Riaprire le porte delle chiese

In un tempo in cui i sacerdoti vanno diminuendo e in cui da decenni si parla di «corresponsabilità» dei laici, quale passaggio simbolico ma reale sarebbe distribuire le chiavi della chiesa a un numero maggiore di fedeli?
3 Settembre 2019

Quest’estate sono stato in tre regioni italiane: una al Sud (Sicilia), una al centro (Umbria) e una al Nord-Est (Friuli).
In tutti e tre i casi mi è capitato di cercare, durante un giorno feriale, una chiesa aperta: un po’ per desiderio di pregare, un po’ perché mi piace visitare la chiesa di un paese in cui passo, avendo un poco di tempo. E spesso mi soffermo a guardare anche la bacheca di una comunità, per capire che iniziative si fanno, su cosa si punta, come è portata avanti la testimonianza cristiana nei vari contesti.

Bene: eccezion fatta per Assisi e altri luoghi della spiritualità francescana (Assisi è veramente ‘un mondo a sé’), delle varie cattedrali e chiese scrigno di arte, spesso luoghi di attrazione per turisti (e non raramente a pagamento), e delle chiese in alcune località di mare che, in occasione di qualche festa, erano aperte e ben illuminate, ho sempre trovato chiusa la porta della chiesa. Chiusa a metà mattina, chiusa a metà pomeriggio, chiusa la sera. Laddove non c’è la Messa, la chiesa era chiusa. E in molti piccoli paesi la Messa è solo domenicale, per ragioni di numero dei sacerdoti.
Il 6 agosto ho poi sperimentato anche la fallacia comunicativa delle nostre comunità. Volevo partecipare alla Messa della Trasfigurazione, ero in diocesi di Udine. I siti web di ben tre parrocchie prevedevano delle Messe nel tardo pomeriggio: 18, 18.30, 19. Peccato che ogni volta mi sia trovato la chiesa chiusa. Chiedendo a qualche passante, la risposta è stata: il parroco è in ferie, la Messa non c’è.
Non metto in discussione il diritto legittimo dei sacerdoti di godere di un periodo di riposo: quello che mi lascia perplesso è perché non si proceda a un aggiornamento frequente dei siti delle parrocchie. Sappiamo bene quanto oggi le persone vivono in Internet: perché non curare meglio questo canale comunicativo?

Avanzo una proposta: in un tempo in cui i sacerdoti vanno diminuendo e in cui da decenni si parla di «corresponsabilità» dei laici, quale passaggio simbolico ma reale sarebbe distribuire le chiavi della chiesa a un numero maggiore di fedeli, evitando che siano solo dominio del parroco, del sacrestano e forse delle volontarie e dei volontari della pulizie? Si potrebbe pensare di fare dei turni di apertura e chiusura della Chiesa, affidare un giorno a ogni famiglia? Probabilmente abbiamo una trentina di famiglie in ogni comunità, o anche meno, da coinvolgere e responsabilizzare in questo semplice compito: tenere aperta la chiesa, renderla accessibile a tutti. Sarebbe un gesto dal grande significato.

Oso di più: in un contesto italiano sempre più post-industriale, gli orari devono necessariamente slegarsi dall’orologio agricolo. È un questione su cui si ragiona da tempo, anche sulla scorta di Evangelii Gaudium («Sogno una scelta missionaria capace di trasformare ogni cosa, perché le consuetudini, gli stili, gli orari, il linguaggio e ogni struttura ecclesiale, diventino un canale adeguato per l’evangelizzazione del mondo attuale, più che per l’autopreservazione», 27). Ci sono iniziative meritevoli, ma estemporanee, come le “Notti bianche delle Chiese”. Perché invece non pensare, almeno un paio di giorni alla settimana, a tenere aperte le Chiese fino alle 22? E magari seguire, laddove il sacerdote sia presente, la prassi di una Messa feriale successiva all’orario di cena? Magari alle 21, o 21.30?

Ho avanzato questa proposta a qualche prete; la risposta è stata: “tanto la gente non viene comunque”. Può essere. Ma noi, come comunità, non frapponiamo anche ostacoli di ordine pratico e concreto al fine di rendere più ‘fruibile’, più ‘facile’ la partecipazione alla liturgia, alla preghiera?

Da ultimo: e se almeno una volta alla settimana, di sera, ci fosse una ‘messa del silenzio’? L’uomo oggi sente tante parole, ogni giorno. Ma una celebrazione eucaristica serale in cui si senta solo la Parola di Dio, senza introduzioni, omelie, commenti vari e avvisi, quanto sarebbe utile? Un momento in cui si faccia silenzio per porgere orecchio all’essenziale, non gioverebbe a molti?
È forse un’immagine romantica: ma pensare a chiese aperte di sera dove qualche giovane, qualche adulto, qualche anziano possano sostare in preghiera, possano ascoltare la Parola e nutrirsi dell’Eucarestia… mi dà speranza.

Inizia il nuovo anno pastorale: sarebbe bello che le comunità si interrogassero sui propri orari, su come rendere agevole ai fedeli la preghiera e la liturgia. E su come sia necessario ‘passare le chiavi’: temo che questo, in fin dei conti, costi più di tutto.

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