Oratorio: difficoltà e potenzialità

La vita dell'oratorio presenta fatiche accanto ad aspetti positivi, ma ormai richiede discernimento per comprendere ciò che in esso è vivo e ciò che è morto
11 Ottobre 2024

Agli inizi del mio ministero sono stato impegnato nella pastorale giovanile e nell’oratorio. Sicuramente, la difficoltà maggiore riscontrata è stata quella di avere a che fare con gruppi composti da ragazzini di terza media e primi anni delle superiori, il cui leader è il classico ragazzo che ha un solo modo per farsi notare, cioè quello di creare caos, ed i singoli membri spesso si coprono gli uni gli altri (“non sono stato io”, “non ho visto”, “non so”, ecc.). Il loro linguaggio è volgare: bestemmie, insulti e anche violenze tra di loro. Spesso sono autori anche di reati: cercano di rubare, staccano pali, sporcano e provocano. C’è stato anche un episodio di bullismo fuori dall’oratorio, ma la vittima e la famiglia hanno scelto di non denunciare. Alcuni baristi non sanno neanche i nomi dei ragazzi, per loro sono perfetti sconosciuti. Ma chi frequenta l’oratorio non dovrebbe essere educatore, interessarsi agli altri? Ci stanno a cuore? Devo infatti sottolineare che i singoli ragazzi hanno delle storie da far paura, le famiglie stesse in moltissimi casi li lasciano soli e non sono interessate. Molti di loro, invece, presi in disparte risultano simpatici, non hanno problemi a conversare e, a volte, cercano di spiegare le dinamiche dei loro gruppi. Con qualcuno si può ragionare e qualche genitore, grazie al cielo, opportunatamente sollecitato, si è interessato alla situazione.

Inoltre, in periodo di preparazione del Grest, noto come ci siano molte pretese e molto “chiacchiericcio” (“mio nipote deve fare l’animatore”, “in terza media tutti devono fare gli animatori”, ecc.), oltre che aspre liti tra coordinatori: il lavorare in comunione, talvolta, è molto lontano. Ma,anche qui, se non qualifichiamo il Grest, esso resta una forza evangelizzatrice o no? E in ogni caso, per essere anche più sereni, perché non ci accontentiamo di prendere atto che per molti è un servizio sociale che costa poco e per questo è poco qualificato? E però può essere sfruttato per annunciare il Vangelo a tutti e per prenderci cura dei ragazzi in una forma caritativa?

D’altra parte, è utile avere una struttura ben organizzata con tanti spazi interni ed esterni per le varie attività: catechesi con la possibilità di proiettare filmati, un salone ampio per pranzi, cene e merende, spazi per organizzare giochi ed incontri con bambini ed anziani, passando per i genitori. Gli spazi all’aperto non mancano: due campi in cemento dove è possibile giocare a calcio, a basket e a pallavolo, un parchetto giochi per bambini e un portichetto con panche e sedie.

L’iniziazione cristiana si rivela un ottimo modo per intercettare i bambini, i ragazzi e i genitori.  In questo ambito osservo con gratitudine la genuina disponibilità e il bell’entusiasmo dei catechisti, che non sono attivi solo nel trasmettere dei contenuti su Gesù e sul Cristianesimo (contenuti certamente indispensabili), ma cercano di far riflettere e si lasciano coinvolgere in proposte esperienziali e/o diocesane (esempio incontro cresimandi/cresimati). La partecipazione alla catechesi è davvero alta e, spalmandola sui vari giorni, consente che l’oratorio sia vissuto in più momenti.

Non si può poi dimenticare tanto volontariato fatto con il cuore e con disponibilità: i già citati catechisti, coloro che si occupano con generosità del bar e delle pulizie, chi segue i vari gruppi. Hanno funzionato bene le colazioni domenicali prima della Santa Messa: una volta al mese – alle ore 9,45 – i bambini e i ragazzi si trovano in oratorio con il sottoscritto, le suore e alcune catechiste per condividere la colazione e provare alcuni canti della Messa, per poi parteciparvi insieme.

Un altro aspetto che funziona è quello della richiesta dei compleanni. Ciò è prolifico sotto due punti di vista: l’oratorio viene vissuto da famiglie che si trovano bene (qualcuno poi vi ritorna per portare i propri bambini e ragazzi) e si raccolgono offerte per mantenere le strutture. Abbiamo anche una società sportiva “La Freccia”, che propone calcio fino ai 12 anni, fantathlon per i bambini dai 3 agli 8 anni e la ginnastica per gli adulti. Ed abbiamo cominciato un corso settimanale di ping pong per bambini delle elementari e ragazzi delle medie. Il consiglio della Società si distingue in positivo perché si sente parte dell’oratorio e vi coopera attivamente.

Quando ci sono attività strutturate, o comunque proposte o dal prete o come accordi tra famiglie e gruppi, l’oratorio diventa luogo propedeutico alla fede e all’educazione. Non basta aprire il cancello per rendere l’oratorio un posto educativo. La ferialità se va bene è luogo di gioco, altrimenti è posto dove vengono persone perché non sanno dove andare (se non per fare disastri). Perciò credo che nel futuro dovremo liberarci dal fardello dell’apertura quotidiana, salvo che l’oratorio venga vissuto in maniera continua da chi si prenda a cuore l’essere educatore (gratuitamente o a pagamento – ma con quali soldi?). Altrimenti, potrà essere più utile e proficuo aprire quando c’è catechismo o gli allenamenti della Società Sportiva o altre attività. Non per fare di meno, ma perché ci sia più tempo per attività pastoralmente ed ecclesialmente più utili: preparare l’omelia e le lezioni, dialogare con calma con le persone, benedire le case e visitare le persone. Mi colpisce il titolo della visita pastorale del Vescovo Antonio “Gesù per le strade”: mentre noi siamo impegnati con le strutture, Gesù stava con le persone e per le strade del mondo. Ad esempio, il giorno in cui per un periodo l’oratorio rimaneva chiuso ho potuto vivere in pienezza il ministero di incontrare, benedire ed annunciare.

Infine, un posto dove si possa vivere una pastorale giovanile feconda, nello stile di una Chiesa in uscita e pienamente nel mondo, pur non essendo del mondo, è la scuola: qui si incontrano tanti ragazzi e le loro famiglie nella verità di quello che sono in tutte le loro potenzialità, capacità e problematiche. Il tutto da un’angolazione particolare, in quanto l’ora di Religione non è scandita soltanto da un programma da svolgere, ma dalla possibilità di aiutare a riflettere e a crescere.

Alla luce di tutto ciò, ho maturato alcune riflessioni più generali sulla pastorale giovanile:

a) una comunicazione positiva non si basa sui numeri, siamo sempre “minoranza”, ma questo non ci deve abbattere. Conta evangelizzare e ai piedi della Croce c’erano due persone, le stesse comunità cristiane hanno impiegato secoli per evangelizzare. Oggi viviamo in un periodo bello di purificazione e di ritorno all’essenziale. Serve vedere la bellezza di una vita in Cristo. Si può celebrare con molta gioia alcuni Battesimi e lì esercitare la paternità spirituale;

b) condivido le difficoltà di dialogo tra adulti e ragazzi. Le vedo. Aggiungo che tante volte dovremmo fermarci e ringraziare i ragazzi che danno l’anima per l’oratorio, se poi non tutto risulta perfetto, teniamo conto che non viviamo nel mondo delle idee platoniche;

c) non apprezzo che si faccia un calderone in cui è messo tutto sullo stesso piano: dai sacramenti, alla festa del Carnevale, all’oratorio feriale, alla catechesi;

d) in tanti ambiti servono delle équipe, non troppo ampie, ma che si confrontino e decidano insieme, non uomini o donne  soli o sole al comando;

e) oggettivamente la ferialità, quando non vede presenza di adulti e/o attività più strutturate, diventa complicata, a volte il rapporto è 1 o 2 adulti con circa venti ragazzi delle medie (che, a volte, non vogliono stare neanche tra di loro). Ma questi ragazzi non sono reietti e non sono da trattare come tali, sono “nostri” figli, alcuni abbandonati e un po’ esagerati, con cui usare sapientemente simpatia e richiami.

Concludo, domandandomi: per le nostre comunità la ferialità dell’oratorio è un’esigenza? Viste le fatiche nella ricerca dei volontari, è necessario tenere l’oratorio aperto senza proposte quali la catechesi, le serate per elementari e medie, il ping pong o il calcio? Me lo chiedo e ve lo chiedo, perché il nostro scopo è educare, non riempire strutture che forse non intercettano la vita delle persone…

“Perché cercate tra i morti Colui che è vivo? Non è qui è Risorto!” (Lc 21, 5-6)

4 risposte a “Oratorio: difficoltà e potenzialità”

  1. William Dalé ha detto:

    Non basta aprire un portone e credere che magicamente un luogo diventi educativo. Non si tratta di fare piccoli gruppetti o di escludere qualcuno, ma di rispondere a bisogni concreti, ma con le forze che abbiamo e con l’obiettivo che è quello del vivere la gioia di Cristo insieme. Ci interessiamo dei ragazzi “scapestrati” che spesso abitano la ferialità e non solo? Mi fa sempre riflettere che mentre a livello di preti e di consiglio d’oratorio parliamo tantissimo di organizzazione e di strategie, ben 50.000 gruppi sinodali hanno confermato il desiderio di una Chiesa che sia per tutti “casa accogliente”, che punta sui rapporti più che sull’organizzazione, sui volti più che sui programmi, sulla relazione e sullo stile di Gesù più che sulle strategie e gli stili mondani>> (“Una vita che accende”, Linee Pastorali 2023/2024 del Vescovo Antonio, Diocesi di Cremona).

  2. William Dalé ha detto:

    Ringrazio dei commenti molto utili ed interessanti. Specifico però un punto, che ritengo il nodo centrale: per le comunità parrocchiali la ferialità dell’oratorio è un’esigenza? E’ una vita che accende, è uno stimolo a vivere il Vangelo o è un peso? Mi spiego: la comunità (che è eucaristica, oratoriana, delle famiglie, territoriale, e quindi dovremmo parlare di varie comunità) la vuole? Ne sente il bisogno? Le famiglie reali, che hanno già mille impegni e hanno diritto di stare insieme non preferiscono frequentare l’oratorio quando c’è qualcosa di strutturato? E quindi la comunità o, almeno parte di essa, si mette in gioco per avere forze educative?

  3. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    .. da riflessione: sono lettrice in una parrocchia di città,, esiste l’oratorio ma alla messa non vedo mai un chierichetto, non si levano voci preganti o cantanti da quei gruppi presenti a Pasqua e Natale con divisa da scout o altra appartenenza. Oggi il quotidiano La Stampa,apre un fatto accaduto tristissimo, un 15enne Leo si è suicidato con la pistola di papà perché tormentato dai bulli. Non è il primo caso ma mette a nudo una solitudine di disagio vissuto,non unica.. Mi domando se nella Chiesa sinodale si fa spazio anche a questo disagio dilagante tra i giovani, a fare una cultura cristiana improntata anche a istruire su come difendersi quando nella collettività esiste certa tipologia di male che attenta i giovani ,magari sottovalutata. Come aprire una possibilità di ascolto a personale” per offrire. Oltre a sport fisico quello dell’animo umano nell’oggi moderno un aiuto a una istruzione educativa cristiana più capillare..!?

  4. Fabrizio Ghisoni ha detto:

    La conclusione dell’articolo sembra portare a dire: “No non sembra una esigenza” .. ma prima che il prete “da solo” decida di chiuderlo suggerisco di far sorgere una “equipe educativa” che valuti veda e condivida le scelte … o l’Oratorio è un luogo della comunità cristiana o non lo è. Perciò o tutti insieme si promuove in modo nuovo la ferialità come comunità oppure prevarrà la scelta clericale e si chiuderà la porta in faccia ai “venti ragazzi delle medie (che, a volte, non vogliono stare neanche tra di loro). Ma questi ragazzi non sono reietti e non sono da trattare come tali” … quindi dovremmo amali come fece don Bosco e don Milani: non fuggiamo e non rinunciamo alla ferialità che tra l’altro è una esigenza per i ragazzi e un problema delle famiglie!

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