Iniziazione cristiana: in mezzo al guado

Nel cambiamento d'epoca in cui siamo immersi, la sfida per la catechesi di Iniziazione cristiana (e non solo) è continuare a cercare, per approssimazioni successive, di raccontare il Vangelo nel modo più affascinante possibile a chi incrocia le nostre strade.
14 Gennaio 2020

Il ritorno alla quotidianità, dopo le feste natalizie, è stato segnato per me da una immersione nella catechesi. Nei sette giorni appena trascorsi ho incontrato i gruppi di catechisti di due Unità pastorali in diocesi limitrofe alla mia.

Con il primo gruppo, a cui appartengono catechisti di tre parrocchie, avevo già lavorato lo scorso anno. Mercoledì 8 e lunedì 13 gennaio sono stata invitata per due pomeriggi di formazione dedicati a riflettere sulla persona dello Spirito Santo, a partire dall’articolo del Credo e con un aggancio al tema della Cresima. Erano presenti una trentina di catechisti, insieme a uno dei due parroci in solido e al vicario parrocchiale. Ho trovato conferma dell’impressione avuta al nostro primo incontro: gruppo motivato, grande desiderio di crescere.

La parrocchia ha intrapreso l’adeguamento del cammino di Iniziazione Cristiana secondo la traccia della diocesi, che prevede il conferimento della Cresima in quinta e della Comunione un anno dopo, in prima media. Il lavoro si sviluppa in parallelo per bambini e genitori, ed è una scommessa trovare le modalità per coinvolgere, interessare, trasmettere veramente. L’anno catechistico è strutturato in due macro moduli, uno fino a Natale, il secondo dalla quaresima a maggio. Questo per consentire ai catechisti, nella pausa di gennaio-febbraio, di lavorare sulla propria formazione, con incontri di carattere contenutistico e metodologico che si affiancano ai momenti di preghiera comune e alla lectio divina proposte nei tempi forti. L’armonia tra i catechisti, sia pure appartenenti a tre parrocchie unite da pochi anni, è percepibile, nonostante le difficoltà del lavoro di equipe che tutti conosciamo; le fatiche con i bambini e le famiglie vengono affrontate giorno per giorno, lavorando su se stessi e non lasciando mai che si spenga la preziosa domanda che chiude la riflessione di Maria Faccini: “qual è la strada migliore da percorre per aiutare tutti questi giovani che fanno un breve tratto del loro cammino con me a trovare la loro via come adulti cristiani del futuro?”.

Più articolata l’esperienza della seconda Unità pastorale, che comprende quattro parrocchie di piccole dimensioni, adagiate tra il fondovalle e le pendici dei monti. La realtà socioeconomica è assai diversa, la vivacità invece è comune.

Il Consiglio pastorale, da quest’anno, ha iniziato una sperimentazione. L’Unità pastorale segue già il progetto catechistico diocesano, che prevede il conferimento di Cresima e Comunione intorno agli undici anni, ma la riflessione ha condotto a un tentativo interessante: investire decisamente le energie sulla formazione degli adulti e dei catechisti, scelta che a lungo termine non mancherà di avere un riflesso sui cammini con bambini e ragazzi.

Si è così deciso di ridurre drasticamente gli incontri di catechismo (per tutti uno al mese, di domenica mattina; chi è impegnato nel cammino verso i sacramenti partecipa anche ad alcuni incontri più distesi, tra sabato pomeriggio e domenica, vivendo così un’immersione nella dinamica sacramentale fatta di esperienze e di condivisione). In parallelo, anche i genitori vengono invitati a delle catechesi (almeno cinque nell’arco dell’anno); accanto a questi momenti specifici, l’UP propone a tutti gli adulti la lectio divina durante i tempi forti. Una cura particolare è riservata alla catechesi pre-battesimale, e l’intenzione è di lavorare in futuro per le famiglie con bambini di età prescolare (0-6 anni). Molto corposo l’investimento sulla formazione dei catechisti, ai quali il carico di lavoro con i catechizzandi è stato temporaneamente alleggerito anche per agevolarne la partecipazione.

Ho toccato con mano, ancora una volta, il grande lavoro intrapreso dalle diocesi (avrà certo dei limiti, ma troppo spesso è misconosciuto), e soprattutto la passione per la trasmissione della fede che anima molti cristiani, le fatiche e le domande che si ripetono, la speranza che consente di non fermarsi. Qualcuno mi ha chiesto: “Nonostante tanto lavoro, mi sembra ancora che ciò che diciamo non incida in profondità, che passi presto nel dimenticatoio”; una catechista lamentava il numero troppo alto di ragazzi nel proprio gruppo, che impedisce una catechesi efficace; qualcun altro ha notato come i genitori, presenti in massa agli incontri formativi, poi non partecipino alla Messa domenicale…

Io rispondo con la sola ricetta che ho trovato finora: siamo immersi in un cambiamento d’epoca. Se dovessi utilizzare un’immagine direi che siamo in mezzo a un guado. La sola cosa giusta da fare è continuare a camminare, ovvero cercare, per approssimazioni successive, di raccontare il Vangelo nel modo più affascinante possibile a chi incrocia le nostre strade: per molti di loro le nostre semplici, feriali, limitate realtà sono le uniche attraverso cui avranno l’opportunità di sentir parlare, davvero, di Gesù di Nazaret.

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