In questo anno dedicato al Giubileo della misericordia, con gli educatori dei preadolescenti abbiamo provato ad affrontare il tema della misericordia con i ragazzi delle medie. Il compito da subito è apparso decisamente complesso. La parola “misericordia”, seppure grazie a Papa Francesco stia acquistando un posto sempre più di rilievo all’interno della predicazione e della catechesi, non è però di certo un termine di uso comune tra i ragazzi; l’associazione più comune nella loro mente rimane quella con le urla della catechista che per quattro anni ha cercato invano di spiegargli la parabola del figliol prodigo, trasmettendo in misura decisamente maggiore la sua fatica a farsi ascoltare che non le braccia aperte del Padre al ritorno del figlio.
Ci abbiamo provato – accogliendo un prezioso suggerimento – attraverso il linguaggio delle emoticon, le faccine dalle diverse espressioni, entrate nelle nostre vite con gli SMS e rese poi celebri e variegate da applicazioni come Whatsapp e similari. Abbiamo chiesto a ciascun ragazzo di indicare quali emoticon rappresentassero meglio l’idea che balzava loro in mente pensando alla misericordia, condividendo poi nel gruppo le motivazioni della loro scelta. Queste le emoticon più scelte:
L’emoticon che indica l’atteggiamento di preghiera. Non tanto per un legame stretto individuato tra la preghiera e la misericordia, quanto ad indicare come la misericordia sia di fatto, nella loro testa, qualcosa di strettamente (re)legato alla sfera religiosa, alla dimensione verticale della relazione con Dio.
La faccina con l’aureola, sempre a sottolineare come la misericordia sia qualcosa propria di chi è santo: certamente dunque a dire un valore positivo della misericordia, ma insieme qualcosa di lontano, distante dalla vita: è dei santi…
…ed è degli angeli: “gli angeli sono misericordiosi” hanno sostenuto in diversi, applicando come non mi era mai capitato di sentire prima questo attributo alle creature celesti. Non c’è da chiedersi su quale catechismo abbiano studiato: è ancora il loro modo di esprimere la percezione di una realtà utopica e distante, quasi evanescente… di certo non quotidianamente all’ordine del giorno.
La faccina triste, nelle sue diverse forme, ad indicare la dimensione del pentimento di chi chiede perdono. Qui abbiamo finalmente uno sguardo che non è più al cielo, ma si rivolge alla misericordia qui sulla terra, ma è associata anzitutto a qualcosa di triste, di malinconico: credo questo dica molto di come spesso parliamo e viviamo il senso della misericordia.
Infine quest’ultima emoticon scelta da una sola ragazza, ma che mi ha colpito per la capacità di esprimere un concetto in una forma decisamente non convenzionale (e potenzialmente scandalosa per la catechista di cui sopra): “misericordia è aiutare chi si trova nella… cacca” ha candidamente scritto come didascalia. Tra tutte è forse quella che si avvicina di più al significato autentico di misericordia. E, credo non a caso, è quella più a rischio censura.
Il lavoro coi ragazzi non si è fermato qui. Dopo aver condiviso le risposte di ciascuno abbiamo letto insieme e riflettuto su un pezzetto del messaggio di Papa Francesco per la GMG di Cracovia:
“La gioia di Dio è perdonare! Qui c’è la sintesi di tutto il Vangelo. Ognuno di noi è quella pecora smarrita, quella moneta perduta; ognuno di noi è quel figlio che ha sciupato la propria libertà seguendo idoli falsi, miraggi di felicità, e ha perso tutto. Ma Dio non ci dimentica, il Padre non ci abbandona mai. E’ un padre paziente, ci aspetta sempre! Rispetta la nostra libertà, ma rimane sempre fedele. E quando ritorniamo a Lui, ci accoglie come figli, nella sua casa, perché non smette mai, neppure per un momento, di aspettarci, con amore. E il suo cuore è in festa per ogni figlio che ritorna. E’ in festa perché è gioia. Dio ha questa gioia, quando uno di noi peccatore va da Lui e chiede il suo perdono”.
Poi abbiamo chiesto ai ragazzi di ripetere l’esercizio di prima provando a descrivere con le emoticon l’immagine della misericordia che traspare dalle parole di Francesco. Inutile dire che i risultati sono stati assai diversi da prima:
Anzitutto, misericordia è gioia! La gioia del Padre per aver ritrovato il figlio perduto, ma anche la gioia del figlio che può di nuovo vivere nel suo abbraccio: l’accento non è più sul male commesso, sul pentimento, quasi che il Padre si compiacesse di aver avuto ragione sul figlio, ma sulla gioia…
…e sulla festa! Lontani anni luce da quell’idea di misericordia da aula di tribunale secondo la quale tu confessi la tua colpa e, siccome Dio è buono, invece di una pena ti concede la grazia. No! Dio non è un giudice, è un Padre! La sua casa non è un tribunale, è una festa!
Una festa dove vuole che nessuno manchi! Mi colpiva lo stupore di alcuni ragazzi di fronte alla parabola della pecora smarrita: ma come, aveva tutte le altre, perché tiene tanto proprio a quella, che forse era la meno sveglia di tutte le pecore, tant’è che è l’unica a perdersi?
La misericordia viene dal cuore di Dio, appassionato di ciascuno dei suoi figli, che mai smette di cercarli…
…e di accoglierli a braccia aperte. Il perdono non è una gentile concessione, è il frutto del più profondo desiderio del cuore di Dio: non essere lontano da nessuno.
Infine, in molti hanno utilizzato emoticon come questa, che indica una relazione di amicizia, oppure quelle simili relative alla famiglia: se prima la misericordia era qualcosa degli angeli e dei santi, perché astratta e lontana, ora la misericordia può essere una cosa “della terra”, qualcosa che certamente riceviamo da Dio, ma che, così intesa, ritroviamo e possiamo vivere nelle nostre relazioni più genuine: “come in cielo, così in terra”.
Proprio questo passaggio della misericordia dalla sola dimensione verticale della relazione con Dio a quella orizzontale delle relazioni con gli altri ci ha permesso di introdurre il tema delle opere di misericordia e, anche qui, abbiamo chiesto ai ragazzi di provare ad esprimere ciascuna di esse attraverso le emoticon. Questo il risultato: