Per Franca, (piccola) apostola della carità

In ricordo di una grande vita ordinaria radicata in Cristo, spesa nel Vangelo e nel bene silenzioso
27 Giugno 2022

Quando muore una persona che ha seminato molto nella nostra vita, che ha gettato semi di umanità e di vangelo, che ha contribuito a quello che siamo diventati nel bene, sentiamo non solo il dolore, ma anche la profonda gratitudine per aver incontrato questa persona, per aver camminato con lei, per aver potuto godere del suo affetto. E la riconoscenza si unisce alla sofferenza, rendendola più lieve.

Così è capitato a me, in questi giorni, perché all’alba del 25 giugno si è spenta Franca Cattorini, una donna poco nota alla Storia, ma per me, e per chi come me ha avuto il dono di esserle amico, un volto e una vita che ha intrecciato la nostra storia, richiamandomi a un’espressione di Papa Francesco, ossia quella della «santità della porta accanto», cioè di «quelli che vivono vicino a noi e sono un riflesso della presenza di Dio».

Ecco, Franca è stata per i molti che l’hanno incontrata un vero «riflesso della presenza di Dio». Laica consacrata nelle Piccole Apostole della carità, istituto secolare fondato dal beato Luigi Monza, Franca ha seguito nel quotidiano squadernarsi dei giorni il carisma della sua comunità, ossia quello di vivere “secondo la carità dei primi cristiani”, costruendo con discrezione, ma con convinzione, quella “civiltà dell’amore” che gli Atti degli Apostoli pongono come icona dei discepoli delle origini. In questa scelta vocazionale, che era scelta profondamente sentita, Franca ha tracciato e percorso il suo cammino, nei luoghi che la Provvidenza le aveva affidato. Così animava con la carità il suo farsi accanto ai bambini disabili e alle loro famiglie nell’istituto La Nostra Famiglia, nelle varie sedi (dalla Lombardia al Friuli Venezia Giulia, al Sud Sudan) in cui era stata mandata.

Ma questa era una sola delle declinazioni del suo impegno, poiché ovunque è stata, Franca ha sempre avuto a cuore, come suo talento personale coltivato con docilità, l’educazione dei bambini e degli adolescenti: una sua vera passione era la catechesi, dall’iniziazione cristiana ai più grandi, una catechesi che, intuiva da sempre, doveva essere vero accompagnamento, doveva essere un ‘prendersi a cuore’ chi le era affidato, oltre gli orari e i luoghi ‘deputati’, perché la testimonianza cristiana non ha confini: l’oratorio, la parrocchia, il pub, il bar, l’escursione in montagna, ovunque era occasione per educare a una vita piena, libera, cristianamente fondata. Aveva una grande fede, e questa fede non era primariamente ‘comunicata’, ma profondamente vissuta, e quindi trasmessa con discrezione: così sapeva accogliere e ascoltare, guidare e collaborare, affascinare e coinvolgere, vedendo il sorgere, anche per merito suo, di vocazioni sacerdotali e alla vita consacrata, alla vita familiare e alla missione. A me, negli anni un po’ ‘frizzanti’ dell’adolescenza, aveva sempre aperto un salottino, dove con alcuni amici salivano alla sera per parlare, per confrontarci, per condividere ciò che ci era faticoso, anche nella vita di fede. E là Franca, spesso con qualche consorella, con un caffè, con dei biscotti, pur nella stanchezza delle ore notturne, dava accoglienza, con ironia e simpatia, indicava ciò che per lei era importante, rassicurava e rasserenava, dava importanza e non minimizzava. Era l’ascolto e l’accompagnamento divenuto amicizia, divenuto stima e affetto, divenuto bene gratuito. Non ricordo più le parole di quegli incontri, ma ricordo lo stile, ricordo che c’era un posto dove ero atteso, dove, con altri, c’era attenzione, c’era bontà, c’era lealtà. Poi, quando anni dopo divenni suo ‘compagno’ nella catechesi degli adolescenti, Franca seppe davvero condividere, dando spazio e fiducia, sostegno e libertà. È ciò che un vero educatore deve fare: permettere all’altro di essere se stesso, portando a maturazione i doni che egli ha. E così, ugualmente, si interessava della vita civile e amministrativa, perché era convinta che la politica fosse un campo privilegiato di testimonianza e di impegno cristiano; per questo, Franca era capace di una vibrante indignazione, quando vedeva che il bene comune era calpestato e vilipeso.

Da donna, da cristiana, da laica consacrata, era il mondo intero, senza distinzioni, il terreno su cui operare, secondo quanto scriveva don Luigi Monza: «Come non è concepibile un cristiano senza amore, così non è concepibile un cristiano senza l’espansione della sua carità, che deve abbracciare il mondo», perché, ovunque si è, deve esserci sempre la certezza che «Tutta la terra è il nostro posto». E il mondo Franca lo aveva davvero abbracciato, nei dieci anni che aveva trascorso in Sud Sudan, nella città di Juba, dove il suo spirito missionario aveva maturato frutti di carità, in una situazione di profonda difficoltà, in un paese martoriato da una lunghissima guerra civile, faticando a costruire una pace equa. Anche in quel caso, si spendeva nel servizio ai disabili e nella passione per la Chiesa locale, una Chiesa africana che portava nel cuore: ricordo che l’ultima volta che l’avevo incontrata, pochi mesi fa, già gravemente malata, avevamo parlato della Chiesa del Sud Sudan, della sua gioia per la nomina episcopale di Christian Carlassare, e delle speranze per la Chiesa universale, per cui nutriva una grande fedeltà, un grande amore e per questo anche avvertiva la necessità che essa fosse capace di parlare all’umanità facendosi capire.

Franca aveva intuito l’importanza di dedicarsi anche a un altro gruppo di persone segnate dalla sofferenza, ossia le vedove: infatti, aveva scelto di accompagnare un gruppo di donne che avevano perso il marito, con il nome della cittadina di Zarepta, dove il profeta Elia trovò ospitalità proprio presso una vedova. Anche in questo caso, Franca si era fatta compagna, si era fatta presenza del volto di Dio, testimone della sua cura anche nel momento del dolore.

Franca aveva una vera passione per l’umanità, che era passione per il Vangelo: dietro l’impegno, c’erano la preghiera, la contemplazione, la confidenza con Gesù, perché, diceva don Luigi Monza, «Come non si può dare agli altri ciò che non si ha, così tanto più non si può portare Cristo se non lo si possiede. Andate a Lui per vivere continuamente non “per Lui” ma “in Lui”». E in Lui Franca viveva e voleva vivere: sempre in quell’ultimo nostro incontro, condivideva la gioia perché al pomeriggio poteva partecipare alla Messa nella casa in cui abitava, non essendole più possibile uscire per la celebrazione.

Essere «radicati e fondati in Cristo, saldi nella fede» (Col 2,7), anche nel momento della malattia: è stata l’ultima testimonianza di Franca, nei lunghi mesi in cui la salute è venuta meno, consumandola e provandola, nella coscienza che il tempo terreno si stava inesorabilmente chiudendo, nonostante i 59 anni, la voglia di vivere («ho la determinazione a non lasciarmi andare» mi scriveva a Pentecoste), la letizia e il sorriso, il suo vedere continuamente il ‘bello’ (quante volte ha detto ai bambini, ai ragazzi, ai giovani: “che belli che siete!”). Ma anche in quei momenti, sempre c’era la domanda per l’altro: «come stai?”, “Come va il lavoro?”, “Come sta la famiglia?”, “Come va la parrocchia?”.
Aveva fatto sue, ne sono convinto, perché lo trasmetteva, le parole che don Luigi Monza aveva indirizzato alle Piccole Apostole: «Non crediamo che il Signore pretenda cose grandi da noi. Egli si accontenta della buona intenzione e della buona volontà soprattutto nelle cose piccole e nascoste. La santità non consiste nel fare cose straordinarie, ma nel fare straordinariamente bene le cose ordinarie. Tutto quello che è piccolo, Lui lo fa grande, perché Lui è amore».

Di questi ‘piccoli’, di queste vite nascoste è intessuto il Regno dei cieli ed è nutrito il nostro cammino: «Quali siano le anime che dobbiamo ringraziare per gli avvenimenti decisivi della nostra vita personale, è qualcosa che sapremo soltanto nel giorno in cui tutto ciò che è nascosto sarà svelato» (Edith Stein). Ma già ora sentiamo quanto vale il bene gratuito che ha intrecciato le nostre vite.

Così è accaduto a me, e a molti, con Franca Cattorini.

4 risposte a “Per Franca, (piccola) apostola della carità”

  1. Fernando Madaschi ha detto:

    Grazie Sergio per la tua bellissima testimonianza. Non conoscevo Franca, ma le tue parole me l’ hanno fatta sentiré cosi vicina e viva. É di queste donne del vangelo che il mondo oggi ha bisogno.
    Grazie Sergio e grazie Franca. Dal Cielo continua a sorriderci e siutaci ad essere testimonio coraggiosi del vangelo e costruttori del Regno.

  2. Vezio Zaffaroni ha detto:

    Caro Sergio, da queste profonde parole emerge la grande stima e amicizia che ti legava a Franca e mettono in risalto la sua spiritualità, il suo “modus operandi” esattamente come la ricordo e come l’ho conosciuta io apprezzandone le qualità umane e spirituali.

  3. Maria Luisa Saligari ha detto:

    Grazie Sergio che ci hai ricordato Franca come in tanti l’abbiamo conosciuta, apprezzata e amata.

  4. MARIA ANGELA CASARI ha detto:

    Grazie carissimo Sergio per quello che hai scritto!!!! Non ho altre parole!!!!
    Buon cammino Mariangela

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