“Dichiarerete santo il cinquantesimo anno e proclamerete la liberazione nella terra per tutti i suoi abitanti… nessuno faccia torto al fratello… Nessuno di voi opprima il suo prossimo… in tutta la terra che avrete in possesso, concederete il diritto di riscatto per i terreni… Se il tuo fratello che è presso di te cade in miseria ed è inadempiente verso di te, sostienilo come un forestiero o un ospite, perché possa vivere presso di te… Non gli presterai il denaro a interesse, né gli darai il vitto a usura… non farlo lavorare come schiavo; sia presso di te come un bracciante, come un ospite. Ti servirà fino all’anno del giubileo; allora se ne andrà da te insieme con i suoi figli, tornerà nella sua famiglia e rientrerà nella proprietà dei suoi padri…” (Levitico 25).
Il Giubileo, in quanto esperienza di misericordia, è caratterizzato sia da una ricaduta fortemente etica e sociale, sia da un impatto interiore e spirituale: “tale esperienza piena di perdono non può che aprire il cuore e la mente a perdonare. Perdonare non cambia il passato, non può modificare ciò che è già avvenuto; e, tuttavia, il perdono può permettere di cambiare il futuro e di vivere in modo diverso, senza rancore, livore e vendetta. Il futuro rischiarato dal perdono consente di leggere il passato con occhi diversi, più sereni, seppure ancora solcati da lacrime” (Bolla di indizione).
Nella ferma convinzione, però, che non si possa celebrare degnamente e compiutamente ciò che non si conosce, oltre a esortare i nostri lettori e le nostre lettrici alla meditazione di Levitico 25,8-55, mettiamo a loro disposizione alcune brevi riflessioni volte a chiarificare quelle che, secondo noi, sono le parole chiave del cammino giubilare. Buon cammino!