I tre poli della Chiesa “post Coronavirus”

Scriveva san Paolo: “Non spegnete lo Spirito”. La Chiesa italiana lo saprà ascoltare?
18 Agosto 2020

Scriveva quattro mesi fa Philip Jenkins, docente di Storia delle religioni negli Usa, che storicamente le pandemie hanno “minato la tenuta delle strutture religiose più antiche e favorito il diffondersi di fedi più energiche e nuove”. Farà eccezione la pandemia in cui siamo immersi? Assurdo pensarlo.

Guardando all’Italia, mentre si accettano pronostici riguardo alle “fedi più energetiche e nuove” che trarranno beneficio dal Covid-19, appare ovvio che è proprio il cattolicesimo la confessione “più antica” destinata a subire il contraccolpo peggiore.

Continua Jenkins: “Quando scriveremo la storia delle chiese, penso che il 2020 risulterà un anno spartiacque. La gente ricorderà il mondo religioso BC, ovvero Before Coronavirus”.

In questo scenario, come fare perché possa cominciare per le comunità cristiane una vita “after Coronavirus”? Se durante i mesi di lockdown gli sforzi erano finalizzati più che altro a mantenere il più possibile una qualche forma di “normalità” – semplicemente spostando nel mondo virtuale ciò che prima si svolgeva in presenza – ora è forse necessario capire che non basta più riproporre il passato: si tratta di reinventarsi il futuro.

La Chiesa “post Coronavirus”, papa Francesco e lo Spirito Santo

Il coronavirus ha accelerato nei mesi scorsi la digitalizzazione di aziende e istituzioni, parrocchie e diocesi comprese. Ora porterà – costringerà – la Chiesa italiana a compiere quella trasformazione mentale, prima ancora che pastorale, che da anni, forse decenni, non aveva il coraggio di avviare?

Non tutti sono ancora coscienti di quanto la pandemia stia affrettando processi ineluttabili. Anche tra chi ne è consapevole, aleggia nella maggior parte dei casi un misto di paura e smarrimento che rende difficile, se non impossibile, trovare nuove strade.

Ma se a soffiare fosse invece lo Spirito Santo? È quanto auspica Leonardo Boff, teologo e scrittore brasiliano, in un suo recente libro (Soffia dove vuole, EMI 2020). Vita ne ha pubblicato un interessante estratto dal titolo Chiesa cattolica, sorgente di acque morte?.

Secondo Boff, “di fronte alla crisi globale, invece di affrontarla con coraggio, fino all’avvento di papa Francesco la chiesa si è rifugiata in sé stessa”. Eppure “se ci sono istituzioni che potrebbero osare fino al limite dell’eresia, poiché si sentono accompagnate dallo Spirito, dovrebbero essere le chiese cristiane”.

“Tutto pare essere cambiato” con l’avvento di papa Francesco, “venuto dalle nuove chiese del Terzo mondo, dall’Argentina”. Egli, secondo Boff, “ha inaugurato un vigoroso ritorno alla vera tradizione, che è detta la «Tradizione di Gesù»” e “comporta una depaganizzazione della chiesa”.

I tre poli di papa Francesco

“Ma la vera rivoluzione ecclesiale” introdotta da papa Francesco “è stata quella di dare centralità a tre poli: Gesù, i poveri, la persona umana concreta, indipendentemente dal fatto che sia credente o meno”. Se fossero questi i pilastri della Chiesa “dopo Coronavirus”?

Gesù. “Il Gesù storico, non il Cristo Pantocratore della teologia trionfante successiva”. “Il Nazareno si è presentato povero, con un messaggio incentrato sull’immagine di un Dio Padre con caratteri di madre, con un amore incondizionato, con una misericordia senza limiti, vicino alle masse impoverite, privilegiando gli umiliati e quanti vengono resi invisibili”. A costoro “infonde speranza, forza di resistenza e capacità di inventare un altro tipo di società, meno cattiva di quella attuale”.

I poveri. «Come vorrei una chiesa povera e per i poveri». Per papa Francesco non sono semplicemente un’opzione, ma un incontro concreto e costante. Ad esempio “a Lampedusa, nel centro di accoglienza dei gesuiti a Roma, in Calabria”. Egli stesso “vive sobriamente”, “mangia insieme agli altri e vive in una stanza qualunque”. In poche parole, “mostra come deve essere la chiesa: solidale con coloro che più soffrono nel mondo”. Perché “i poveri sono «la carne di Cristo»”.

La persona umana concreta, credente o meno. “Francesco vede la chiesa non come una fortezza che deve difendersi dalla contaminazione del mondo, ma come una casa aperta, da dove i ministri escano incontro ai fedeli e dove i fedeli entrino per sentirsi come a casa propria”.

Indicazioni troppo teoriche? Del resto, come aveva detto lo stesso Francesco nel 2013, nel corso di una lunga intervista concessa a La Civiltà Cattolica, “le riforme organizzative e strutturali sono secondarie, cioè vengono dopo. La prima riforma deve essere quella dell’atteggiamento”.

“Non spegnete lo Spirito”

E lo Spirito Santo? Secondo Boff, “nella dottrina comune, l’organizzazione ecclesiastica ha eliminato lo Spirito Santo. È attraverso di questa che lo Spirito agirebbe, dimenticando che, secondo san Paolo, lo Spirito è stato dato a tutti e ha distribuito i suoi carismi secondo il suo disegno, e non secondo l’approvazione della gerarchia”.

In altre parole, “è andato smarrito il carisma, il momento paolino (san Paolo è il principe della libertà cristiana). Ora, la chiesa ha il suo fondamento su entrambi gli apostoli: Pietro e Paolo”. Ed è proprio “il carisma ad attualizzare e innovare continuamente il messaggio di fronte ai mutamenti storici”.

Scriveva san Paolo: “Non spegnete lo Spirito” (1Ts 5,19). La Chiesa italiana lo saprà ascoltare?

 

3 risposte a “I tre poli della Chiesa “post Coronavirus””

  1. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Un celebrante la messa di questa sera teletrasmessa nell’omelia ha rivelato un successo pastorale,di aver battezzato un adulto musulmano, il quale ha impiegato anni a conoscere Cristo.Alcuni che gli si erano rivolti a voler aprire una moschea gli avevano chiesto come poteva credere che Gesù fosse il Figlio di Dio.Molto più della frequentazione ai riti e orazioni vale saper mettere in pratica la Parola. Poter Rispondere alla domanda: chi crediamo Lui sia” significa conoscere Lui è il Padre, con l’aver fatto esperienza di vita nella sua Parola. Dar senso e corpo al credere, crea futuro per se e per il prossimo, essere il futuro del ieri è diventarlo già del domani.Non solo il coronavirus dunque ma tanti idoli minano le forze vitali e del corpo e dell’animo umano, sicche e anche per la volontà che si impone alla ragione di seguire lo Spirito che realizziamo l’amore cristiano.

  2. BUTTIGLIONE PIETRO ha detto:

    Cerco di andare oltre le parole.
    Alla radice.
    Il richiamo allo Spirito.
    I.e. a DIO.
    Con COSA Lo abbiamo sostituito? Con noi stessi, anzi con la CC, la Gerarchia. Ma forse non abbiamo trascurato anche il Padre?! E Gesù, messo e visto SOLO in Croce e nell’Ostia.
    E la Parola? Grande assente.
    Anche in qs analisi.
    E l’assunto del Vat. II :
    CC=Popolo di Dio che fine che ruolo?
    Nei 4 invitati ai Sinodi??
    Oltre le parole. Con sano realismo.
    SE ci aspettiamo che cambi la testa e le forme della Gerarchia… 200 anni? bah..
    Deve essere il Popolo a cambiare loro. Dalla base. Dalla località.
    Tessere, come scrive benissimo Gil, UMANE RELAZIONI, fuori da Gerarchie, Parrocchie in sfacelo, Vescovi paludati delle proprie ricchezze. Ne siamo stufi.

  3. gilberto borghi ha detto:

    Citare Boff è una bella cartina di tornasole. Chi non ha alcuna intenzione di guardare al futuro e si rifugia nel passato immediatamente attaccherà, perchè teologo comunista, come se il comunismo gosse ancora qualcosa di reale.
    Ma nel merito il tradurrei, nella pastorale concreta, queste tre parole con altre tre.
    Contatto con Dio. Un operatote pastorale, prete o laico che sia dovrebbe far partire tutto da qui. Nelle nostre agende quanto tempo dedichiamo a questo?
    Relazione. Ogni operatore personale dovrebbe riempire la propria agenda con le relazioni quotidiane con le persone concrete che incontra.
    Annuncio. Non serve dire a tutti Dio ti ama. Serve avere il coraggio di condividere la propria esperienza di fede, ammesso che se ne abbia una, nelle relazioni umane coltivate quotidianemente.

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