In memoria di Josef Mayr-Nusser

La libertà della persona e la sua centralità nella società sono gli ideali che hanno condotto al martirio Josef Mayr-Nusser, a dimostrazione che la fede non è una teoria ma una pratica decisiva per la vita privata e pubblica.
30 Ottobre 2020

«Giuro a te, Adolf Hitler, come Führer e cancelliere del Reich tedesco, fedeltà e coraggio. Prometto a te, e ai comandanti che mi darai, fedeltà assoluta fino alla morte. Che Dio mi aiuti!». Sono queste le parole che avrebbe dovuto pronunciare, parole di adesione e cooperazione alla barbarie nazista. Parole che in cuore suo lo rendevano complice di un potere in aperto contrasto con la sua fede, con i suoi ideali, con la sua vita. Siamo agli sgoccioli della seconda guerra mondiale, il regime nazionalsocialista invade il nord Italia e Mayr-Nusser viene chiamato alle armi.

Non sa ancora se verrà arruolato nelle SS o nell’esercito regolare e per evitare che la sua famiglia subisca delle ripercussioni decide di partire. Al termine dell’addestramento le circostanze diventano chiare davanti ai suoi occhi: verrà chiamato a diventare parte delle SS e di quel regime che a casa, come membro di Azione Cattolica aveva tanto criticato. Dopo il rifiuto del giuramento, decisione che lo condannerà al campo di concentramento di Dachau e alla morte avvenuta sul treno merci che lì lo stava portando, dirà a un compagno d’addestramento: «se mai nessuno ha il coraggio di dire loro che non è d’accordo con le loro visioni nazionalsocialiste, le cose non cambieranno».

La libertà dell’individuo, il potere decisionale della persona, la sua centralità all’interno della società, sono questi alcuni degli ideali in cui Josef Mayr-Nusser credeva fermamente e che lo hanno portato a compiere le sue scelte. Questi sono anche principi fondamentali che ci siamo dati con la Costituzione dopo la fine della seconda guerra mondiale e sono al tempo stesso fondamenti comuni dell’Unione Europea. In Mayr-Nusser questi principi sono il frutto della sua fede, della sua religiosità. È consapevole che la fede non è una teoria, ma soprattutto una pratica e la pone così come principio per le scelte della sua vita sia privata che pubblica fino alla conseguenza più radicale.

Le conseguenze del suo gesto erano chiare nella sua mente eppure la sua non è la scelta di una persona che si vuole immolare ma è innanzitutto una scelta di coscienza: il potere nazista si scontra con la sua fede e i suoi ideali. Ma è anche la presa di posizione di una persona consapevole di non essere una figura isolata quanto piuttosto il membro di una comunità in cui ha un ruolo sociale e verso cui ha una responsabilità.

Vi è quindi una visione politica e sociale di fondo: le scelte di ognuno di noi hanno delle conseguenze sulla polis, sulla società tutta. Non esiste quindi solo il bene mio, personale, individuale, ma esiste anche il bene di una comunità ed era fermamente convinto che il bene del singolo si realizza nel momento in cui è coerente con il bene di tutti. Ma queste motivazioni non solo le uniche che possiamo intravedere nella sua testa: vi è anche la consapevolezza che come uomo, come padre e come persona impegnata nella vita pubblica il suo compito sia quello di essere d’esempio. Un’ultima motivazione, ma centrale per importanza, è quella religiosa, come abbiamo detto, la sua fede, la fede cristiana era ed è in aperto contrasto con questa ideologia.

La fede viene così ad assumere in lui quella dimensione sociale e politica di cui non può fare a meno, la fede senza opere è morta come ci ricorda la Lettera di Giacomo. È necessario però capire qual è il ruolo sociale della fede, come si deve muovere nello spazio pubblico a favore di quei principi come la libertà e la centralità della persona che è chiamata a valorizzare. Ancora una volta possiamo rispondere a questa questione guardando all’esempio di Mayr-Nusser. Egli non aveva nessun intento apologetico, semplicemente aveva una fede religiosa che muoveva le sue azioni e in cui credeva fermamente. La sua decisione nasce dal bisogno di vivere nella sua quotidianità quella fede che tanto lo affascinava e questo lo ha fatto diventare testimone. Mettere in movimento la propria fede nel luogo in cui si vive, nella società di cui si fa parte è la vera testimonianza. È la testimonianza che noi siamo chiamati a fare ancora oggi, attraverso le pratiche, attraverso la vita concreta.

Nel fare questo ci insegna anche un modo, egli sentì il dovere di dare una testimonianza forte e chiara, facendosi carico anche della sua tragicità, ma non disse mai che gli altri dovevano fare altrettanto. Rispettò e seguì la sua coscienza ma rispettò anche quella degli altri. Testimonianza è la parola chiave, Mayr-Nusser avrebbe potuto fare il giuramento e semplicemente non compiere azioni che andavano contro la sua fede ma in lui era forte anche la necessità, in virtù del suo ruolo sociale, di essere testimone, di assumere la verità evangelica in tutta la sua portata, in tutto il suo peso.

Mayr-Nusser riesce così a mostrare la costante attualità della fede cristiana, mostrando come essa riesce ancora oggi a scuotere la coscienza delle persone, a mostrare le contraddizioni del mondo in cui viviamo, ad offrire uno sguardo critico sul reale.

2 risposte a “In memoria di Josef Mayr-Nusser”

  1. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    [continua]:mi ha supportato e dato consigli nei momenti molto difficili per me.ricordo le chiacchierate sui libri, faceva la caricatura del mio accento colombiano. Mi sono sentito voluto bene, che mi conoscesse a fondo sapesse le debolezze e i miei punti di forza. Con nessun altro prof mi sono aperto così tanto, il valore della vita,secondo me,e dato dai bei ricordi e il Prof.Paco me ne ha donato tantissimi come Studente ma soprattutto come persona. Il padre di Paco è un ex cardiologo infantile. Tutta la Scuola durante il pomeriggio ha voluto ricordare Paco attraverso la musica,la poesia Il liceo Salvemini non ha potuto evitare di inviargli l’ultima lettera d’amore di una scuola,”la sua scuola dove suo figlio trascorreva la maggior parte del suo tempo”spiegano i suoi studenti Oggi gli abbiamo inviato il video della funzione di tutti noi al padre.Un medico chiuso nel silenzio è un figlio che si è preso cura di noi e il lascito di Paco a tutti noi” (letto su Repubblica)

  2. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    La comunità piange il Prof. Francisco Jose Oliver Catala’. “Amarlo era inevitabile,oggi Bari piange. Insegnante di diritto e di spagnolo, moglie e due figlie:”lo ameremo e e custodiremo il ricordo come un dono che la vita ha fatto a chi lo ha conosciuto. Resterà esempio di dignità sensibilità amore per la vita, per il lavoro,per gli altri, la Preside liceo Salvemini. Un allievo:”cosa ci lascia? Qualcosa per il quale io non troverò le parole, neanche se mi dovessi laureare in Lettere. Resta unico anche per i colleghi: Andrea,studente:”Razza rara: diceva sempre: vale la pena”, era di quei docenti che un giorno daranno lustro alla mia paternità, perché essenzialmente, al di là di quello che ci insegnava, si prendeva cura di noi. Soprattutto ci ascoltava”.Altro Studente:” per lui la scuola era un’altra parte della famiglia. Michele:”con il suo umorismo e la sua umiltà mi resi conto di avere davanti una persona speciale, un prof.unico.Mi sono sentito voluto bene.”

Rispondi a Francesca Vittoria vicentini Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

I commenti devono essere compresi tra i 60 e i 1000 caratteri. I commenti sono sottoposti a moderazione da parte della redazione che si riserva la facoltà di non pubblicare o rimuovere commenti che utilizzano un linguaggio offensivo, denigratorio o che sono assimilabili a SPAM.

Ho letto la privacy policy e accetto il trattamento dei miei dati personali (GDPR n. 679/2016)