Le mascherine non sono una novità (le indossi come metti il naso fuori dalla porta fosse anche per portare sul marciapiede il bidone colorato della raccolta differenziata rigorosamente nel giorno indicato, pena multe supersalate), il disinfettante alla porta della chiesa sì e pure i nastri rossi per “marcare” i posti da utilizzare, ma quello che rende davvero “diversa” la celebrazione sono il clima e la modalità di procedere.
Come dire: sì, benedette mascherine che ci permettono di “tornare” alla messa, ma … sembra si sia perduto qualcosa e, di fatto, niente è più come prima, anzi. Per fare un esempio: dov’è la comunità? Dov’è l’assemblea che celebra?
Si è tornati a celebrare in chiesa da 2 settimane e ci confrontiamo periodicamente con il coro, attualmente in stand by, e con i nostri “don” per capire come procedere, al meglio. Certo non è facile e le difficoltà si accavallano, senza preavviso alcuno.
Il fondo l’abbiamo toccato al primo rientro con l’Alleluia – tipico momento di lode corale dell’assemblea – laconicamente recitato dal celebrante da solo …. Uno strazio.
Meglio è andata una settimana dopo, merito del parroco che ha chiesto esplicitamente al maestro del coro di mettersi all’organo accompagnando il suo canto solitario dal presbiterio. L’assemblea era invitata a tacere, ma non sono stati pochi quelli che hanno partecipato da dietro le mascherine dando vita ad un coro forse un po’ strano, ma comunque ampio e diffuso, mantenendo le distanze e la richiesta esplicita dei documenti di evitare l’uso del coro per non aumentare la diffusione delle “goccioline” che cantando si spanderebbero più facilmente in giro.
Un’occasione mancata alla recita del Padre Nostro dove, prima, si era abituati a prendersi per mano. Almeno l’Assemblea è unita nell’atteggiamento dell’orante con le mani alzate rivolte al cielo, ma di nuovo è sempre carente quel senso di unico “corpo” che invoca il Padre.
Il distanziamento non è indifferente per creare o meno una comunità che celebra ed è auspicabile che arrivino nuove disposizioni per superare certe evidenti mancanze. La buona volontà di chi siede tra i banchi o celebra dal presbiterio è già un ottimo passo per cominciare, ma non basta ancora: in attesa di novità pure il momento della comunione. Eravamo già abituati ad uscire ordinatamente bancata dopo bancata (senza le “fughe” o l’”arrembaggio” che si notano nelle valli alle messe a prevalenza turistica …), ma adesso il distanziamento che obbliga a fermate e ripartenze non lascia spazio alla fantasia. Quasi come accadeva in occasione di Prime Comunioni o Cresime quando il fotografo di turno chiedeva espressamente una sosta e un avanzare cadenzato così da permettere uno scatto al singolo bambino/ragazzo.
I guanti del celebrante che distribuisce non fanno problema e neppure le mascherine che vengono abbassate furtivamente per ingerire la particola, ma è sempre quel senso di comunità che fatica a vedersi e, prima ancora, a crearsi…
Forse chiediamo troppo, in un momento di crisi o dopo-crisi come questo grave, ma ci si domanda come procedere per migliorare le cose, dal momento che, ce lo dicono in tanti, dovremmo imparare a convivere col il nuovo virus. Fantasia cercasi, al più presto.