Mons. Repole e la sua lettera alla diocesi

La lettera di Mons. Repole sembra un po’ diversa, almeno per due aspetti comunicativi.
28 Giugno 2022

Il 19 febbraio 2022 papa Francesco lo ha nominato arcivescovo di Torino. Mons. Roberto Repole, dopo un mese circa dall’ingresso in Diocesi, ha inviato una lettera ai suoi fedeli.

In genere le lettere pastorali sono molto lunghe, dove spesso si ripercorre tutta la storia della salvezza per giustificare le scelte che verranno proposte; dove non si interrogano i fedeli su cosa si potrebbe fare, ma si presuppone che i fedeli debbano assentire e attuare; dove spesso si usa un linguaggio “ecclesialese”, chiaramente non sempre comprensibile da una buona parte dei fedeli stessi. Ma soprattutto dove si danno indicazioni operative generali (a volte anche generiche), che poi a cascata, gli organi diocesani e i singoli fedeli dovranno tradurre in scelte concrete.

La lettera di Mons. Repole sembra un po’ diversa, almeno per due aspetti comunicativi. Innanzitutto sul piano del linguaggio. 7300 battute, spazi compresi sono una vero record di sintesi per questo genere si lettere. Una lettura, cioè, che si realizza in cinque minuti al massimo. Se davvero si scrive per farsi leggere sul serio da una intera comunità, oggi la brevità è uno dei requisiti fondamentali. Ancora. Nella foto del post si può notare come il cloud del testo mostri in primo piano parole di un linguaggio esistenziale, concreto e strettamente connesso al tema della lettera. Della serie: dritto al punto, con concretezza, chiarezza e comprensibilità. Leggendola per esteso ci si rende conto che è comprensibile anche da chi non è avvezzo a linguaggi ecclesialesi o particolarmente teologici.

Secondo, sul piano del metodo. Scrive Mons. Repole: “Facendo tesoro di quanto emerso in quei contesti, (le riunioni dei consiglio pastorali e presbiterali – ndr) di tante suggestioni, fatiche o desideri espressi da molti nelle più svariate circostanze, di quanto richiamato nei gruppi che sono stati attivati in occasione del cammino sinodale della Chiesa italiana oltre che, ovviamente, di una profonda convinzione personale, mi pare evidente che, tra i diversi aspetti sui quali occorre operare un discernimento ecclesiale e compiere delle scelte concrete, ce n’è uno che è assolutamente prioritario. Si tratta del ripensamento della presenza ecclesiale sul territorio”.

Intanto la decisione di affrontare un solo problema per volta (“un passo per volta” – si legge verso la fine della lettera), concreto e ritenuto prioritario. L’idea cioè che se davvero si vuole incidere sulla realtà ecclesiale non serve descrivere “vision” astratte e complessive, magari già preconfezionate dal “taglio” teologico del vescovo di turno, che poi gli altri devono realizzare. Bisogna invece prendere i problemi reali, decidendone la priorità e provare a muoverli nel concreto verso una loro soluzione che incarni più che una “vision”, una direzione di marcia della Chiesa, che nella lettera è molto chiara: “rinsaldare o creare delle strutture di corresponsabilità”.

Ma invece di descrivere dall’alto cosa sia la corresponsabilità, Mons. Repole prova a realizzarla dal basso con scelte operative. In questo stesso modo diventano molti interessanti altri due passaggi di metodo. Intanto il discernimento della priorità di questo problema non avviene nelle segrete stanze del vescovo, ma pur essendo lui a definirne il risultato, si realizza dopo aver ascoltato ciò che sale dal popolo di Dio, incontrato in tante situazioni diverse, formali e informali. La parola del vescovo, cioè si presenta sulla scena come l’ultima, a riguardo del problema, e non l’unica.

Ma poi continua Mons. Repole: “Dobbiamo continuare a mantenere semplicemente tutte le infinite strutture di cui beneficiamo (locali, case, chiese, oratori…) anche se invece che servire a vivere una vita cristiana ed ecclesiale autentica ed essere degli strumenti per l’evangelizzazione costituiscono un peso insopportabile, per chi è chiamato a gestirle, rubando energie, serenità e gioia? Possiamo continuare a mantenere tutte le parrocchie, immaginando che vi si svolga tutto quello che vi si svolgeva nel passato, chiedendo ad un prete che invece di essere parroco di una comunità lo sia di diverse, senza però cambiare nulla? Come si può immaginare, facendo così, che i preti possano vivere una vita serena, possano trovare il tempo per coltivare la preghiera e la lettura e offrire un servizio qualificato, possano trovare la giusta serenità per incontrare le persone…? E come pensare che la loro vita possa risultare attrattiva per dei giovani oggi?”

Ecco l’altro aspetto interessante di metodo: il fatto che un vescovo si permetta di porre domande al suo popolo su come si potrebbe risolvere il problema. Certo, appaiono domande retoriche e forse lo sono, nel senso che è evidente quale sarebbe la risposta del Vescovo. Ma il fatto stesso che siano poste in forma di domanda autorizza e richiede che chi legge produca una sua risposta. E soprattutto che anche chi ha idee diverse da quelle del vescovo possa sentire che uno spazio comunicativo per dire la propria esiste, e che dissentire fa parte del processo di discernimento, senza per forza avere una valenza oppositiva.

Trovo che sia un buon inizio, grazie Mons. Repole.

8 risposte a “Mons. Repole e la sua lettera alla diocesi”

  1. BUTTIGLIONE PIETRO ha detto:

    In effetti la ns CC sta con Repole o con Zenti? /( Vedi msg di Beretta da VR, ma anche msg di Adista..)
    NB
    Qui non si tratta di NOSTRA domanda, ma degli altri.
    A noi spetterebbe la risposta

  2. Graziella Fallo ha detto:

    Leggendo la lettera per intero, penso si possa comprendere il pensiero del Vescovo Roberto, che desidera custodire l’essenziale per i cristiani, preti compresi. Nelle parole da lui pronunciate fin dalla nomina emerge quanto spazio ha la preghiera nella sua vita, quanto sia capace di avvicinare le persone con rispetto e delicatezza. Sono facilmente recuperabili, sul sito della Diocesi di Torino, le omelie e i discorsi; nel mio piccolo ho trovato particolarmente toccante che si sia commosso durante l’omelia pronunciata alla Messa d’ordinazione del 4 giugno scorso.

  3. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Anche altri Pastori precedenti il nominato si sono egregiamente occupati dei problemi del territorio e anzi come il caso di Mons.Nosiglia era attivo e ben comunicava al tavolo con le Autorità civili locali circa i problemi degli operai, in cassa int.battendosi per assicurare loro un proseguo lavorativo. Era una città di fabbriche, con tanti lavoratori sereni circa il loro futuro, ad oggi, una città che fatica ritrovare una sua fisionomia di lavoro e sicurezza occupazionale., basta sfogliare le pagine del quotidiano “La Stampa” Molti sono i visitatori del Sermig, di Libera un vivaio di giovani i cui Fondatori possono essere miniere di suggerimenti se consultati perché indagando sulle cause di tante dispersioni o anche di successo di certi progetti possono dar luogo a idee manageriali nuove se discusse con le Istituzioni governative. E viceversa. Parrocchia e anche cellula di comunità forse da una intercomunicazione potrebbe dar luogo a cose nuove

  4. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    …se tenere localo, chiese, strutture peso insopportabile per chi le deve gestire invece che essere strumento di evangelizzazione? Si, si vanno tenuti in considerazione di coloro che li hanno edificati per scopi che allora erano esigenze. Oggi non c’è personale del clero? Ma basta prendere esempio da E.Olivero del Sermg! Perché agli scolari delle nuove gener.generazioni non sono accompagnati in visita o anche a qualche celebrazione a conoscere chi li ha preceduti? oggi anche negli ambiti parrocchiali essi sono muti uditori alle messe? No canti E neppure inni alla gioia rivolti alla divinità? Perché non usare strutture ovunque siano,anche se in luoghi ameni, a ospitare coloro che sono i liberi nella strada, non possono aspirare a vacanze mare-monti ? Perché non preparare persone laiche a gestire strutture che possono ospitare luoghi per studenti, per attività anziché trovare la strada, la piazza dove perdersi in conoscenze che precludono il loro futuro di vita?

  5. Gian Piero Del Bono ha detto:

    Domanda : dobbiamo continuare a mantenere tutte le infinite strutture di cui beneficiamo locali case chiese oratori .ecc ….che costituiscono un peso insopportabile ?
    Risposta : No , vendetele tutte! Vendete le chiese e gli oratori, cosi’ che lungi dall’ essere un peso divengano una lauta entrata di denari! Prendete esempio da cosa hanno fatto in Belgio , in Olanda : chiese, cattedrali, conventi tutti venduti ! Al miglior offerente!
    Domanda : dobbiamo continuare a mantenere tutte le parrocchie ecc. ecc.
    Risposta : Assolutamente no. Tagliare le parrocchie , tagliare tutte le attivita’ delle parrocchie, tagliare i catechisti, gli operatori pastorali e tutti gli ammennicoli vari.
    Si ma E i fedeli? E i parrocchiani senza piu’ parrocchia? E le chiese trasformate in discoteche e le cattedrali in musei ?
    Beh, chissenefrega, i preti devono vivere una vita serena e tranquilla , che diamine! E’ per qu sto che si sono fatti preti…non per soffrire!

  6. BUTTIGLIONE PIETRO ha detto:

    Non faccio nomi e si capirà xchè.
    Il nuovo vescovo , un fraticello.
    Ha nominato il suo vice.
    Per niente acculturato.
    Gioviale, di compagnia, socializzante.
    Di chi si diceva mangione e brone?
    Mi sono chiesto xchè
    E mo sono risposto
    Perché puzza di pecore .

  7. Anna Micheli ha detto:

    Finalmente ci si rende conto che siamo un piccolo gregge
    Che non richiede gravose strutture, pomposità e riti,
    Ma corresponsabilità nella sequela, nella ricerca di Dio e nell’aiuto a chi ha bisogno di pane e vicinanza.
    Grazie a Roberto Repole e a Francesco che lo ha designato.

  8. Ornella Ferrando ha detto:

    Mons . Repole , un pastore con l’odore delle pecore e questo vuol dire aver cura del popolo di Dio .
    Sinodalita e corresponsabilità: 2 parole che stanno prendendo forma .
    Grazie.

Rispondi a Gian Piero Del Bono Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

I commenti devono essere compresi tra i 60 e i 1000 caratteri. I commenti sono sottoposti a moderazione da parte della redazione che si riserva la facoltà di non pubblicare o rimuovere commenti che utilizzano un linguaggio offensivo, denigratorio o che sono assimilabili a SPAM.

Ho letto la privacy policy e accetto il trattamento dei miei dati personali (GDPR n. 679/2016)