La pastorale della sottrazione

Abbiamo moltiplicato attività e proposte per andare incontro a tutti, in uno sforzo lodevole che col tempo, però, rischia di diventare insostenibile
2 Agosto 2013

Un finimondo. Una sedia vuota ha scatenato un finimondo di parole, commenti ed illazioni. Non ho strumenti per esprimere giudizi fondati sulla scelta di papa Francesco che, come accade sempre più spesso, in primo luogo mi interroga: non ho potuto, in questi giorni, fare a meno di paragonare ciò che è successo con la mia esperienza quotidiana.

Alcune settimane fa ho partecipato al consueto incontro del gruppo catechisti per predisporre il lavoro del prossimo anno. In parrocchia abbiamo verificato l’opportunità che i catechisti abbiano già a disposizione, durante l’estate, programmi di massima ed orientamento generale, in modo da utilizzare l’eventuale tempo libero per leggere qualcosa, cercare materiale, etc..

Nel quadro del generale, profondo  rinnovamento che la catechesi sta vivendo, si trattava anche di delineare l’iter di formazione sia per i genitori che per i catechisti. Ottime le premesse, qualificate le persone coinvolte, grande l’impegno profuso e la chiarezza negli obbiettivi, stimolante la prospettiva del lavoro di equipe. Tutto ok, dunque?

Non proprio, almeno per me.

Ad un certo punto, infatti, si è trattato di definire le date e distribuire i compiti: bisognerebbe rivedere l’accompagnamento al Battesimo, c’è il  percorso per le prime Confessioni, il percorso verso la Messa di prima Comunione, il cammino biennale della Cresima, genitori e bambini di primo e di secondo anno da seguire, gruppi mensili per i catechisti oltre al minicorso di aggiornamento, la lectio divina… tanti appuntamenti, in diversi giorni della settimana (domenica mattina compresa), da coordinare con TUTTI gli altri, diocesani e vicariali, in un calendario ricchissimo ed impegnativo.

“Io non posso il lunedì” “Io ho tutti i martedì, e giovedì occupati ”… E mentre ciascuno dava voce alle proprie esigenze, io pensavo alla mia agenda già folta di scadenze pastorali e professionali, alla mia famiglia e a mio marito troppe sere a casa da solo, e mi chiedevo: “Dove posso tagliare?”

Uno tra i docenti che ho incontrato nel percorso di teologia ricordava spesso che, nelle nostre comunità, abbiamo moltiplicato attività e proposte per andare incontro a tutti, in uno sforzo lodevole che col tempo, però, rischia di diventare insostenibile: sarebbe ora di inaugurare con coraggio, diceva, la pastorale della sottrazione.

Ma come si fa?

Certo, non partecipare alla recita della scuola d’infanzia (se non hai figli e nipoti) o alla serata con il coro gospel è facile, ma come è possibile togliere momenti di formazione, di evangelizzazione?

E come conciliare le nostre proposte con i tempi delle famiglie di oggi? Sembrerà una banalità, ma pare non essere ancora chiaro a tutti, per dire, che la sera di san Valentino non è opportuno programmare una riunione formativa, pena un incremento delle defezioni. Non dovrebbe servire un Pontificio Consiglio per la Famiglia a ricordarlo.

Confesso che ancora non ci dormo, su questa cosa. Da qualsiasi parte la consideri, vedo sovrapporsi difficoltà di carattere sia strutturale che sostanziale.

Su tutto, un dubbio sottile ed inquietante: non sono sicura che tutto ciò che facciamo sia adatto allo scopo. Per un popolo di Dio che ha smarrito molte delle parole della fede che crede di conoscere, avverto da tempo e con forza la necessità di riportare al centro, in modo sistematico e continuo, due elementi: la riflessione sulla Parola e la catechesi per adulti (lo dicono da tempo i nostri pastori, è scritto in tanti documenti, ma per il momento molto è ancora sulla carta).

Vorrei che ci impegnassimo decisamente ad offrire incontri a cadenza fissa (settimanale o bisettimanale), distribuiti lungo tutto l’anno (anche l’estate!), tutti gli anni, con costanza, senza farci condizionare dal piccolo numero delle adesioni; uno spazio aperto a tutti, strutturato in piccoli blocchi tematici a cui partecipare anche occasionalmente, quando si può, senza sentirsi degli estranei; una proposta sostitutiva di qualsiasi altra, da vivere come un tempo speciale anche per i genitori che scelgono di donare ai propri figli il percorso verso i Sacramenti per la vita cristiana.

Un’azione strutturale, fedele, insistita, lunga, capillare…  niente a che vedere con le cinque serate da infilare tra un impegno e l’altro, o con l’imitazione del catechismo dei bambini in cui i genitori sono coinvolti, a volte anche per far fare loro i sostituti di catechisti che non ci sono più.

Fa caldo, dormo poco e sogno troppo.

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