Se lo ricorderanno a lungo questo inizio d’estate a scoppio ritardato gli animatori di oratori, parroci ed educatori di campeggi parrocchiali. E’ stata una lunga corsa ad ostacoli con il traguardo della “riapertura” prima allungato e poi accorciato dai fatidici DPCM, dettagliati e aggiornati di continuo dalle ordinanze regionali o provinciali che fissavano i paletti per svolgere “in sicurezza” le attività estive per bambini e ragazzi che sono state via via rivalutate e valorizzate come supporto ai genitori e alla conciliazione lavoro – famiglia.
Tanto che in poche settimane di maggio l’estate che si affacciava con un’impossibilità assoluta a progettare esperienze estive associate a rischio di assembramenti ha lasciato il posto all’esigenza di poter garantire un servizio sempre atteso dai genitori, ma nel post Covid ancora più necessario. E così il “vietato Grestare” si è trasformato in un “facciamo di tutto per…” con frenetiche riunioni dei direttivi degli oratori e delle associazioni parrocchiali per capire cos’era possibile “mettere in piedi” a tempi record. Una progettazione a singhiozzo, costretta da continue revisioni, sulla base delle esigenti richieste delle Linee Guida varate dalle amministrazioni locali ma anche delle “aperture” rese possibili proprio per incentivare il Gruppo Estivo diurno o qualche attività socioricreativa ritenuta davvero preziosa.
Senza retorica, arrivati ormai a metà luglio, possiamo osservare che si è trattato in tanti casi di un’impresa portata a termine, per dirla in termini scout. Si è rivelata anche una impensata e arricchente, anche se esigente, scuola di legalità. Animatori di primo pelo o di lunga esperienza sono dovuti entrare ben presto nella logica innaturale del distanziamento nelle attività ludiche, prendendo atto che il rigore era richiesto come attenzione di rispetto e di protezione verso tutti i soggetti coinvolti, compresi gli adulti stessi. Si sono sottoposti alla frequenza di corsi online sulla sicurezza per formarsi sui comportamenti da osservare e far osservare durante le attività oratoriane.
Come ogni scuola severa, alcune “lezioni” sono risultate pesanti, altre appassionanti, altre ancora inutili. Ma si è capito – come raramente accade negli ambienti ecclesiali – quanto il dover essere “buoni cittadini” (rispettosi delle norme fissate per la convivenza civile) porta con sè anche l’impegno a testimoniare di essere “buoni cristiani”, se è vero che certe disposizioni (non avvicinare gli anziani fragili) possono essere lette come “atti d’amore” verso le persone interessate.
Si è visto come davanti alla lavagna della legalità ci sia ancora nelle nostre comunità qualche sacca di analfabetismo o qualche reazione all’insegna del furbesco opportunismo. “Impossibile star dietro a tutta questa burocrazia, regoliamoci col buonsenso” è l’affermazione facilona con la quale qualcuno si è sentito autorizzato a saltare qualche paletto o anche a trovare scorciatoie al limite della legalità. In questo caso l’autorità – o l’esperto Covid che per fortuna esiste in quasi tutte le parrocchie, spersso un laico che per lavoro si trova ad occuparsi di queste normative – ha fatto bene a richiamare il rispetto pieno delle disposizioni: non si tratta di temere le sanzioni, ma di creare fra i parrocchiani una mentalità di osservanza delle regole non solo a livello personale o familiare, ma anche comunitario.
Dal lato opposto, in qualche caso il rispetto doveroso si è tramutato in rigidità eccessiva, immobilismo assoluto, rinuncia alla fatica di progettare all’interno delle strettoie individuate dalle Linee Guida. “Nel dubbio, nulla”, fermi tutti, senza tener conto che qualche rischio in ogni caso si sarebbe corso ma ogni esperienza educativa – anche in tempi di non Covid – porta con se dei margini di rischio e richiede una dose di sano coraggio e di fiducia.
Qualche laico racconta di aver dovuto insistere con i propri pastori – soprattutto quelli intimoriti dal senso di colpa in caso di contagi e orientati subito a “rinviare tutto” a settembre – per spingerli a organizzare comunque qualcosa per l’estate ragazzi, unendo le forze con le parrocchie vicine, senza lasciarsi paralizzare dalle strettoie anti Covid.
Un’altra riflessione preziosa emersa dalla base riguarda l’assunzione di responsabilità e c’è chi ha ravvisato “la tendenza del mondo degli adulti, tendenza già ben sviluppata prima delle tristi vicende del coronavirus, a costruire strutture fortemente deresponsabilizzanti, o meglio, realtà in cui definire nei minimi particolari ogni cosa, in modo da creare una catena di false sicurezze che tolgano ogni assunzione di responsabilità, salvo poi, in ultima istanza, accollare il tutto ad un possibile referente ultimo da sacrificare eventualmente come capro espiatorio”.
Insomma, un inedito dibattito interno continuamente da aggiornare: chiedete ad esempio ai capi scout quanto hanno dovuto confrontarsi nelle loro Comunità Capi per inventarsi – visto il divieto di pernottamento – campeggi diurni e vacanze di branco, con piccoli gruppi rigorosamente distanziati, niente giochi collettivi, autorizzazioni a raffica..
Un confronto estenuante che ha rappresentato anche una straordinaria occasione di verifica della capacità di adattarsi alle normative vigenti – in continuo mutamento- e di doverle rispettare, anche quando non si condividono.
Dedicato a tutti quelli che si sono lamentati x le Messe proibite.
A Yabrud ( Syria) sono quasi tutti cattolici.
Al Corpus Domini grande festa ( e assembramento) in Chiesa. La bestia aveva colpito poco.. ma dopo.. tanti casi! Tra cui lo zio di mio genero( che è poi morto ed altri parenti.) Col COVID non si scherza.