Quanto viviamo la tentazione di tornare indietro…

Dialogando con i gesuiti slovacchi, Francesco ha parlato della tentazione e dell'ideologia del "tornare indietro". Dobbiamo forse ammettere che è una tentazione che vivono il singolo fedele, le comunità, la Chiesa tutta...
27 Settembre 2021

Durante il viaggio in Slovacchia, papa Francesco ha incontrato i gesuiti del paese, a Bratislava. Come sempre accade, padre Spadaro ha dato un resoconto del dialogo tra il pontefice e i confratelli, edito nella sua interezza su Civiltà Cattolica. Il discorso – che ha fatto un poco di scalpore riguardo al riferimento ad alcuni prelati che “preparavano il conclave” – è in realtà uno dei più belli di quelli tenuti dal Papa nell’ultimo periodo.
Sono parole informali, nate da un confronto in un clima di serenità e amicizia, ma c’è un punto su cui mi piace ritornare perché credo tocchi sia la vita della Chiesa, sia delle singole comunità, sia dei singoli fedeli e riguarda quello che Bergoglio definisce la «tentazione di tornare indietro», definendo tale tentazione «una ideologia che colonizza le menti». Basta avere sott’occhio, anche distrattamente, certe cronache ecclesiali per renderci conto davvero come serpeggi questo fenomeno del voler guardare al passato, del voler riportare indietro le lancette dell’orologio. E da buon maestro spirituale il Papa coglie bene l’origine della tentazione, che è nella paura, la paura della libertà, diventando di fatto una paura della vita: «La vita ci fa paura. Ripeto una cosa che ho detto già al gruppo ecumenico che ho incontrato qui prima di voi: la libertà ci fa paura».
Paura della vita, paura della libertà, perché procedere significa abbandonare antiche certezze che forse ci hanno educato e aiutato, ma che poi, con il proseguire nella sequela, diventano meno adatte a un’esistenza cristiana nel contesto in cui siamo. Essere liberi ha un costo, ma è il costo che serve per diventare adulti: lo sanno bene gli adolescenti.

Davvero, voltarsi verso il passato è la tentazione che vive sempre il singolo di fronte a scelte e cambiamenti: guardare indietro, rimpiangere uno ieri sempre idealizzato, sempre bello, e quindi astratto, di fronte alle incertezze del futuro; timore di abbandonare ciò che siamo per abbracciare ciò che potremo essere; avvertire il peso della libertà che domanda responsabilità personali e non ripetizioni di parole e gesti di altri. Perché il presente è complesso, mette in discussione, domanda coraggio e rischio, mette in crisi ciò che ritenevamo assoluto e che invece si è dimostrato parziale. Di fonte al presente, e ancor di più avanzando nel futuro, sentiamo smarrimento. Torniamo al passato, dice Francesco, «per cercare sicurezze», perché vorremmo forse un’immobilità che contrasta con le leggi del tempo e dello Spirito.

Questa è una tentazione del singolo credente, ma, soprattutto, è tentazione delle comunità: dipingere affreschi nostalgici e rimpiangere il tempo in cui tutti erano a Messa (ma era poi così?), tutti credevano, tutto il contesto era cattolico (ripeto: era davvero così, in realtà?). Non lasciare, non abbandonare ciò che ormai è di peso, tra strutture, riti, devozioni, incarichi, compiti; non scegliere nuove strade di formazione, di preghiera, di servizio; non sentire il coraggio di nuove vie, magari riproponendo sempre schemi anche di lettura buoni forse 30 anni fa: sono tensioni che percorrono i nostri giorni… E lo stesso accade, a scala maggiore, nella Chiesa occidentale (il papa per primo lo ammette), che vive la secolarizzazione. Quasi bastasse una Messa in latino in più per incontrare Dio nel XXI secolo (significativo l’aneddoto dei due giovani preti che chiedono di celebrare in latino non conoscendo l’ispanico di molti loro fedeli…); quasi bastasse una condanna in più per sentirci rassicurati e nel ‘giusto’; quasi bastasse una formula in più per abitare il presente. Chi lavora con i giovani sa quanto ormai non funzionino più schemi e ricette già molto in crisi a cavallo del secolo.

Quindi? Costruire il ridotto ipercattolico (già una contraddizione in termini) o spingerci avanti: magari superando le parole d’ordine che diventano etichette onnicomprensive, come “Chiesa in uscita”, che si applica ormai a tutto, anche alla processione con il santo che si faceva negli anni’50, alla catechesi per i bambini uguale da decenni, o al prete che raccoglie le intenzioni quotidiane per le messe sui social… Se ogni comunità avesse almeno il coraggio di ammettere: sì, abbiamo paura, siamo smarriti…. da lì, dalla realtà, può partire almeno un pensiero e un’azione, sebbene accidentati, di nuovo annuncio… magari scoprendo ciò che lo Spirito già sta compiendo ‘fuori’…
Ma noi dove stiamo guardando, nella nostra vita, nelle vite delle nostre comunità?

 

8 risposte a “Quanto viviamo la tentazione di tornare indietro…”

  1. Carmela Pizzonia ha detto:

    Ho letto l’articolo..
    Dal filo che lo percorre, quello della libertà mi pare, mi sorge il rimando alla profezia,
    a quella ‘semplice-semplice’, a quella del ‘qui ed ora’ dei ‘comuni mortali’,
    che perché tali non hanno paura di fare proiezioni, di mostrarsi preveggenti, coraggiosi e irradianti luce e cammini nuovi.
    Il loro esserci ed agire, dà alla parola nostalgia la sua più profonda e bella e costitutiva significanza, fino alla ‘nostalghia’ del Signore Dio che ci vuole davvero ‘un noi’.
    Sembrerebbe scritto per loro il versetto del salmo 83
    “Cresce lungo il cammino il suo vigore, finché compare davanti a Dio in Sion”.
    Che sia un pochetto così anche per noi.
    Grazie.. Anche per il rimando a leggere le parole di papa Francesco direttamente alla fonte.

  2. Carmela Pizzonia ha detto:

    Scrivo solo dopo aver letto solo il titolo .. Mi riservo la lettura dell’intero articolo poi..
    Se il desiderio di tornare indietro è ‘ricerca’ di un passato da ‘lasciare’ (oggi 4 ott cf ad es Francesco d’Assisi) perchè consideratoeffimero, non bastante a una vita autentica, ciò può essere un ‘peccato’ (un fallimento, inteso anche a prescindere dalla fede).
    Se il desiderio di tornare indietro è un desiderio di ritorno a ciò che è ‘originario’, come trovasi nel profondo del cuore umano e in particolare come uscito dal soffio di Dio e dal suo Spirito, ciò è benedetto e potrà chiamarsi a buon diritto “nostalghia”. Perchè un tale desiderio, struggente, avvia e sostiene un cammino operoso..

  3. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Gesù Cristo, ha insegnato e a quella gente che incontrava, che aveva davanti e lo seguivano si esprimeva con quei riferimenti che erano da loro vissuti. Le Parabole possono anche a certuni apparire storie del passato, se non si coglie il “messaggio” che esse contengono, tanto è vero che neanche a quegli uomini il messaggio giungeva alle loro intelligenze, e Cristo deluso o spazientito, attribuiva tanto non capire, era per il loro cuore indurito.. E’ forse oggi per lo stesso motivo, che a taluni le Parabole, appaiono solo storie, il cui messaggio non viene colto ? Si va sulla luna, ma c’è chi ha fame di pane e sete di giustizia, il povero, il malato e tutte i personaggi delle Parabole sono anche oggi con una differenza, abbiamo conosciuto Cristo e prendiamo le distanze dai suoi insegnamenti., esempio, non si riesce a debellare il virus che tanto danno fa in tutto il mondo, non per non avere il rimedio chimico, ma per essere “duri di cuore”. Davvero merita meditare la Parola.

  4. BUTTIGLIONE PIETRO ha detto:

    Mia zia, lombarda, diceva:
    ‘Ghe sem no!’
    1) tutto intorno è cambiato e cambia sempre più vorticosamente, come lo stesso Universo.
    2) qs cambiamenti ci hanno emarginati.
    Perché siamo stati fermi, anzi retro.. vedi Humanae vitae..
    2) scusate il termine ma solo uno stupido non capisce che questa è la causa prima che ci ha ridotti al lumicino.
    3) se aprite la visuale su quella che chiamano ‘evoluzione’, scoprite che qs è una LEGGE del bios, chi non si adegua ai cambiamenti MUORE!
    CONCLUDO: Sapete cosa vuole dire la vs renitenza? Semplice, anzi banale!
    Vuol dire che voi non credete che il messaggio di nostro Signore Gesù Cristo, che il suo Nome sia sempre benedetto, non è adatto/non parla anzi non dice niente a qs mondo cambiato.
    Signori: mancate di quella che si chiama Fede. E sapete xchè?? Troppo pieni di voi stessi, del vs costituito, dei vs Catechismo, autoreferenziali=pezze sugli occhi.

  5. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Il guardare al passato per trarre sicurezza e come ammettere di essere sfiduciati, di non sapere perché faticare, in sostanza, meglio un ripetere vuote litanie e dare così la colpa a Dio di non aver ascoltato, o di non esistere. Succede quando non si sopporta più di portare un peso, e la “speranza”, è diventata illusione.Ma la cosa peggiore, e indurre altri in tale stato di convinzione, e lasciarsi avvolgere da una inerzia nei confronti della vita. Da ciò si comprende quanto la natura umana si dimostri debole e il bisogno dello Spirito che la vivifichi. Mi viene di pensare che soltanto avendo fede in un Dio sorgente di vita si può ritrovare il coraggio carente,non ripetendo passi già fatti da altri, ma considerando quello che altri hanno tratto dal medesimo Spirito. Solo, Il coraggio ci muove a provare l’amore, quale strumento efficace, ed ecco una via nuova può aprirsi, la vita riprende

  6. Gian Piero Del Bono ha detto:

    Direi che tornare indietro e’l’unica scelta sensata quando ci si accorge di aver imboccato una strada sbagliata che ci porta nella direzione sbagliata invece che quella giusta. Esistono i nostalgici del passato certo, ma esistono anche gli ostinati che non sanno ammettere i propri errori e persistono ad “andare avanti” anche se ormai e’palese il fallimento delle loro scelte. Andiamo pure avanti all’infinito, ma il semplice andare avanti non significa nulla .C’e’una buona parte di ideologia anche nel mito del Progresso e nella convinzione di essere migliori di chi ci ha preceduto. Invece di fare tesoro del passato il progressista ideologico butta via il passato convinto delle “magnifiche sorti e progressive”che ci aspettano nel futuro. Il Leopardi aveva gia’sbeffeggiato tali ottusi.

    • Emanuela Sangaletti ha detto:

      Mi potrebbe fare degli esempi concreti sulla prima parte del suo commento, cioè esempi di “imbocco di strade che portano nella direzione sbagliata invece che quella giusta”, dove si registra “l’ostinazione ad andare avanti senza ammettere i propri errori”, quali sono le scelte di cui lei vede un “palese fallimento”? Se abbiamo bisogno di maggiore consapevolezza e contatto con la realtà (una tra le provocazioni che raccolgo dall’articolo), un modo per aiutarci è anche questo. La ringrazio.

  7. Paola Buscicchio ha detto:

    L’attimo presente è il solo tempo che ci appartiene mentre il passato è già stato vissuto con tutte le sue contraddizioni ed il futuro è gravido di promesse.
    Di questo presente dobbiamo rendere conto se lo stiamo spendendo bene.
    Guardare troppo indietro ci fa diventare nostalgici e troppo avanti poco concreti.
    La Chiesa tutta è sostanzialmente ferma al passato perchè è l’unico che conosce senza cercare i semi del presente che dovranno fiorire nel futuro.

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