo con le persone abituali, assetti che si sono rotti, equilibri perduti e da ricomporre…
Ma la sete dell’uomo di sperare, amare e vivere non ha mai smesso di esserci.

Da anni mi appassiona (non senza errori e cadute) “sporcarmi le mani” con la sofferenza delle persone, incontrandole, ascoltandole, percorrendo con loro tratti di strada più o meno lunghi, fosse solo per un incontro di formazione, o per anni di terapia, oppure per uno scambio umano che scalda  il cuore.
Da anni opero a contatto o all’interno di contesti pubblici e privati, vedendone le rispettive criticità e i punti di forza: le lunghe liste di attesa del pubblico per avere percorsi di valutazione, diagnosi, sostegno e supporto psicologico tanto per i bambini nelle scuole, quanto per gli adulti in percorsi personali, di coppia e familiari, ma al tempo stesso la grande accessibilità rivolta a tutti; per il privato la professionalità e la celerità delle prese in carico, ma al tempo stesso l’inaccessibilità spesso dovuta alle tariffe eccessivamente alte ed insostenibili per le persone.

Ma testimonio che di buone realtà ne esistono.
Da qualche anno collaboro con un consultorio decanale di Busto Arsizio, accreditato dalla Regione, nel quale lavoro a servizio delle scuole per i percorsi di affettività e sessualità, per i corsi di preparazione al matrimonio e da più recentemente collaboro anche con un  Consultorio privato, voluto anni fa da un vescovo, a Vercelli, gestito e reso vivo da alcune consacrate di una fraternità religiosa, per lo più psicoterapeute, assistenti sociali, educatrici,etc che si mettono a servizio delle richieste ed i bisogni del territorio.
Colpisce in entrambe queste realtà, seppur con specifiche diverse, la competenza delle persone che ci lavorano, la passione per l’umano, la condivisione di una visione antropologica ed anche di fede… senza ostentazioni, ma con testimonianza di vita: in entrambi i consultori le tariffe sono molto contenute e per questo sostenibili dalle persone che ricercano un aiuto, e chi lavora è disposto non solo a ricevere chi va da loro, ma è disposta ad essere “in uscita”, verso quei luoghi o quei contesti nei quali le persone vivono, crescono, si incontrano (nelle aule di scuola, nelle sale delle parrocchie, etc.).

Ma non solo i consultori, anche le cooperative che si occupano di ragazzi e di famiglie ed in cui operano pedagogisti, educatori, di grande spessore umano; scuole materne nelle quali i volontari  offrono il loro contributo a servizio dei più piccoli spendendo il loro tempo libero se pensionati o ritagliandosi degli spazi di gratutità in giovani persone con una vita lavoativa già magari intensa;  oppure singoli professionisti (psicologi, medici, etc. ) che scelgono di dedicare ” la decima” della loro settimana ad ascoltare o aiutare grautitamente per qualche ora persone che non potrebbero pagare uno specialista oppure che hanno bisogno di quell’accoglienza iniziale per orientarsi poi all’interno del complesso mondo delle reti di aiuto.

Queste “reti” sono quelle che hanno aiutato Angelica che stava ormai sempre rinchiusa in camera sua e che iniziava a dimagrire a trovare chi credesse in lei, ai suoi disagi personali e familiari e ricominciasse a uscire di casa;  sono quelle che hanno aiutato Giulio a decidersi di farsi aiutare nel trovare un lavoro protetto dopo un lungo percorso di supporto psicologico a causa delle allucinazioni; sono quelle che hanno aiutato Silvia ad affrontare le cure per una grave malattia; quelle che hanno aiutato molte coppie a decidere di sposarsi pur nello smarrimento dei lockdown; quelle che hanno aiutato bambini che di notte urlavano per paura che i genitori si ammalassero; anche quelle che hanno portato una carezza al giovane Carlo, che in un letto di ospedale, già colpito da una malattia degenerativa, aveva bisogno di un calore umano per svegliarsi dal coma…

Se la sofferenza ha abbondato e se ci siamo sentiti soli, è altrettanto vero che forme di vicinanza, e direi di fratellanza ci sono…
Viviamoci come pescatori che hanno intorno a loro “reti” che possono essere prese e “gettate in mare” per “raccogliere vita a larghe mani”.

Una risposta a “Ritornare a sperare, amare e vivere”

  1. BUTTIGLIONE PIETRO ha detto:

    Che Dio ti/vi benedica!!
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    pit
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