Parrocchia oggi: due piccole proposte concrete

Per trovare e ritrovare Gesù, la parrocchia è ancora valida? Proviamo a fare due passi concreti: chiudere la parrocchia un giorno per incontrare le persone e celebrare una sola messa domenicale
20 Gennaio 2025

In questi giorni, in cui siamo entrati nel grande Giubileo della Speranza, mi sto interrogando su quali siano il significato e la grazia da chiedere per questo tempo… ho un sogno nel cassetto, cioè che l’anno di grazia giubilare ci faccia andare avanti con la riforma della Chiesa, in particolare con il cambiamento nelle e delle parrocchie. In tanti ambienti vediamo come il “vecchio” vada trasformato, ma si fa fatica a sognare e soprattutto a realizzare il nuovo. Ci fermiamo spesso solo a delle analisi. Mi aiutano a riflettere alcuni articoli pubblicati su “VinoNuovo”, in particolare “Parrocchia: la territorialità (forse) non è più una virtù”, “Se l’esaurimento delle parrocchie fosse provvidenziale?” scritti da Sergio Di Benedetto, e “Gesù ti guarda…Ma davvero dobbiamo andare d’accordo con tutti?” di Paola Springhetti.
Inoltre sono stato colpito in positivo da due passaggi dell’omelia del Vescovo Antonio Napolioni (Cremona) in occasione dell’apertura del Giubileo il 29 dicembre. Li riporto e poi offro alcune piste:

  1. dopo aver lodato la Chiesa cremonese per la sua operosità, il Vescovo ha posto l’attenzione sul «rischio di una Chiesa troppo preoccupata delle sue cose, delle sue attività e poco felice, [poco] attenta, [poco] custode gioiosa nella relazione con il Signore»;
  2. «c’ho una tentazione, questa volta cedo, magari un giorno alla settimana chiudessimo tutte le parrocchie e tutti gli oratori e andassimo tutti a bussare alle porte delle case, solo per chiedere “come stai?”, meno presi dal nostro attendere e più curiosi di tendere le nostre mani in ascolto».

Una premessa: il rischio di non prendere questi passaggi sul serio c’è, derubricando tutto a battuta, ritenendo che tutto vada bene così, volendo fermarsi al “si è sempre fatto così” e all’attivismo senza senso.
Ma prendiamoli sul serio:

  1. il Giubileo può darci un orizzonte: qual è l’essenziale, qual è la finalità del nostro essere Chiesa? Trovare e ritrovare Gesù, essere attenti e custodi gioiosi della relazione con Gesù e con gli altri uomini e donne che sono fratelli e sorelle;
  2. per questa finalità, la parrocchia così come è oggi, sostanzialmente tridentina, è ancora valida? Serve questo supermercato di servizi religiosi e non (=parrocchie e oratori)? La parrocchia non è troppo “pro loco”? Il Vescovo lancia una proposta: un giorno alla settimana chiudere le nostre parrocchie e gli oratori. Questa proposta è una tentazione o una semplice battuta o nasconde una verità, cioè che nel vortice attivista nella parrocchia, nelle varie richieste di servizi, un po’ stile ipermercato, si perde di vista l’orizzonte di incontrare gli altri per il gusto di stare insieme, per voler condividere la fede, per risvegliare in noi la sete di Gesù?

Arrivo a due proposte concrete:

  1. proviamo per davvero almeno per un anno, forse meglio due, a chiudere le nostre parrocchie e i nostri oratori e a sospendere ogni attività un giorno a settimana, togliendo anche le Messe feriali; non per prenderci un giorno libero, ma perché tutti i membri della comunità, volontari, frequentatori della Messa feriale e dell’oratorio, ministri, famiglie, … si adoperino a gustare il bello dell’incontrare gli altri, dell’andare a trovare un vicino che non si conosce bene, i nostri malati, del godere la compagnia delle proprie famiglie, del leggere o del pregare.
  2. vivere diversamente la domenica, celebrando un’unica Messa festiva parrocchiale e una al sabato sera e fermarsi in oratorio dopo queste celebrazioni e non appesantire questo giorno con altro (salvo magari qualche incontro diocesano); altrimenti la domenica perde il suo significato! Il giorno del Signore può così diventare giorno di grazia perché sia di incontro e di relazioni profonde per i Cristiani.

13 risposte a “Parrocchia oggi: due piccole proposte concrete”

  1. adriano Bregolin ha detto:

    chi l’ha proposto in realtà non ha fatto nè l’una nè l’altra cosa

  2. Enrico Quarneti ha detto:

    Non c’è bisogno di chiudere le chiese sono già chiuse e molte di quelle poche aperte sono a pagamento. Abbiamo perso l’occasione del COVID per tenere chiuse le chiese e cominciare a fare sul serio: una seria riflessione sulla povertà della chiesa, poi sulla politica dei vescovi che sempre tacciono difronte alle ingiustizie e all’odio imperante contro i migranti. È l’ora di una riforma di mentalità nella chiesa dove tutti siamo uguali e liberi. Siamo troppo clericali anche noi laici e poi senza mai uno spirito critico dei nostri peccati. Ci sono scheletri negli armadi dei vescovi che appesantiscono e che ogni tanto qualcuno salta fuori per sbaglio o per coraggio non saprei dire.

    • William Dalé ha detto:

      Sottolineo un punto centrale del suo commento, per il quale la ringrazio: il periodo terribile della pandemia sarebbe potuto diventare “occasione” per un ritorno all’essenziale del Vangelo da parte della Chiesa. In verità, qualcosa si sta muovendo e ci sono venti di Riforma, ma questo cammino ha bisogno ancora di tempo.

  3. Pietro Buttiglione ha detto:

    Quando leggo che Gesù lo si incontra nell’Ostia e non nel Prossimo….
    Che la Missione non contribuisce a costruire la casa del Signore…
    Quando leggo che non dovremmo fare nulla per avvicinare a Gesù il nostro vicino…
    Tanto ci pensa Lui a miliardi di cuori…
    Da critico vs certi post-teisti e trans-teisti e panenteisti…
    Divento il primo a chiedere cambiamenti urgenti ed anche più rivoluzionari..
    Fate presto!! Sono cento anni che li aspettiamo…

    • Maria Crasso ha detto:

      Puoi fare tutti i cambiamenti che vuoi ma Totò ripeteva in un film: “Non cambia niente cara!”
      E il santo Wojtyla diceva: “La verità non muore” Torna a galla come l’olio e vanifica tutti i nostri disonesti pruriti di novità (san Paolo).
      Il povero non è Gesù, nessuna confusione, va amato non adorato.
      Chiesero a Gesù: “Maestro qual è il comandamento più importante?
      -Il primo comandamento è di
      amare Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutte le forze.
      Il secondo, simile al primo, è di amare il prossimo come se stessi”
      Se si rispetta il cane per la faccia del padrone non significa che il cane e il padrone sono la stessa cosa come ci vogliono fare credere certi innovatori.

  4. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Nelle Parabole Gesù era cercato, attirava stare ad ascoltarlo perché le cose che diceva interessavano, anche agli Scribi e Farisei. Folle lo seguivano perché operava miracoli, tutto quanto era in suo potere lo elargiva per arrivare al cuore della persona educandola e indirizzandola a quanto in bene la sua vita poteva aspirare. Ma oggi, come mai non è più così? A messa l’Officiante non si aspetta risposta, il canto e forzatura, mancanza di voglia e di voce?Per avere l’organista bisogna almeno compensarlo! Domandarsi Perché le omelie non sembrano suscitare attenzione? Eppure quella Parola dovrebbe attrarre, per essere seguita, e di aiuto spirituale nella vita quotidiana, l’incontro stesso con Dio se non c’è ascolto non rimane inutile? si può pregare Dio dappertutto ma a incontrarlo in presenza la Messa è incontro vitale, la sua Parola da essere meditata vissuta con il prossimo nel quotidiano. Arrivare alla mente e al cuore della persona questo è servizio importante,

  5. Maria Crasso ha detto:

    Io in Chiesa non vado per incontrare gli altri. Vado per stare vicina al Signore perché credo nella presenza misteriosa e reale di Gesù nell’ostia.
    Sacrificare la messa per andare a suonare un campanello dove nessuno ti ha chiamato?
    Ma sappiamo cos’è una Messa? Crediamo all’onnipotenza di Dio che suona non a. un campanello ma a miliardi di cuori?
    “Invano faticano i costruttori” recita un salmo “se il Signore non costruisce la casa”
    “Invano veglia il custode se la città non è custodita dal Signore”.

  6. Pietro Buttiglione ha detto:

    Il probl, come scrive FABrizio, non é nel potare i tralci che gia’ sono morenti, ma nel come riempire.
    Partire dai bisogni.
    Persone anziane e sole.
    Coppie in crisi ( con fratelli. PREPARATI)
    Genitori alle prese con figli border…
    Poveri
    Malati
    Carcerati
    CC = ONLUS??? Meglio che niente.
    Strade obbligate. Ma ci vuole impgno e costanza.
    Non creare attese e poi deluderle!

  7. Angelo Bertolotti ha detto:

    Sinceramente non penso, con tutto il rispetto, che le due: proposte concrete espresse nell’articolo siano così rivoluzionarie e/o innovative. Dal punto di vista organizzativo (anche se l’autore non mira a questo), concentrare e/o eliminare una o più messe sarà (o meglio cosi è gia in molte realtà parrocchiali italiane) una conseguenza logica per la mancanza di sacerdoti o fedeli. Inoltre la messa non toglie spazio all’incontro, anzi ne è la sorgente dopo ogni quel “andate in pace”. La vera questione è: come si può, e se si può, pensare a una parrocchia senza celebrazione eucaristica? Questa la sfida pastorale che teologica che ci attende.

    • Maria Cristina Venturi ha detto:

      Come si puo’ pensare a una parrocchia senza celebrazione eucaristica ? Semplice . Ci hanno gia’ pensato i protestanti. O la celebrazione eucaristica, intesa cattolicamente come il ripetersi sull’ altare del sacrificio del corpo e del sangue ” di Gesu’ ” offerto per voi in remissione dei peccati” , e’ il centro e l’ ultima ragione fondante della presenza di una chiesa in un territorio, Oppure se non vi si crede piu’ ,possiamo fare come i protestanti o addirittura come i quaccheri Niente Messa e niente rito ,solo riunione di fedeli che pregano insieme . Si tratta di rinunciare al cattolicesimo , ai suoi riti ,ai suoi dogmi ,alla sua Liturgia.

      • Giovanni Barbesino ha detto:

        Gentile Maria Cristina, non mi pare che si dica che non si debba più celebrare l’Eucarestia. Si dice celebriamone una sola. Nella mia parrocchia delle 3 S.Messe che si celebrano la domenica se si guarda alla numerosità dei partecipanti se ne potrebbero celebrare solo 2 e io credo che fra 15 anni torneremo a celebrare nella chiesetta originaria della Parrocchia. Ora mi pare che la proposta o forse provocazione appunto secondo l’etimologia ci chiama fuori a vedere se siamo capaci, proprio a partire dall’Eucatestia, a costruire relazioni secondo il Vangelo. Forse dobbiamo proprio provarci. È il tempo del rischiare.

  8. Fabrizio Ghisoni ha detto:

    L’articolo mi stimola. Chiedo: davvero
    ponendo “l’io (sacredotale) che incontra” oppure “l’io (sempre sacerdotale) che celebra l’unica messa” siamo più “missionari”? Penso che ogni prete possa viverlo: rinunzia alla “sua” messa e concelebra fraternamente con il vicino.
    Però da Presbitero mi chiedo: davvero il problema è la messa feriale? Perché “il proprio” del presbitero: che è spezzare il pane eucaristico, non ci infiamma più? Perché l’Eucarestia quotidiana non è più “l’autostrada per il cielo” ma è “un peso”? Davvero stiamo leggendo i segni dei tempi? Se invece di riempire d’acqua (leggi Battesimo) le giare vuote (per permettere il miracolo a Cana) dismettiamo le giare perché inutili stiamo facendo la volontà di Dio?

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