I silenzi di Francesco

I silenzi di Francesco
3 Maggio 2017

Non si può non comunicare. Una cinquantina di anni fa Watzlawick ce lo ha reso evidente. Ma a volte ho l’impressione che fatichiamo a ricordarcene. Tanto che le parole e i fatti, nella nostra percezione, spessissimo finiscono per essere gli unici mezzi a cui attingiamo per “cogliere” il messaggio comunicativo di qualcuno. Dimenticando così l’altro enorme strumento di comunicazione, in cui anche parola e gesti si appoggiano per avere senso: il silenzio. Papa Francesco non fa eccezione.

Nella mia memoria ho accumulato tre silenzi di Francesco, che ancora mi interrogano. Non parlo tanto di quello più conosciuto: il potente e fragoroso silenzio tenuto nel campo di sterminio durante la visita ad Auschwitz-Birkenau. Talmente eloquente da non richiedere interpretazioni. Parlo di tre situazioni, scollegate tra loro, accadute negli ultimi 7 mesi, che invece richiedono un tentativo di comprensione.

La prima, quella di cui più si è parlato. Il 19 settembre 2016, quattro cardinali scrivono una lettera a Francesco con alcune domande di chiarimento sulle interpretazioni di alcuni passi dell’esortazione apostolica “Amoris Laetitiae”. La reazione di Francesco? Il silenzio. Anche quando, due mesi più tardi, la lettera è stata resa pubblica sui giornali, Francesco non ha fiatato. Molti, sia pro sia contro Francesco, si sono precipitati a dire che almeno avrebbe dovuto mostrare una reazione di qualche tipo. No, Nulla. Silenzio. Che ognuno poi ha interpretato a vantaggio della propria parte “politico-teologica”.

La seconda. Di cui si è parlato già meno. Il 1 marzo 2017 la sig.ra Marie Collins si dimette da membro della Pontificia Commissione per la Protezione dei Minori, voluta direttamente da Francesco stesso nel 2014 con il compito specifico di proporre le iniziative più opportune affinché “i reati come quelli che si sono verificati (leggi pedofilia!) non siano più ripetuti nella Chiesa”. La sig.ra Collins, vittima da bambina di abuso clericale, era una dei membri espressamente voluti da Francesco stesso e ha motivato la sua decisione per una “mancanza di collaborazione da parte del dicastero che è maggiormente coinvolto nell’affrontare i casi di abuso”. Il papa ha accettato le sue dimissioni con profondo apprezzamento per il lavoro già svolto. Ma non una parola sul merito dell’accaduto. Silenzio anche qui.

La terza. Meno conosciuta, di questi giorni. Il 10 febbraio 2017 papa Francesco nomina padre Giovanni Salonia, cappuccino di Ragusa e psicoterapeuta di fama mondiale, Vescovo ausiliare di Palermo. A metà di marzo però, si viene a sapere che la nomina di Salonia è stata sospesa. La Congregazione per i Vescovi reagisce con stupore, ammettendo di non saperne nulla. A dimostrazione di come l’origine della sospensione non siano le presunte lettere di attacco al celibato di padre Salonia, quanto piuttosto la recrudescenza di una lotta interna al vaticano, sui criteri di nomina dei vescovi, tra Francesco e il Nunzio apostolico in Italia, monsignor Adriano Bernardini. Il 27 aprile, Padre Salonia rinuncia alla nomina “per non turbare la serenità e la gioia della comunità ecclesiale” e perché “l’esercizio del mio ministero non sia inquinato”. Anche qui, per ora, il papa sceglie il silenzio, a fronte di una situazione quasi inedita e di un’altrettanto rarissima rinuncia all’episcopato. Che va a onore di Padre Salonia, davvero uomo di Dio, a cui, ne sono certo, prima o poi la vita renderà merito.

Cosa hanno in comune queste tre situazioni? Per tre volte Francesco, nel difficile rapporto con parti della gerarchia e del governo ecclesiale, aveva la possibilità di calare un “asso” per vincere una mano nella partita “politico-teologica” in atto, ma non lo ha fatto. Ha preferito il silenzio. Come mai?

Dopo i discorsi tenuti durante il viaggio al Cairo una risposta forse c’è. Alla conferenza per la pace Francesco dice: “La sapienza ricerca l’altro, superando la tentazione di irrigidirsi e di chiudersi. (…) prepara un futuro in cui non si mira al prevalere della propria parte, ma all’altro come parte integrante di sé”. Nell’omelia della messa del 29 aprile aggiunge: “La vera fede è quella che ci porta a proteggere i diritti degli altri, con la stessa forza e con lo stesso entusiasmo con cui difendiamo i nostri. (…) Dio gradisce solo la fede professata con la vita, perché l’unico estremismo ammesso per i credenti è quello della carità! Qualsiasi altro estremismo non viene da Dio e non piace a Lui!”. Infine col papa copto Tawadros II parla di “ecumenismo del sangue”, piuttosto che cedere alla tentazione di “rispondere col male al male”.

Insomma, il tentativo di far vincere la “propria parte”, non è compatibile col cristianesimo. Perciò anche quando ci si può portare a casa un buon risultato (per la propria parte), meglio non farlo e tacere. Perché? E’ ancora Francesco a dircelo nella stessa omelia: “Noi non possiamo incontrare Dio senza crocifiggere prima le nostre idee limitate di un dio che rispecchia la nostra comprensione dell’onnipotenza e del potere. Quante volte l’uomo si auto-paralizza, rifiutando di superare la propria idea di Dio, di un dio creato a immagine e somiglianza dell’uomo!”

Dalmonte Fantozzi Mogardi Salomone: L’amore conta; Se il mondo fosse.

Zanpollo Ghinassi Benerecetti Montanari: Amen; Loosing my religion

Balelli Placci Mirri: Simpaty for rhe devil; Secondo medioevo

Emiliani Morini Caldani: Jesus don’t want me as a sunbeam; Loosing my religion

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