Le sofferenze del clero nel post-pandemia

Come l'agenda di un prete di campagna è stata completamente stravolta dalla pandemia...
13 Agosto 2020

“Anche il profeta e il sacerdote si aggirano per il paese e non sanno che cosa fare”. Nella mia mente ritornano in continuazione queste parole del profeta Geremia. La mia agenda dalla fine di febbraio è stata completamente stravolta e da allora non sono più riuscito a programmare il calendario pastorale a lungo termine.

Sono parroco di quattro piccole parrocchie nella diocesi di Bergamo e mi domando: è ora di riaprire l’oratorio oppure è ancora troppo rischioso? Si può pensare alla ripresa della catechesi dei ragazzi, ma i catechisti sono pronti o sono spaventati di fronte all’idea di cosa ancora potrebbe succedere? Si può riprendere la visita a tutti gli infermi delle parrocchie o per ora è meglio limitarsi a qualcuno che ti chiama? Si può fare la processione in occasione della festa patronale o è meglio lasciar perdere? Si fa la sagra oppure no?

Ripenso a quanto è avvenuto nei mesi scorsi: ho accompagnato alla sepoltura nei nostri cimiteri tante persone alla presenza di pochissimi parenti e nel silenzio interrotto dal lento rintocco di una campana a morto. Ho accompagnato alla sepoltura in questo modo anche mia mamma. Ora mi ritrovo a celebrare l’Eucarestia esequiale per questi defunti, parecchie settimane dopo la loro morte.

Penso ai tanti preti che sono morti e a quelli che sono guariti, ma che portano ancora gli strascichi di questa malattia. Penso anche ad alcuni preti che avvertono la responsabilità pastorale come un peso ormai insostenibile per le loro forze. Penso a quelli che hanno perso un loro congiunto nella fase più dura della pandemia. Quanta fatica che vedo anche tra noi preti!

Rileggo in questi giorni, in occasione delle feste patronali che viviamo nelle parrocchie di cui sono parroco, le parole di papa Francesco dell’Evangeli Gaudium: “La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù. Coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento. Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia.”

Quel Cristo che fa rinascere la gioia l’ho incontrato nelle parole buone di preti amici, nei gesti semplici di chi porta alla casa parrocchiale un po’ di verdura del proprio orto, nelle persone che ogni mattina aspettano il video che preparo con il commento del Vangelo del giorno, nell’attenzione di chi mi ha dato una mano a rileggere la mia vita con quello che stavo vivendo.

Ho la grazia di abitare su una collina che lambisce il lago e allora salgo in cima alla collina, all’eremo di San Defendente e sto un po’ in silenzio, come Gesù che, certamente rattristato per la morte del Battista “Congedata la folla, salì sul monte, solo, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava ancora solo lassù”. (Mt 14 ,23).

Poi scendo e cammino sulle rive del nostro lago e ritorno con la mente ai primi passi di Gesù e dei suoi discepoli. Non sapevano cosa avrebbero affrontato, come avrebbero vissuto e che cosa avrebbero dovuto fare, ma subito lasciarono le reti e seguirono quell’uomo che aveva detto loro: “Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini” (Mc 1,17).

8 risposte a “Le sofferenze del clero nel post-pandemia”

  1. maria Teresa pontara pederiva ha detto:

    Le domande sono tante e segno di autentica cura pastorale.
    Proprio per questa caratteristica sono degne di trovare risposta all’interno di un Consiglio presbiterale o pastorale diocesano, espressione della Chiesa locale, comunità locale.

  2. Giorgio Gatta ha detto:

    Grazie Lorenzo per la tua umanità che risalta ancor prima di essere prete e di ricoprire un ruolo dominante nella comunità.
    Grazie per la tua discesa di umanità relazionale come per la tua salita a riscoprire il silenzio in perfetta solitudine, con le tue incertezze…
    In quella tua solitudine sopra un monte ci sentiamo tutti uniti a te come facenti parte della stessa comunità e della stessa storia.

  3. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Questa pandemia si sta rivelando sovversiva; sta cambiando e diventando tutto molto diverso, chi è guarito parla di dura prova,vede persone e la propria vita in modo diverso.La Ministra che subito sembrava sicura della organizzazione nuova pronta per….oggi si scopre con più problemi di quanto non apparisse.Il virus è vivo e per tenerlo a bada serve la responsabilità è l’impegno di ognuno a sottostare a una disciplina che non sembra essere da tutti compresa e voler applicare. Il Santo Padre se ha detto di considerare questo tempo una opportunità, effettivamente la società manifesta tanti bisogni,quello di colmare la solitudine di chi è solo,di incoraggiare chi perde sicurezza, proprio con la vicinanza della presenza,della parola.Si incrociano persone che sembrano camminare assorte come ombre,eppure se si salutano pur non conoscendosi rispondono,gli occhi sopra la mascherina si fanno vivi,grati forse.

  4. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Si, nell’arco della giornata il fedele può ascoltare messe e rosari,anche da chiese diverse unirsi con preghiere che ci coinvolgono nei problemi che si vivono,vicini al dolore di madri, problemi di ogni parte del mondo, Quasi una corona .Invece è quasi il vuoto proprio la comunicazione personale.Bella l’idea del cartello, affisso al portale della Chiesa “al vostro parroco fa piacere avere vostre notizie o vi ascolta. e invece del solito con gli orari di apert./chius..della chiesa e segreteria e orario sante messe..Non è facile il dialogo,però il tentare come lo stesso Cristo ha fatto, di scendere in strada, a incontrare chi non osa, o chi è impedito da malattia,anziché pensare che basti il farsi trovare..oggi c’è tanta ritrosia a farsi vedere “bisognosi” di anche una parola di incoraggiamento, speranza, più facile forse fare la fila per il pasto o per il lavoro.

  5. don Fabio Besostri ha detto:

    Ho la sensazione che molti si siano preoccupati di “occupare spazi” piùttosto che di “avviare processi”: gli spazi del web, questa volta, con messe e rosari trasmessi a più non posso… il circolo di “Lotta Comunista” della mia città ha affisso a tutte le porte e i portoni un semplice avviso: se qualcuno aveva bisogno della spesa, della farmacia, di qualsiasi cosa, poteva telefonare a un numero e avrebbe trovato aiuto. Avremmo potuto fare lo stesso: se hai bisogno di parlare con qualcuno, se ti senti solo, se hai paura, chiama a questo numero: c’è il tuo parroco, il prete della tua parrocchia, c’è qualcuno che ti ascolta, che può darti un po’ di tempo, un po’ di conforto, un po’ di speranza… “avviare processi” vuol dire, forse, anche preoccuparsi di costruire relazioni, a tu per tu, tralasciando almeno stavolta le soluzioni di massa. Ma il vangelo non passa forse da cuore a cuore?

  6. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Nella mia parrocchia il Signor Parroco si fida solo di se stesso, neppure le letture ai laici volonterosi. La preoccupazione del contaggio è evidente. Sabato all’alpe Devero, tra ruscello poche case di malgari e pini tornando da un lago più sopra, una campanella suona e davanti l’uscio di una piccola cappella un anziano prete stava approntando un tavolino con quanto serve alla messa; nel muretto intorno alcune persone sedevano,una si è offerta per la lettura, io ho fatto altrettanto, così è stato bello perché anche i canti partecipati hanno animato la preghiera.

  7. gilberto borghi ha detto:

    Grazie!! L’umanità dell’uomo di Dio parla sempre di vangelo. Cosi mi chiedo se per caso non sia proprio questa umanitá spaesata e ferita ad essere molto più evangelica di quella garantita ma monca che in tante agende pastorali si mostra?

  8. Tilde paganelli ha detto:

    La pandemia ha toccato tutti.Tanti pensieri per i miei sei figli e le loro famiglie.Aumento dell’attenzione nelle cose da fare per contrariare il Covid. E poi mi sono arresa al Signore. “Fa’tu. È tutto buono quello che fai”. È arrivata la pace e con la pace,la preghiera.

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