Cosa resta di noi e cosa resta a noi

I protagonisti di questo articolo sono noti probabilmente a pochi fuori dal contesto locale, ma forse il senso della riflessione può riguardare molti.
30 Luglio 2020

In meno di un anno la Festa di Sant’Agata ha perso tre personalità importanti che lasciano un vuoto certamente incolmabile nei propri cari, ma nondimeno alla città nel suo complesso, considerato il legame tra la Santa e Catania: il prof. Antonino Blandini, Mons. Gaetano Zito, il Commendatore Luigi Maina. Ognuno di loro, per anni, è stato un faro nel proprio campo e spesso queste luci si sono incrociate per illuminare la storia, la tradizione, la devozione, la religiosità popolare, la dimensione della festa. Sono uomini che hanno lasciato un segno: chi in modo più silenzioso e discreto e chi chiamato ad una maggiore visibilità, chi con lo studio e chi con la passione, chi con le pagine scritte e chi con la parola, tutti con la testimonianza di vita e di fede. Cosa resta a noi di tutto ciò? Chi parlerà della festa e di Sant’Agata come facevano loro? C’è qualcuno che ha studiato e studia questi argomenti, che vi si è immerso e vi si immerge con la stessa competenza? Ci sono degli eredi? Le Istituzioni ci stanno pensando? Sappiamo bene che non si tratta di una conoscenza da manuale e superficiale, come neanche di un lavoro di topi da biblioteca, poiché sono necessari i contenuti e la capacità di comunicarli, affascinando chi legge o chi ascolta. Ci sono libri, articoli, interviste, pagine e pagine, video su video, ma è facile dimenticare e al giorno d’oggi non è da tutti fermarsi, guardare un attimo indietro, ricercare, ammettere di non sapere, lasciarsi guidare da chi ne sa di più. Senza Blandini, Zito e Maina, che ci piaccia o no, che ci piacessero o meno, siamo tutti più poveri quando si tratta delle festività agatine e di altro tra storia e tradizione. Non possiamo permettercelo! Ricordare non vuol dire aprire per un attimo le porte di un museo per mostrare qualcosa di prezioso e allo stesso tempo pieno di polvere, bensì fare memoria di ieri nell’oggi per dare un significato nuovo al domani. Non si tratta dunque di tirar fuori una vecchia storia, cioè svolgere quasi un lavoro di scavo archeologico; ricordare è invece celebrare con mente e cuore in prima linea. Non sarà mai un tempo perso, poiché il tempo dedicato a fare memoria è al contrario una conquista, un tesoro, la consegna di una tradizione. In generale si parla di “generazione senza padri”, in particolare durante i festeggiamenti ci sono molti giovani; ma senza modelli e guide, senza adulti presenti, credibili e credenti, a chi dovranno guardare? Non è un problema che si apre e si chiude tra gennaio, febbraio e qualche giorno di agosto (NdR. i periodi dei festeggiamenti agatini), bensì riguarda il quotidiano del nostro territorio; infatti, se Agata è un modello di “buona cristiana e onesta cittadina”, lo è ogni giorno! Abbiamo bisogno, in tempi difficili come questi, di donne e uomini che non tengano per sé conoscenza, capacità, creatività, risorse, cultura, passione per il bene comune, fede, ma che ne facciano dono generosamente alla comunità. Ve ne sono certamente, ma altre e altri vanno suscitati, esortati, formati, accompagnati, lanciati.

Una risposta a “Cosa resta di noi e cosa resta a noi”

  1. BUTTIGLIONE PIETRO ha detto:

    Non vi auguro di gestire il trasloco di tutte le cose, accumulate da 2+4 figli, da una villa ad un modesto appartamento, più confacente allo stato attuale. Stamane ho offerto 100 videocassette a tutti gratis: la risposta: al macero!!! Da Matrix in inglese fino a Bergman: al macero!! Lo dico x esemplificare come tutto sta cambiando così in fretta che manco ce ne accorgiamo. Una cucina nuova? Buttare!! Cambiati i rif.ti. cambiati anche i modelli “umani”. Di fronte ai tuoi, Marco, sento già la reazione di oggi : ” Che barba, che noia!!”
    N.B. qs. NON è lo sfogo di un vecchio, è solo l’istantanea del momento, da vivere IT, senza nostalgie.

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