L’obolo di Giovanni

Mi sono allontanata rimasticando questa immagine: il povero sul lato sinistro della soglia che fa la carità alla povera sul lato destro
19 Novembre 2018

Esco dalla parrocchia, finita la Messa della domenica, e lascio scivolare una moneta nel bicchierone di carta che Giovanni porge a tutti quelli che escono. È una vecchia abitudine, ma anche un momento gradevole: ci scambiamo due parole, ci aggiorniamo sulle novità (è incredibile quante cose si scoprono stando tutta la mattina sulla soglia della chiesa!). Ma quella domenica Giovanni mi dice:

– Eh, quella lì sì, che è messa male!

Allora mi accorgo che accanto all’altro stipite c’è una donna: capelli stopposi, le spalle che cascano in avanti, il capo chino. Non riesco a vederle il volto, ma sono sicura che è la prima volta che viene qui a mendicare.

– Chi è?, chiedo a Giovanni.

– Non lo so, ma si vede subito che sta male. Secondo me non ha casa, vive per strada. Le ho dato qualche soldo anche io, perché credo che ne ha proprio bisogno.

Mi sono allontanata rimasticando questa immagine: il povero sul lato sinistro della soglia che fa la carità alla povera sul lato destro. Giovanni vive in un camper che gli ha comperato la Caritas parrocchiale, dopo che il precedente era andato a fuoco. Durante la settimana, con i soldi che raccoglie la domenica in parrocchia, compera nei negozi di Via Conciliazione un po’ di santini, e poi si mette davanti a una chiesa vicina a San Pietro e li offre a quelli che passano e che in cambio gli fanno una piccola offerta: così gli sembra non di chiedere la carità, ma di fare un servizio gradito dalle persone. Così si guadagna da mangiare e per tutto il resto – dai vestiti alle cure mediche – si appoggia alla Caritas parrocchiale. In pratica, non ha niente, eppure riconosce che c’è qualcuno che sta peggio di lui.

L’offerta di Giovanni è come l’obolo della vedova: piccolo, ma di enorme valore per il suo significato. Mi piacerebbe che potessero cogliere questo significato tutti coloro che, quando un amico dice “che disastro, non ho più lavoro”, rispondono “sapessi, io come sono messo male”; quelli che, nelle loro calde case, chiedono a gran voce che i migranti venano ricacciati in Libia perché si sentono troppo poveri per poterli aiutare; tutti coloro che, dall’alto dei loro non disprezzabili redditi, evadono bellamente la tasse, con le quali si potrebbero fare politiche sociali più giuste nei confronti dei poveri; tutti coloro che parcheggiano nei posteggi dei disabili, brontolando contro le loro pretese; tutti coloro che, rosi dall’invidia, impediscono ai bambini stranieri di mangiare a scuola a tariffe agevolate, senza preoccuparsi del fatto che lo stesso fanno i figli degli evasori…

Non ho più rivisto quella donna né ho avuto modo di sapere chi fosse e perché fosse lì. Spero che sulla sua strada possa incontrare molti Giovanni. A me a fatto bene incontrarlo, ed è stata l’ennesima conferma che i povero vanno ascoltati.

Foto: Flickr / Matteo Angelino

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