Se c’è una cosa che i cattolici sanno fare bene è rendere le liturgie e le attività religiose sempre uguali fino allo sfinimento. Sarà il senso di rassicurazione che ci porta a fare le stesse cose oppure il “si è fatto sempre così!”… La commemorazione del Martire della Nonviolenza e della Pace Franz Jägerstätter a Saint Radegund in Alta Austria prosegue ogni anno con lo stesso canovaccio. Grazie a Gianpiero Girardi di Trento, l’organizzazione dall’Italia per fare pervenire pellegrini a questa celebrazione, esiste dagli inizi degli anni ’90 del secolo scorso.
L’81° anniversario della morte di Franz Jägerstätter, il 9 agosto, si è svolto quindi secondo lo schema classico: relazione al mattino su un tema di attualità, pranzo comunitario, marcia verso St. Radegund nel primo pomeriggio, preghiera nell’ora della morte (Franz è stato ghigliottinato alle ore 16 del 9 agosto 1943), messa serale con i lumini accesi davanti alla tomba di Franz e Franziska (la moglie morta nel 2015). Il giorno 10 agosto come da tradizione, la colonia italiana organizza una messa nella casa dove ha vissuto Franz Jägerstätter.
Qui però, qualcosa è cambiato. Come per incanto, o come diciamo noi: lo Spirito aleggiava lietamente fra i partecipanti in questo luogo significativo… Se n’è pure accorto il Celebrante Gian Luca Grandi, (il che non è scontato!) che ha reso più facile la condivisione delle riflessioni e dei nostri sentimenti attraverso una versione estensiva della preghiera dei fedeli nella quale tutti si riconoscessero, con i loro spazi e i loro tempi in un clima di accoglienza reciproca.
C’era veramente una gran voglia di parlarsi, di confrontarsi, di approfondire e di meditare, senza che nessuno avesse la benché minima fretta di ritornare alle proprie faccende e alle incombenze della vita di tutti i giorni. Incredibilmente (e quasi miracolosamente) si è respirato quel clima di comunità che difficilmente riscontriamo nelle nostre chiese… Un flusso energetico è traspirato fra le persone senza che alcuno l’avesse premeditato o ne avesse avuto aspirazione. Tutto è capitato non perché fosse nei nostri programmi – come capita di solito -, ma perché con sincerità di cuore ne avevamo bisogno.
Quante cose buone per noi stessi e per gli altri potremmo fare se ci dessimo l’opportunità di tirare fuori dal profondo la nostra essenza? Diamoci di queste opportunità, nelle nostre parrocchie, nei nostri gruppi di amici e famigliari, più per noi stessi e poi vedremo che qualcosa di buono e di nuovo nascerà.
Probabilmente malgrado le necessità della vita ci spingano a dire che le nostre liturgie debbano essere ridotte all’osso e all’essenziale, questa esperienza insegna che i nostri bisogni sono anche altri: più spazio all’interrogativo di cosa dice Franz Jägerstätter a noi oggi. È vero che i segni sono importanti, ma è pur vero che se non ci autoalimentiamo ogni giorno rischiamo di inaridirci o forse solo di creare delle buone abitudini e basta.
È mia convinzione che persone come Franz Jägerstätter abbia molto di dirci e che molti aspetti della sua spiritualità vadano spezzettati, sminuzzati, ruminati e digeriti, per una maggiore consapevolezza in ognuno di noi di cosa vuol dire essere cristiano oggi. Chissà che non nasca la necessità che Franz Jägerstätter abbia bisogno di ben altri spazi nella storia, affinché noi possiamo attingere dalla sua fonte ancora per molte parti inesplorata…