La messa della prima comunione

Allo stesso modo con cui si celebra, si crede e si vive.
1 Giugno 2021

Domenica scorsa era la festa della Trinità. Per motivi di parentela, lunga a dire il vero, sono stato invitato ad una messa di prima comunione in una diocesi non mia, un paesino nella bassa padana di poco meno di mille abitanti. La messa è in orario alle 11. Noi alle 10,45 siamo già sul sagrato, ordinatamente occupato da sedie socialmente distanziate. Alla sinistra dell’ingresso campeggia un cartonato dipinto a mano con quattro scritte a circondare il disegno del cuore immacolato di Maria: una frase di Agostino su Maria “forma dei”; una dal “Trattato della vera devozione a Maria” di S. Luigi Maria Grignion de Montfort; una di sintesi di Lc 1,30-35; una della Madonna a Fatima sul trionfo finale del suo cuore. Ai piedi un altro cartonato con le foto dei dodici bimbi ammessi alla prima comunione, poste a formare un cuore con al centro l’immagine di Gesù bambino e attorniate dalle scritte: “Miei amati, rimanete tutti nel cuore immacolato di mia madre. Consacrati insieme con me”.

A destra dell’ingresso, invece, campeggia uno schermo televisivo da cui si intravede appena (causa la luminosità eccessiva in cui è posto) l’interno della Chiesa. Al centro un “buttafuori” liturgico che permette l’ingresso solo ai parenti strettissimi. Ci sediamo sulle sedie nel sagrato. Siamo in tutto sette. Dalla sinistra, un prete in talare attraversa il sagrato entrando in Chiesa. Non più di 40 anni, indaffarato, accenna appena un sorriso e un saluto a due mani alzate verso di noi e scappa veloce. Esce di nuovo e rientra da dove era venuto. Da lì a poco, il coro di voci miste, con chitarra, intona un canto a Maria e da sinistra inizia la processione di ingresso: aprono due ceroforari e la croce, seguono i bambini in fila indiana, ognuno dei quali con una rosa bianca in mano, veste candida per tutti; accompagnano tre catechisti, poi seguono il celebrante un concelebrante e chiudono due accoliti di una certa età.

Nel frattempo sul sagrato siamo ormai una quindicina: alcune persone anziane sole, tre gruppetti di giovani che se ne stanno a confabulare dietro le sedie, due coppie giovani con figli. Nei riti di ingresso il celebrante richiama il nome dei dodici bambini e invita a pregare per loro. Poi le letture, sulla festa della trinità. Tre lettori si alternano, mentre per due volte il celebrante richiama al silenzio l’assemblea. L’omelia. Iniziata richiamando la differenza tra Dio e l’uomo (Dio vive da sé, noi viviamo per lui), velocemente vira verso la necessità della redenzione per il peccato dell’uomo e della presenza di Cristo nell’eucarestia come luogo privilegiato per noi. Nulla sulla trinità, nulla sulle letture. Per sostenere la certezza della presenza reale di Cristo nell’ostia viene evocato e raccontato, nel dettaglio, il miracolo eucaristico di Lanciano al fine di certificare la materialità della transustanziazione. “Le fibrille della carne del miracolo di Lanciano sono parte del miocardio, quindi noi mangiamo il cuore di Gesù!”. E ancora. “Il peso di un solo globulo rosso del sangue di Lanciano è identico al peso di cinque degli stessi globuli rossi, perciò è vero che Gesù è presente tutto intero in ogni singolo frammento dell’ostia e del vino”. Circa 12 minuti di omelia, su questo unico registro concettuale.

Poi le preghiere dei fedeli, le prime due dedicate ai sacerdoti della parrocchia e poi ai componenti del magistero della Chiesa. Credo recitato in modo classico e canone romano letto dal celebrante in modo molto enfatico, soprattutto alle parole della consacrazione, quasi pronunciate con lo “spelling”. Sul sagrato i gruppetti di giovani seguono le loro chiacchiere (manca solo lo sprtiz in mano, ma per il resto sono quasi come al pub). Nemmeno la recita del Padre Nostro sembra riuscire a generare partecipazione. Nessuna indicazione per la distribuzione dell’eucarestia, perciò dopo un po’ di attesa mi avvicino all’ingresso della Chiesa sperando di capire come farla e posso vedere dentro.

Il celebrante fa sedere ogni singolo bambino in uno sgabello addobbato di bianco, sanifica le mani, prende l’ostia con la destra, si avvicina al bimbo, recita il “corpo di Cristo” mentre gira il viso in direzione del fotografo che a pochi metri inquadra la scena e scatta. A volte non è troppo veloce, perciò il celebrante è costretto a ripetere la formula “corpo di Cristo” per rientrare nel tempo della foto. Dopo ogni comunione sanifica le mani, si asciuga la fronte, con una specie di tic facciale a metà tra un sorriso forzato e un ghigno di fatica. Al termine dei bambini tocca all’assemblea. Due accoliti scendono con le pissidi, uno fuori e l’altro dentro la Chiesa. Dei circa 80 presenti, meno della metà resta in piedi a segnalare il desiderio di fare la comunione. Pure il celebrante scende tenendo la sua pisside con la mano sinistra e con la destra, a palmo aperto la copre a evitare cadute o contaminazione delle ostie.

Il coro intanto continua a riempire il tempo. Una decina di persone, in prevalenza donne, tra i 20 e i 40 anni, cantano una canzone dedicata a Maria, al termine della quale il celebrante si avvia ai riti di conclusione ringraziando tutti: “Coloro che hanno preparato gli addobbi, il sagrato, i librettini, i fiori; ringrazio il coro, i lettori, i genitori che sono stati presenti alle prove”. Si capisce che prova ricordarli tutti.

Sul sagrato, intanto ci sono già i primi movimenti della partenza. La messa è finita, escono alla spicciolata, saluti, abbracci, baci, foto. I bambini si attardano dentro a fare le foto in Chiesa. Non vedo il prete. Mi riaffaccio dentro e non lo vedo. Torno fuori e partecipo alla festa per il figlio del mio parente. Dopo circa 10 minuti, dall’altoparlante il celebrante dice: “Ovviamente ringrazio anche i catechisti dei bambini”. Uno di loro tre, vicino a me scuote la testa, guarda una sua amica e sorridono allargando le braccia. Quando tutti sono ormai usciti e il sagrato è quasi vuoto il prete riappare e si butta a dare una mano al “buttafuori” che nel frattempo ha cominciato a smontare lo schermo posto all’ingresso.

Ho cercato di raccontare i dati senza troppa interpretazione mia, affinché ognuno possa applicare come crede il detto tradizionale: lex orandi, lex credendi, lex vivendi. Allo stesso modo con cui si celebra, si crede e si vive.

 

 

5 risposte a “La messa della prima comunione”

  1. BUTTIGLIONE PIETRO ha detto:

    Imo il Novecento non è servito a niente, è passato senza lasciare nessuna traccia se siamo rimasti fermi a tante manifestazioni del sacro precedenti. A certe luci, a certi canti, a certe processioni, a certe appariscenze, alla partecipazione come massa invece che Persone. Rendiamoci conto che in TUTTI quei secoli la Cultura era appannaggio dei ricchi& nobili, che la massa era analfabeta, sforziamo la ns intelligenza e comprendiamo cone qs condizione facesse mmmolto comodo, CC in primis.
    Se non digeriamo il portato del ‘900 siamo fermi, siamo morti.
    Davvero Dio appeso col ragazzo nel campo nn ci dice niente? Davvero non ci siamo resi conto che c’è più umanità tra gli immigrati raccoglipomodori che in tutti noi messi insieme? Che non è la Bellezza che ci salverà, si rassegni il Vescovo, ma cacciar fuori da noi stessi essere figli suoi, quindi fratelli e se un Dio si è fatto UMANO forse voleva indicarci qualcosa!!
    Buone opere d’arte a tutti.

  2. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Eppure malgrado tutto quanto si dice ed è una realtà di bellezza e bontà c’è bisogno per credere, altrimenti dal fango non ci si salva se non vi è questa chance, Cristo stesso doveva essere bellezza, anche se solo Zeffirelli gli si è avvicinato, nel suo parlare è quello che ha fatto era tutto a dare speranza a dire di un mondo solo gioia che ci attende se… Io ho ricordo bello di quel giorno, quella scuola, dove il canto era con il catechismo ben chiaro nella percezione che si trattava di un incontro con una Persona, esistente dal momento che tutta la società famigliare e comunitaria così dava l’impressione fosse realtà nella quale credere. Certo ci saranno stati anche allora i motivi che oggi si lamenta forse più nascosti. Ma al varco credo tutti ci abbia aspettato quella scelta se “credere o non credere, se avere fede valga la pena per vivere meglio, non solo ma che niente di quanto fatto sia inutile, che esista un Dio che ci vuole vivi per sempre

  3. BUTTIGLIONE PIETRO ha detto:

    Mi perdoni Paola, che apprezzo e stimo….
    ——–
    Se dovessi spiegare a dei bambini cos’è la messa direi che essa è costituita da due momenti importanti:
    …….
    Per dare senso all’intera celebrazione bisogna spiegare ai bambini il significato
    ……..
    Se il mistero non si rende visibile ….
    ………
    Commento:
    La spiega migliore udita in vita mia era l’elenco e la spiega di parole come
    Sacrificio
    Memoria
    e altre due o tre… Chiedo venia ma ogni volta che mi hanno scodellato Dio a 1/2 concetti… Rimasto:zero.
    Imo metodo sbagliato.
    Ancora—- Paola invoca la bellezza

    Non credo tu abbia nostalgia di quelle belle liturgie di una volta.. canti, colori, fumi, musiche, voci alte stentoree..
    Forme cui non corrispondeva…
    Ma davvero una persona BRUTTA deve farmi….. Davvero se sono con Gesù in un posto infame… Sicuri che qs mondo abbia bisogno di bellezza x salvarsi?!

  4. Laura De Angelis ha detto:

    Meno male che i preti si aggiornano continuamente….
    La gente non comprende più di tanto
    salvo lei che elegantemente ci racconta la cerimonia. Forse la buona catechista che alza le mani….ma anche lei elegantemente non dice niente.
    Chi vivrà vedrà…anzi penso si veda già…ma i vescovi e chi di dovere al massimo alza le braccia….

  5. Paola Buscicchio ha detto:

    Se dovessi spiegare a dei bambini cos’è la messa direi che essa è costituita da due momenti importanti: La liturgia della Parola e la liturgia Eucaristica.
    In questi due momenti è racchiuso il mistero di Cristo: ciò che lui ha detto e ciò che ha fatto per noi.
    Per dare senso all’intera celebrazione bisogna spiegare ai bambini il significato profondo delle parole che ascolteranno e dei gesti che vedranno compiersi sull’altare.
    Se il mistero non si rende visibile esso rimane lontano dai cuori dei piccoli.
    Come seme gettato nella buona terra quel seme germoglierà per poi dare frutto.
    S. Agostino diceva che la bellezza salverà il mondo e perchè non anche le nostre liturgie feriali o festive?
    Quanta bellezza c’è per chi sa comprenderla!
    Direi che tutti dobbiamo convertirci ad un modo di vivere il cristianesimo che punti di più all’essenziale.

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