Il piccolo gioiello

Mi sono sentita parte di qualcosa di bello: ho intuito l'azione ancora presente di una fede semplice, e viva
3 Gennaio 2019

La chiesa è un piccolo gioiello, rimasto miracolosamente intatto nonostante gli anni di guerra che tanto aspramente hanno ferito le montagne del mio Veneto. Una lapide posta sulla facciata informa che la prima pietra è stata posata nel 1536. Ogni volta che entro, percorrendo le pietre usurate della navata centrale, non posso fare a meno di pensare ai milioni di passi che, prima dei miei, le hanno calcate, al pianto e al riso, alle preghiere e alle invocazioni, alla fede raccolta tra queste mura. È un mistero come una comunità così piccola (e nel passato povera di tutto, anche di acqua), abbia potuto sostenere l’edificazione di un simile tesoro, ma la chiesa è lì, a dire di una speranza mai spenta e di una indomita tenacia.
Sono arrivata un po’ prima, per la Festa della Santa Famiglia, e sono seduta nella navata laterale. Mi guardo intorno: sugli altari ci sono diversi presepi di cartoncino eseguiti dai ragazzi di catechismo, che quasi accompagnano al grande presepio ‘normale’; sui gradini dell’altare dedicato al Sacro Cuore di Gesù c’è una bella riproduzione in legno del campanile, chiaramente opera di un parrocchiano. Sembra di essere in una casa in cui si espongono con orgoglio i disegni dei figli, tutto l’ambiente trasmette un senso di coinvolgimento e di cura amorevole.
Intanto la chiesa si sta riempiendo: l’assemblea è variegata, l’età media è abbastanza alta, ma non mancano le famiglie con figli piccoli o adolescenti.
All’ingresso del prete si leva dall’assemblea una voce femminile: “Canto a pagina 152”. E intona “Venite fedeli”. Non faccio in tempo a chiedermi come mai non ci sia la corale, perché vengo sorpresa da un canto, questo sì, corale, a cui partecipano praticamente tutti i presenti. C’è anche qualcuno, da un punto non identificabile della navata, che sostiene il controcanto … Il risultato è splendido, davvero. Penso ai cori di montagna, ad una attitudine di questa gente a cantare insieme che, evidentemente, non è stata ancora dimenticata, alla differenza con quanto mediamente avviene nelle nostre comunità.
La messa quindi inizia con un sorriso. E continua così: i canti con i quali viene animata la celebrazione sono i più classici, “Astro del Ciel”, “Tu scendi dalle stelle”, tutti eseguiti con la medesima maestria, tutti adatti a favorire l’immersione nel clima natalizio. Don Lorenzo celebra in modo semplice, ma molto sentito. Intorno a lui ci sono quattro ministranti, due sono ragazzine di circa dodici-tredici anni e due sono bambini più piccoli, uno dei quali ha la sindrome di Down. Gli altri tre lo coccolano con gli occhi, lo guidano nelle azioni, lo incoraggiano.
Alla fine mi dispiace davvero che la messa si concluda. Mi sono sentita parte di qualcosa di bello: ho ascoltato una Parola densa, ho partecipato con il popolo santo di Dio che gioiva, ho pregato con famiglie che pregavano, ho imparato da amici che sostenevano, insieme abbiamo incontrato il Signore. Ho intravisto qui le condizioni perché i bambini potessero crescere ‘in sapienza età e grazia’, ho intuito l’azione ancora presente di una fede semplice, e viva. Mi domando se saremo capaci di preservare e far crescere questo patrimonio. Mi domando quale può essere il mio contributo, in tutto questo.

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