“Non vi obbliga nessuno a venire…”

Sulla fatica di scoprire che i genitori ci fanno un grande dono quando si fidano di noi come compagni di viaggio per guidare i loro figli all'incontro con Gesù
21 Ottobre 2013

Secondo incontro del gruppo catechisti, all’inizio di un nuovo anno di pastorale. Le attività coi  bambini hanno preso il via solo da poche settimane e già abbiamo tanto di cui discutere. In pole position c’è, naturalmente, lo scambio di informazioni, dubbi od opinioni con chi si trova a dover gestire le maggiori difficoltà. Iniziano Gabri e Antonella, che hanno dato la disponibilità ad accompagnare due gruppi ciascuna.

Da tempo abbiamo verificato che è molto arduo realizzare una catechesi significativa se il gruppo supera i dieci, massimo dodici bambini. Ma questo chiede di aumentare il numero di catechisti e oggi le nuove vocazioni non sono molto numerose. Così il mese scorso, durante il nostro primo incontro, ci siamo ritrovati a dover decidere come far fronte all’emergenza causata dalla richiesta di ‘pensionamento’ di due catechiste storiche: ci sono stati dei nuovi ingressi, ma non si può certo affidare ad un neofita la responsabilità di fare catechismo senza un adeguato tirocinio accanto ad un catechista esperto.

La discussione si era aperta con un giro di idee, alla ricerca di una possibile soluzione:

“Facciamo venire i bambini a settimane alterne, la catechista viene tutti i giovedì e una settimana partecipa il primo gruppetto, la successiva il secondo, e così via…”

“Ma è troppo poco! Già fanno fatica a ricordare ciò che proponiamo, se lasciamo trascorrere quindici giorni tra un incontro e l’altro ci toccherà ricominciare ogni volta da capo…”

Era intervenuta Antonella, che lavora ma ha un pomeriggio libero infrasettimanale: “Sentite, io potrei dedicare al catechismo un pomeriggio intero, alle due e mezza faccio venire un gruppo, alle quattro il secondo, e così li vedo ogni settimana”; Gabri è in pensione: “Posso farlo anch’io”.

Emergenza risolta. Ma le catechiste così si sono assunte un compito particolarmente impegnativo: i bambini hanno la capacità di assorbire tutte le nostre energie e seguire due gruppi di seguito moltiplica la fatica in modo esponenziale.

Infatti oggi raccogliamo le prime osservazioni: “Va tutto abbastanza bene, il problema sono io: mi sono accorta che con il secondo gruppo sono meno brillante che col primo. Sono più stanca, ho meno fantasia per far fronte agli imprevisti, meno pazienza… Non pensavo!”

“Io ho trovato una strategia: alterno incontri in cui mi concentro di più sui concetti e altri in cui propongo ai bambini un’attività di restituzione. Naturalmente con il primo gruppo faccio contenuti, con il secondo attività, la settimana dopo viceversa, così mi stanco meno”.

Giulia ha ascoltato con interesse e ora manifesta un certo stupore: “Scusate, io sono nuova, ma c’è una cosa che non capisco. Noi qui ce la mettiamo tutta per fare le cose nel migliore dei modi, ma poi in gruppo non è che tutto fili liscio, i bambini sono difficili da gestire, vivaci. La volta scorsa a un certo punto ho perso la pazienza: ho detto chiaro ai bambini che non li obbliga nessuno a venire a catechismo, che se non hanno voglia di ascoltare e di impegnarsi possono pure stare a casa… Dovremmo convocare i genitori e dirlo anche a loro, che non fanno mica un piacere a noi quando ci portano i figli!”

Eh già, non basta fare catechismo per essere catechista. È necessario un lungo cammino di purificazione interiore, attraverso il quale il Signore Gesù ci aiuta ad abbandonare le nostre umanissime attese di ‘successo’, di riconoscimento, ci aiuta a guardare gli altri con i suoi occhi: solo allora possiamo accorgerci che, invece, i genitori ci fanno un grande dono quando si fidano di noi come compagni di viaggio per guidare i loro figli all’incontro con Gesù Cristo…

Ma siamo fiduciose, anche Giulia sarà presto catechista. Intanto le risponde Maria: “Vedi, noi abbiamo sperimentato che la strada del rimprovero non è molto produttiva. Piuttosto bisognerebbe far percepire ai bambini che si stanno perdendo qualcosa. Io in questi casi dico sempre che mi dispiace per loro, avevo una bellissima cosa da raccontare ma purtroppo in tutta quella confusione non ci sono riuscita…”

“Va bene, ma poi bisogna averla, la cosa bella da raccontare!”

“E’ vero, poi bisogna averla. Ma dimmi, se non sappiamo tradurre il Vangelo, buona notizia per eccellenza, in una cosa bella per la vita dei nostri bambini, che cosa stiamo facendo qui?”

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