In queste settimane è ripreso l’anno catechistico e dall’elenco dello scorso anno i ragazzi schierati in ordine alfabetico sembrano guardarci con le loro attese di sempre. Fra le sorprese (“ma che sorpresa – sbotta qualche catechista navigato – è ogni anno così!”) ecco spuntare la richiesta di alcune famiglie di poter iscrivere alla preparazione alla Cresima i loro ragazzi e “poterli prendere” nel gruppo.
Ma lo scorso anno dov’eravate? non avete capito che si tratta di un percorso triennale…? Perché dovremo fare favoritismi con voi? Le reazioni, in genere, sono sfuggenti, ma – a parte qualche caso particolare, come arrivi da altre città o motivi di salute… – confermano l’impressione che quell’anno di catechesi sia stato “saltato” strategicamente, d’intesa con le famiglie. Una sorta di scorciatoia (un anno di riunioni fisse in meno, qualche allenamento sportivo in più) con rientro in pista giusto in tempo per assicurarsi il traguardo del sacramento.
Potremo chiamarli un po’ severamente – alla stregua di chi riesce a evitarsi qualche anno propedeutico alle scuole musicali – gli opportunisti della catechesi, ben sapendo però che dietro ogni famiglia ci sono altrettante storie di rapporti con la fede e con la parrocchia, da comprendere e con cui “riconciliarsi”.
Ma qui c’interessa valutare l’atteggiamento del gruppo che, insieme al parroco, cura l’iniziazione cristiana di tutti i ragazzi, compresi quelli dalle scorciatoie facili. E fra i catechisti generalmente si percepiscono due posizioni, una più tollerante e l’altra più rigida, con tutte le sfumature del… caso.
Anche se un ragazzo si fa vivo in ritardo, non possiamo più permetterci di dire no a chi bussa alle nostre porte – ecco il primo atteggiamento “buonista” – perché anche quella richiesta tardiva o studiata può essere comunque l’aggancio occasionale per proporre una ri/scoperta della fede. Non possiamo tenere gli elenchi della catechesi come fossero registri di classe (“quante volte abbiamo detto che qui in parrocchia non siamo a scuola”) e avvalorare l’idea che la parrocchia sia un’agenzia formativa rigida come tutte le altre. E l’atteggiamento evangelico del padre misericordioso? In tempi di nuova evangelizzazione, l’apertura missionaria non dovrebbe raggiungere anche le famiglie dei “furbi”?
Secondo questo primo partito trasversale fra i catechisti, tutto dipende dalla qualità della proposta di catechesi, dal metodo, dall’appeal, dal fare vera esperienza di gruppo, quella che farà sì che i ragazzi non si perdano in una fuga senza ritorno dopo la Cresima.
La seconda posizione: non è tanto questione di rigidità su “regole valide per tutti”, ma soprattutto di serietà del cammino catechistico, graduale e comunitario, e quindi anche delle motivazioni con cui lo si intraprende. Se al ragazzo/famiglia opportunisti interessa solo “mettere in saccoccia” il sacramento, ottenendo il massimo risultato col minimo sforzo, sarà bene dissuaderli subito. Non si tratta di essere inflessibili con il singolo caso, ma coerenti ed esemplari con tutti, anche per evitare il “pendolarismo dei sacramenti” che vede le famiglie orientarsi verso la parrocchia dalle porte più comode, anche se gli “Orientamenti” diocesani raccomandano il criterio dell’appartenenza territoriale. E non dimentichiamo il valore della partecipazione a tutta la vita parrocchiale, all’Eucaristia della domenica, ai gesti di carità previsti nella catechesi… insomma, chi parte col bilancino parte male.
Se il ragazzo (e la sua famiglia) non hanno maturato questa consapevolezza allora possono piuttosto ricominciare il cammino dal primo dei tre anni,inserendosi nel gruppo dei più giovani, oppure li attenderemo per l’esigente catecumenato. Se diciamo sempre che oggi la scelta dell’iniziazione cristiana è personale (non automatica o imposta dalla tradizione), non è pedagogico fare degli sconti.
Cosa consigliare dunque al parroco, quando riceverà l’ennesima telefonata di qualche opportunista?