Continuiamo a chiamarlo – quasi a salvaguardarne la sua origine medioevale – il “pio esercizio della Via Crucis”, ma la tentazione di attualizzarla con commenti in sociologhese o di drammatizzarla a fini turistico-spettacolari affiora ad ogni Quaresima (vedi “presepio vivente”).
Basterebbe forse entrare un venerdì pomeriggio in una casa di riposo (o RSA che dir si voglia), nel soggiornone allestito ad aula liturgica con le carrozzine assiepate al posto dei banchi, per cogliere invece tutta la forza evocativa del racconto della Passione: il silenzio è greve, a parlare sono solo i brevi versetti del Vangelo e la Parola, per dirla col grande Clemente Rebora, zittisce le nostre chiacchiere.
Un piccolo crocifisso nero, rivestito di una stola viola, passa di mano in mano tra gli anziani ospiti che lo reggono – qualcuno perfino a fatica – offrendosi alla meditazione come stazioni viventi. Le prime cadute ti fan pensare concretamente al loro rischio deambulazione, la croce da caricarsi sta forse nell’inseparabile girello, la corona di spine in quei pensieri confusi che cominciano ad annebbiare la mente o bloccano la parlata.
Spuntano i volontari a fare da cirenei (sono più numerosi di quel che si pensi, vengono ogni giorno senza strombazzarlo in giro), mentre nell’incontro con le donne intravvediamo la tenerezza di tante operatrici sociosanitarie, per la maggior parte straniere che han già imparato perfino il dialetto. A guidare la celebrazione, sul pulpito dell’infermità, il cappellano dai capelli bianchi che affida anche il suo vissuto di prete acciaccato nell’Ave Maria conclusiva: “Figlio, ecco tuo madre!”.
Questo calvario domestico, tutti i santi giorni uguale, aiuta la meditazione: qui dentro la Parola si fa carne. E chi accompagna in casa di riposo i ragazzi del gruppo di catechesi o i giovani (con le loro chitarre per addolcire il ritornello) non li aiuta tanto a “fare un fioretto”; regala loro un cammino autentico al fianco di chi fa più fatica, dietro quella croce che passa di mano da una carrozzina all’altra.
“Venite anche il prossimo venerdì a trovarci” ringrazia la signora più arzilla e nel suo sorriso riconoscente dopo la quattordicesima stazione è possibile cogliere un anticipo di Resurrezione.