Combattimento, pozzo, oscurità, comunità, destabilizzazione, gloria, Pasqua.
Queste immagini ci si animano dentro nel ripensare al tempo di Quaresima e di Quarantena appena vissuto. “Ma dai! È andata, ora siamo già passati alla nuova fase, alle Messe in presenza!”. E invece no, quell’esperienza fatta durante il picco dell’isolamento ancora ci parla, non smette di luccicare, di ardere, avrebbero detto sulla strada per Emmaus.
A San Bernardo da Chiaravalle, zona Centocelle (Roma), il Coronavirus ci è arrivato addosso sorprendendoci nei nostri traffici quotidiani: una parrocchia ricca di realtà, non solo dedite al servizio, ma anche ai percorsi di iniziazione cristiana, con la grazia di essere una “comunità di comunità”.
All’inizio buio completo. Poi, mentre molti di noi cercavano ancora di capire da che parte fosse arrivato lo schiaffo che sonoramente ci era stato assestato, il nostro parroco e i sacerdoti della parrocchia ci hanno raggiunti. Grazie ad alcuni fratelli della parrocchia più tecnologici è stato organizzato un canale you tube da cui poter trasmettere la Messa domenicale in streaming. E la Parola, la relazione sono tornate ad animarci, inaspettatamente, come un dono.
Questo primo ponte gettato nell’etere ci ha in qualche strano modo fatto re-incontrare, coi nostri figli docilmente aperti alle novità e non troppo stupiti mentre una domenica hanno cominciato a dire: “Guarda mamma, c’è don Fabio in televisione”. Così, insieme alla messa domenicale, o meglio, come continuazione della stessa, ci è stato proposto di meditare un po’ di più sulla Parola domenicale, riprendendo una modalità, quella della Liturgia della Parola, che la parrocchia già sperimentava da tempo.
Catechisti e responsabili dei gruppi si sono fatti in quattro per far arrivare a tutti i sussidi preparati dai nostri sacerdoti da leggere e meditare: niente catechesi, solo la lettura della Parola. E una volta a settimana, ogni gruppo e gruppetto, che già viveva nella parrocchia il suo cammino di fede, si è cominciato ad “incontrare” on line per condividere in comunità quello che succedeva nella nostra vita alla luce della parola di Dio ascoltata alla Messa della domenica.
Lo Spirito ha soffiato e, con la creatività che lo contraddistingue, ha ispirato ai nostri infaticabili sacerdoti la ripresa innovativa di qualcosa che il popolo di Dio conobbe in tempi apparentemente remoti: la manna nel deserto (questo il titolo scelto dal nostro parroco).
In comune con quei tempi antichi c’è stata sicuramente l’esperienza del deserto, oggi manifestatasi sotto forma di assenza di relazioni, attività, spostamenti, stimoli esterni, corse frenetiche, nutrimento eucaristico. Specifici, invece, sono stati i quattro spunti meditativi che ci hanno raggiunto via mail, accompagnando il cammino della Quaresima: piccoli semi di riflessioni fatte attraverso il linguaggio della bellezza, con quattro immagini di opere d’arte della cultura russa, alla quale la nostra parrocchia si è avvicinata negli anni attraverso pellegrinaggi ed approfondimenti culturali.
È stato proprio nelle condivisioni all’interno delle varie comunità che è emerso certamente il dolore e la difficoltà, ma anche le scoperte di questo strano periodo: l’assurda sensazione che in mezzo al delirio ci venisse regalato un tempo speciale con Dio. E se inizialmente si constatava la nostalgia degli incontri, delle celebrazioni, dell’Eucarestia, contemporaneamente si manifestava la sete della Parola, alimentata dal fatto che la Parola che meditavamo era sempre viva e che abbiamo concretamente sperimentato nel tempo una nuova comunione tra fratelli.
La Messa, la manna e le condivisioni hanno creato un ritmo, col quale ciascuno di noi si è confrontato seguendolo o contestandolo, ma che certamente è stato un grande dono per il combattimento quotidiano che ognuno di noi si è trovato a vivere. L’importanza di avere un ritmo nella difficoltà ha per molti fatto la differenza nelle lunghe giornate e settimane che, private di quasi tutte le caratteristiche specifiche dei “normali” giorni indaffarati, sembravano tutte uguali o da alcuni vissute nel dolore e nella malattia o nei litigi e nelle incomprensioni. Ciò nonostante, seppure confortati dalla presenza della comunità e di un solido pastore, siamo arrivati alla soglia del Triduo sconcertati, attoniti, bloccati – come gli Israeliti bloccati nelle loro case la notte della Pasqua in Egitto, domandandoci in che modo e grazie a chi ne saremmo usciti…
[fine 1^ parte]
Prima messa viva dopo mesi:in una chiesa del centro città, ho potuto accendere un limino,c’erano fiori su quell’altare, non nella mia. Il sacerdote apre con: “mi sono chiesto se saprò ancora fare l’omelia”, ha esordito accogliente,con calda condivisione, “finalmente mi sento bene, come fedele”, dopo avergli sentito dire che la Fede aumenta facendo. Ecco,proprio cambiando, la Fede si rinnova alla prova dei fatti, improvvisi cambiamenti, come quello vissuto la rivitalizza, a prepararci per affrontare il nuovo, il non già conosciuto. Riscoprirla se esiste in noi prima che intorno. Non basta la porta entry/ex it,i segnaposti,la mascherina: niente canto,niente lettura all’ambone (io sono lettrice delusa perché amo leggere la Parola). Al fedele serve l’omelia che parla al cuore,ai sentimenti, “sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo”, “chiedete e vi sarà dato”, “come aprire la porte a Cristo!”. Come opporre resistenza ai coronavirus oltre la maschera! Una nuova Messa?