Don Giulio nel vicolo cieco

Nelle dichiarazioni del sacerdote ligure sospeso a divinis il dilemma di mantenere la libertà di pensiero all'interno di una dottrina data «per sempre»
8 Ottobre 2022

Quello che mi piace di don Giulio Mignani ­- il sacerdote ligure da poco sospeso a divinis dal suo vescovo per le reiterate posizioni a favore della benedizione degli omosessuali, della legge 194 e di quella sul fine vita ­– è la sua rivoluzione tranquilla. Non strepita cioè come se fosse il novello Lutero, un riformatore della dottrina o della Chiesa; no: semplicemente ha compiuto il suo percorso nella fede (ha 52 anni, non è un bambino) alla luce della coscienza ed è arrivato in fondo al vicolo cieco davanti al quale doveva decidere se parlare rischiando sanzioni, oppure tacere per salvare (ma salvare davvero?) il suo stato clericale.

Almeno questo è ciò che posso intuire (non conosco don Giulio) leggendo le sue dichiarazioni. Ascoltate anche voi. La sua sospensione è ingiusta? «No. Le  mie posizioni non sono conformi all’insegnamento della Chiesa». Farà appello? «No, il vescovo ha applicato il diritto canonico». Si aspettava conseguenze? «Sì e mi dispiace se qualcuno si è scandalizzato per le mie parole». Lascerà la tonaca? «No, sarebbe ammettere che c’è un solo modo di vivere la fede». Se incontrasse papa Francesco che cosa gli direbbe? «Che non intendevo polemizzare e offendere».

Come si vede, non sono dichiarazioni di un rivoluzionario ma semplicemente di un uomo (un prete) che è giunto al bivio delle sue riflessioni e intende procedere secondo coerenza. Domenica i fedeli hanno già indetto un presidio di protesta a suo sostegno e i politici che premono per la legge sull’eutanasia sono pronti a strumentalizzarlo; ma don Mignani non cavalca affatto la tigre e afferma piuttosto che «questa parrocchia ha bisogno da subito di un nuovo pastore e io devo fargli spazio… Invito i fedeli a esternare il disappunto con rispetto per chi non è d’accordo».

Non entro nel merito delle posizioni per cui don Giulio è stato punito – questioni del resto su cui il dibattito dei pro e dei contro è quanto mai incerto, se fatto fuori dalle ideologie. Mi limito a segnalare l’atteggiamento assolutamente evangelico con cui questo sacerdote ha scelto di seguire la sua strada: «La Chiesa dovrebbe dire chiaro che non esiste un solo modo per vivere la fede, e invece finisce per omologare. Tutto si supererebbe se si desse possibilità di camminare insieme pur nella diversità. Il dialogo dovrebbe essere normale quando si riflette su ciò che è più grande di noi ma al contempo ci contiene: come il mistero della vita o di Dio».

È il vicolo cieco, appunto: come mantenere il pluralismo, la libertà di pensiero, all’interno di una dottrina data «per sempre»? Auguro a don Giulio di mantenersi puro.

15 risposte a “Don Giulio nel vicolo cieco”

  1. Teresa Benedini ha detto:

    Mi chiedo spesso se noi che ci diciamo cristiani siamo ideologici o evangelici. Quanti bambini lasciamo che muoiano per malnutrizione, per mancanza di beni primari nel mondo ?
    Quante persone si lasciano morire perchè non hanno libertà , casa , affetto ?
    Quante coppie vivono insieme solo per salvare le apparenze ( di coppie cristiane soprattutto…) ?

    Eppure noi, cattolici osservanti siamo contro l’aborto ( e chi non lo è )?
    Noi , cattolici osservanti siamo contro l’eutanasia…
    Eppure noi osservanti deploriamo le coppie che si amano in modo diverso dal ” nostro”

    Siamo cattolici ? Forse è meglio essere evangelici…rischiamo meno ipocrisia .

  2. Pietro Buttiglione ha detto:

    Mi spiace dissentire ( stufo di discutere) ma mi sfugge del tutto la definizione di. ” Uomo Naturale ”
    Ne deriva che non si può identificare un identikit dello stesso.
    Ne deriva che pure la morale non è fissa e la Storia, anche della CC, lo dimostra..

  3. Daniele Gianolla ha detto:

    Articolo interessante e secondo me molto esatto. Altrettanto interessante il dibattito sollevato. A proposito, mi piace citare San Paolo, che parla di «un sono corpo, un solo spirito», non aggiunge “un solo pensiero”. Incomprensibilmente, però, la «la Chiesa finisce per omologare» proprio sul pensiero unico. Non è in discussione la verità di fede (Credo in unum Deum…), ma trovo assurdo che sia impossibile discutere le posizioni morali, che per loro stessa natura sono mutevoli nel tempo.

    • Claudio Menghini ha detto:

      Le posizioni morali derivano dalla legge naturale, che non muta perché è connessa alla natura umana. Possono cambiare le variabili culturali, ma la natura è una ed immutabile. La natura sta alle culture come la radice sta alle declinazioni.

      • Paola Meneghello ha detto:

        Di fronte ad una medicina che con la tecnica ti tiene in vita come una creatura artificiale, più che come un uomo, si invoca il diritto di morire naturale, da essere umano. .
        Siamo talmente furbi che dobbiamo pagare una clinica per poter morire in pace..diciamo quantomeno che sono tempi confusi..
        E un omosessuale, in fondo, non chiede di essere rispettato in quella che è la sua natura, con la quale è nato?
        Il diritto d’aborto, ovvio che per chi crede nell’anima, tale non è, ma in uno Stato laico, è una possibilità che non credo si possa declinare..inoltre tra la salute della mamma in vita, e una vita in formazione, credo sia naturale scegliere la prima.. forse i casi non sono tutti uguali e il punto di vista superiore è sempre “oltre” i paletti di un sì o un no, secondo me..

  4. Pietro Buttiglione ha detto:

    @Vincenzo.. troppo di dettaglio…
    Vero, forse xchè troppi dicasteri, troppi capi che devono giustificare la loro ‘superioritå’ .
    Mi chiedo se a Mosca sono di più.. ( sono tantissimi..😛)
    Invece tra libertà e Dio:
    1) Chiedersi se Dio è libero nn ha senso.
    2) Saggio è credere che ci lasci responsabili e liberi, ..
    3) difficile invece x noi liberarci della immagine di Dio Giudice e Vindice..😰😭🤐
    4) io credo fermamente che la Vita sia “POSSIBILITÀ”, cioè cammino di trasformazione/metanoia senza noia anzi con gioia-senso-pienezza-valore da
    assorbire-condividere con Lui.
    ((( senza dettagli)))

  5. Vincenzo Testa ha detto:

    Sarebbe anche interessante chiedersi quanti sono coloro i quali come don Giulio giunti al bivio per credendo le sue stesse cose continuano a stare dove sono e camminano glissando pubblicamente su questi argomenti e magari nel privato si esprimono come lui. Non è il caso di una profonda rilettura di certe indicazioni troppo di dettaglio restando invece fermi rispetto al nucleo centrale della fede. Purtroppo nutro molti dubbi che ci sia questa volontà… Tutto resta così come è (formalmente) mentre la vita concreta cammina per altre vie. Dio, secondo voi, da che parte sta? Se è, come predichiamo, un Dio d’Amore che fa’, ci separa oppure continua a stare dove noi siamo e così come siamo. Dio è molto più libero dei confini nei quali siamo ingabbiati

    • Claudio Menghini ha detto:

      Considerato che, a quanto si legge, don Giulio giustifica non solo l’omosessualità, ma anche l’eutanasia e l’aborto (è necessario ricordare che trattasi di omicidio di bambini innocenti?), penso che Dio stia dalla parte del vescovo che lo ha sospeso.

  6. Pietro Buttiglione ha detto:

    # Enrica
    Non x lodarmi ma ricevo molti 👍 soprattutto alla parte finale del mio recente libro Da Realtà a Verità, su Gesù Cristo. Propongo qui un approccio diverso al nostro “credere”
    Un approccio che parte dalla presa d’atto che la CC ha esagerato nella mania di NORMARE TUTTO.
    L’approccio parte da una considerazione: la CC fa bene ad indicare le guidelines, SENZA SCENDERE NEL RIDICOLO DEI PARTICOLARI, da lasciare all’hic et nunc, cioè prendere atto che TUTTO nel mondo reale è relativo, lasciando quindi alla responsabilità della Persona la implementazione.
    Ecco il ‘gioco’ proposto:
    per essere Cristiani, cioè seguaci di Lui, COSA è veramente indispensabile? Forse la politica del preservativo? O le stesse modalità del finevita?? Arriviamo e difendiamo il nocciolo, p.f. tanto x nn farci ridere addosso..😭😰

  7. Enrica Bucci ha detto:

    Ho abbandonato la chiesa. Non Dio, ma la chiesa che non rappresenta più tutti, ma solo i cattolici politically correct. E gli altri? Sbagliano. Senza un dialogo, senza cercare di capire, i gay e le lesbiche sbagliano, i fine vita affranti da un dolore che non sopportano sbagliano., ecc. Adesso basta. Se la Chiesa è padre e madre ama tutti i suoi figli. Non solo quelli vestiti bene la domenica per la messa. E io credo in un Dio che mi ama e ama tutti non solo quelli con l’imprimatur del catechismo. Ma sembra che al Clero non interessi perdere “clientela” .

  8. Gian Piero Del Bono ha detto:

    Se ogni prete seguisse l’ esempio di Don Giulio, se cioe’ ponesse le proprie singole idee sopra quella che e’ ancora la dottrina, (prima che questa dottrina venga cambiata da tutta la Comunita’ ecclesiale) si arriverebbe a una parcellizzazione, o disgregazione atomica della Chiesa. Infatti Tot capite Tot sententiar, ogni mente ha le sue idee, opinioni, se ogni prete insegnasse dal pulpito le ” sue’ idee non si avrebbe neppure piu’ una comunita’ chiamata chiesa cattolica ma solo individualismi .

    • Roberto Beretta ha detto:

      Chiedo scusa, di solito non mi piace replicare puntualmente ai lettori e preferisco lasciare che ognuno dica liberamente la sua, ma stavolta ci troviamo proprio nel punto centrale, il “vicolo cieco”. Quanto lei scrive Giampiero, è sensato e corretto; però bisogna poi conciliarlo con il pluralismo e la libertà di pensiero: che sono – essi pure! – un insegnamento cattolico. E se un prete (un credente) cambia visione approfondendo la fede nel tempo? Se ritiene di dover accettare solo parzialmente le “verità” richieste? Se è a disagio nel predicare ciò che non sente più? L’unica soluzione è andarsene (o farsi cacciare)?

      • Claudio Menghini ha detto:

        La risposta alla domanda del “vicolo cieco” è semplice, ma scomoda. La dottrina ammette al suo interno un limitato pluralismo, alcuni temi sono opinabili. Ma ci sono temi che non sono opinabili e sui quali non c’è pluralismo, perché se si vuol dirsi cattolici allora la posizione è una ed una sola, perché su quei temi la Chiesa dice “questa è la verità”. Il cattolicesimo non è fondato sul pluralismo, è fondato sulla verità. Pare oggi una frase scandalosa, eppure così è. Noi siamo liberi se accettare o rifiutare l’insegnamento della Chiesa; ma se lo rifiutiamo, allora per onestà e coerenza dobbiamo ammettere che siamo fuori dalla Chiesa. La libertà di scegliere non si può separare dalla responsabilità per le scelte compiute.

  9. Ann Bortolan ha detto:

    Esiste una parola che spiega tutto ed è “professionalità”. A prescindere dalle idee di ciascuno in un rapporto subordinato di lavoro (a cui può essere paragonabile il rapporto gerarchico nella Chiesa) il dipendente non può decidere di modificare autonomamente determinati atteggiamenti che gli vengono richiesti e per i quali è retribuito. Può solo rifiutare di assolvere compiti in contrasto con le leggi dello Stato o comunque contro la morale. Ma dov’è l’immoralità nel rifiuto dell’aborto? Non è obbligato a perseguitare i gay, ad esempio, o a ostracizzare le donne che commettono un aborto ma deve mantenere una coerenza con quanto deve sostenere, a prescindere dalle sue idee personali, giuste o errate che siano. Può essere caritatevole verso tutti senza per questo scontrarsi con la gerarchia ecclesiastica. Dispiace che questo brav’uomo sia incorso in una situazione simile. Ma sapeva che sarebbe andata così.

    • Roberto Beretta ha detto:

      Quello che lei dice, cara Ann, è davvero molto sintomatico. Il sacerdozio è dunque un mestiere, con un contratto, uno stipendio e le sue regole. La Chiesa è una ditta come tante altre. Bene, se è così lei ha ragione. Ma non è per nulla ciò che ci hanno sempre detto sulla vocazione, lo Spirito Santo, il ministero e compagnia bella, non crede? E nemmeno sul primato assoluto della coscienza, né sul famoso “tra voi non sia così”…

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