Fase sinodale continentale: sacerdozio universale, corresponsabilità, riforma strutturale – 2

Le vicende di cronaca ecclesiale dell’ultimo mese rendono ancora più importante quanto emerge dal documento per la fase sinodale continentale
28 Dicembre 2022

Dopo aver messo in evidenza la questione dell’altro nella prima parte dell’analisi del Documento di lavoro per la tappa continentale (DTC) del cammino sinodale, in questa seconda parte è necessario puntare i riflettori sull’altra importante esperienza/idea chiave del DTC, ossia la riscoperta della comune dignità battesimale (§22) e vocazionale (§57) – nessuno escluso (§103) – come ciò che rafforza il sentimento di appartenenza alla Chiesa e la coscienza che quest’ultima non è costituita solo da sacerdoti e vescovi (§16). Verso quest’ultimi non è emerso alcun anticlericalismo, ma apprezzamento, affetto e preoccupazione, insieme però al franco desiderio di una loro migliore formazione e minore clericalismo – inteso come «impoverimento spirituale… rigidità, attaccamento al potere in senso legalistico e un esercizio dell’autorità che è potere più che servizio» (§58) – a vantaggio invece di forme di «leadership relazionali e collaborative» e di «autorità capaci di generare solidarietà e corresponsabilità», soprattutto verso coloro che «desiderano mettere i propri talenti e capacità a disposizione della Chiesa» (§59).

In cima a questi ‘coloro’ – e in un modo ancor più netto di quanto fa la sintesi italiana – il DTC pone le donne (religiose e laiche), il cui «ruolo» rappresenta «un punto critico su cui si registra un’accresciuta consapevolezza in tutte le parti del mondo» (§60; §63). Punti fermi sono: il riconoscimento della loro maestria nella pratica di modalità sinodali in contesti sociali difficili (§65), la valorizzazione dei loro carismi e delle loro capacità decisionali (spesso emergenti dal loro essere «relegate su un margine profetico») (§61), insieme al parteggiare per loro in quanto prime vittime della povertà, dell’esclusione e della violenza (§62) – «manodopera a basso costo» financo dentro la Chiesa stessa (§63). Le Chiese locali, però, «non concordano su una risposta unica o esaustiva»: se molte di esse «chiedono che la Chiesa prosegua il discernimento su alcune questioni specifiche» (governo, predicazione, diaconato), «a proposito dell’ordinazione presbiterale (…) alcune sintesi [la] auspicano, mentre altre la considerano una questione chiusa» (§64).

In questo ambito, si noti poi che nel DTC, a differenza della sintesi italiana (taciturna sul punto), viene verbalizzata una verità problematica a tutti nota che spesso, però, resta il lato oscuro della luna/questione femminile: «le donne rimangono la maggioranza di coloro che frequentano la liturgia e partecipano alle attività, gli uomini una minoranza», per cui «è chiaro che la Chiesa deve trovare il modo di attirare gli uomini a un’appartenenza più attiva alla Chiesa» (§61).

Il tema della «corresponsabilità» tocca infatti, in modo più generale, tutti i «fedeli». Qui il DTC riconosce, come già la sintesi italiana, «una certa fatica» a praticarla realmente (§66) – soprattutto nel momento in cui si tratta di riconoscere «la pluralità dei ministeri» (§67), oltre ad ammettere che «non mancano interrogativi» circa una «ministerialità laicale» che sia riconosciuta o promossa dalle comunità ecclesiali (§68). Riguardo, poi, la nota positiva della «varietà di carismi e ministeri che emergono in forma organizzata all’interno delle associazioni, dei movimenti laicali e delle nuove comunità religiose» (§69), il DTC precisa anche che «i religiosi e le religiose, così come i movimenti apostolici laicali, spesso rimangono sottilmente o apertamente ai margini delle dinamiche diocesane» (§66): si tratta della ricorrente dialettica tra «ministerialità» e «istituzionalizzazione» (§69), «dimensione carismatica» e «istituzionale» (§70).

Questioni simili emergono quando il DTC affronta il rapporto tra liturgia e sinodalità (§88), soprattutto in riferimento all’Eucaristia (§89) – di cui molti degli altri, per cause diverse, soffrono la «deprivazione» (§94) – ma anche relativamente alla religiosità popolare (§90). Nella celebrazione liturgica si manifestano, infatti, problemi di «partecipazione attiva», di «accoglienza di tutte le differenze», di «valorizzazione di tutti i ministeri» e di «riconoscimento di tutti i carismi» (§91), oltre ai soliti «limiti principali della prassi celebrativa» (§93). Di conseguenza il DTC evidenzia la richiesta di rendere la celebrazione liturgica «più accessibile nella vita ordinaria delle comunità» (§95), maggiormente caratterizzata da «condivisione dialogica e convivialità fraterna» (§96), sempre rispettosa della «varietà delle tradizioni rituali» (§97). Rispetto alla sintesi italiana emergono con chiarezza due «nodi di conflitto»: dentro la Chiesa cattolica la «Messa preconciliare» e, in ambito ecumenico, «la condivisione dell’Eucaristia» (§92). Non a caso, un’altra novità rispetto alla sintesi italiana è stata la forza con cui nel DTC viene riportato, «in contesti che vedono la presenza di numerose denominazioni cristiane», «il desiderio di un più profondo dialogo ecumenico e la necessità di formazione a questo riguardo» (§22; ma anche § 45 e 47 – in tema di ambiente – e §48 e §49 – per il dialogo teologico e della vita).

Le «tensioni» già emerse in merito alla relazione della Chiesa con l’altro diventano palesi nel momento in cui si parla di sacerdozio universale e di corresponsabilità. Perciò il DTC manifesta la necessità di riforme strutturali (§44) per «articolarle [e] sfruttarle come fonti di energia [non] distruttive»: «la Chiesa ha bisogno di dare una forma e un modo di procedere sinodale anche alle proprie istituzioni e strutture, in particolare di governo. Toccherà al diritto canonico accompagnare questo processo di rinnovamento delle strutture anche attraverso le necessarie modifiche degli assetti attualmente in vigore» (§71) – anche solo per evitare che i detentori del Potere (grande o piccolo che sia) finiscano per «circondarsi di coloro che condividono le loro opinioni e stare lontani da coloro le cui convinzioni sono ostili e in disaccordo con loro» (§58). Decisivo sarà anche quanto verranno valorizzati il concetto e la pratica della «trasparenza» (§79), innanzitutto in tema di abusi (§20), all’interno di queste riforme strutturali e dei processi di discernimento decisionale.

Resta fermo, per il DTC, il fatto che non c’è livello ecclesiale di riforma strutturale (continentale – § 73.76; curiale – §74; nazionale – §75; orientale – §77; universitaria – §80; di vita religiosa – §81) che possa funzionare senza persone solide spiritualmente (§72; §84) e formate integralmente alla sinodalità (§82), soprattutto se (presbiteri) con ruoli di responsabilità (§83). In tal senso, «una spiritualità sinodale (…) accoglie le differenze e promuove l’armonia, e attinge dalle tensioni le energie per proseguire nel cammino. Al fine di riuscirci, dovrà transitare dall’accentuazione della dimensione individuale a quella collettiva: una spiritualità del “noi”, che possa valorizzare i contributi di ciascuno» (§85). Per questa transizione «l’incontro tra le differenti tradizioni spirituali può rappresentare una “palestra” formativa, nella misura in cui è capace di promuovere la comunione e l’armonia, contribuendo al superamento delle polarizzazioni che molte Chiese sperimentano» (§87).

In conclusione, è chiaro per il DTC il fatto che dalle Chiese cattoliche di tutto il mondo provenga «l’appello a una conversione della cultura della Chiesa (…) legato in termini concreti alla possibilità di instaurare una nuova cultura, con nuove pratiche e strutture e abitudini» (§60). Ma, coloro che sono responsabili dello status quo ecclesiale vorranno «accettare di essere trasformati da questo ascolto» (§33) e avviare finalmente «trasformazione concrete» (§42)?

 

3 risposte a “Fase sinodale continentale: sacerdozio universale, corresponsabilità, riforma strutturale – 2”

  1. domenico graziano ha detto:

    Auspico la Chiesa Universale in cammino sulla via di ‘Emmaus’ per fare ‘Sinodo’ che apra i cuori e riconosca chi ci ‘spezza’ a diverse latitudini il pane della vita.
    Intelligenza e Fede aiutino tutti a unire e non dividere , ad osare oltre l’impossibile, a non aver paura delle povertà che fanno confliggere le persone, ad essere tutti buoni samaritani al servizio della verità e della vita piena.

  2. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Un cristianesimo smembrato in miriadi di diverse interpretazioni a voler entrare nel mondo quale è oggi con l’introdurre idee personali circa la Parola? Il Clero dovrebbe essere maestro nel mantenere alta la Luce del Suo Maestro, il fedele si rivolge a questa Luce per a sua volta essere tale. Questa radicale verità ha da essere aiutata a viverlo in rettitudine, Il Santo Padre Ratzinger ha dato questo aiuto, illuminato da una ragione che ha filtrato quella realtà evangelica e se si vuole a vivere la propria esistenza, una realtà possibile per quell’uomo che non voglia morire. Un aiuto a menti confuse dubbiose, Si parla poco di vita eterna, come fine, ma il Signore è sceso in terra proprio a portare questa realtà. La salvezza, Lui ne è la via,la verità vita, per un Amore che apra il cuore a nutrire sentimenti, e come per le persone care, essere vita per sempre.

  3. Pietro Buttiglione ha detto:

    Leggo:
    Perciò il DTC manifesta la necessità di riforme strutturali (§44)

    Sai cosa mi piacerebbe vedere?
    Riforme STRUTTURALI motivate da esplicito intento di impedire che domani esca un altro libro alla Peyrefitte o Nuzzi o altri su connessioni con pedofilia o riciclaggi tipo IOR/MARCINKUS/Vatileaks/De Pedis ecc ecc ecc
    Ma non xchè non se ne parli piú, bensi’ per fare in modo che non succeda MAI PIU’.
    Ma è mai possibile che oggi ci si chieda se era piú scandalosaa CC del ‘500 o quella odierna??

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