Adesso chi mi prende sulle spalle?

Adesso chi mi prende sulle spalle?
2 Settembre 2016

“Sa stanotte, ho sognato mio padre. Mi capita davvero poche volte”. Donatella è sulla 50ina. Vedova da qualche mese. Mi ha chiesto di “accompagnarla” per attraversare questo momento. Un accompagnamento umano e forse spirituale. La ascolto e cerco di aiutarla a leggersi. Due figlie, entrambe sposate, che vivono lontane. La chiamano spesso, certo, ma da quando Maurizio non c’è più, non è la stessa cosa. “Eravamo al mare. Nella spiaggia dove andavamo da piccoli. Ma io ero grande, era adesso. Però ripetevo a mio padre le stesse parole che gli dicevo davvero quando ero piccola: su, su papi! E con le braccia protese verso di lui, aspettavo che mi prendesse in braccio e mi mettesse a cavalcioni sulle sue spalle. Quante volte lo ha fatto davvero con me! Ed io da lassù mi sentivo la regina del mondo, protetta da tutto quello che poteva capitare, e più in alto di tutti”.

“Immagino che sia stato un bel sogno, allora – le dico”. “Sì bello, ma mi ha lasciato tanta, tanta nostalgia”. La voce si incrina. Una sillaba le muore sulle labbra che tremano e gli occhi si allagano. Ma si trattiene. “Mi scusi, dottore”. Fa un bel respiro, deglutisce e poi riprende. “No, è che mi è venuto in mente un ricordo con Maurizio. Eravamo insieme da meno di un anno … una vita fa! Lui mi aveva convinto ad andare al concerto di Vasco a Imola. Per me era una novità assoluta, non ero mai stata ad un concerto. Ma fu bellissimo. E la cosa che mi ricordo di più fu che, verso la fine, all’improvviso mi sentì sollevata da terra. Guardai giù spaventata e mi accorsi che Maurizio mi aveva preso sulle spalle e mi teneva con forza. Vedevo il palco lì, c’ero quasi dentro. Cantavo, sorridevo, urlavo. Ero felice. Una emozione bellissima”. E mentre lo dice il sorriso le taglia il viso e le accende gli occhi.

“Quanta energia, Donatella! Quanta bella voglia di vivere dentro a questi racconti, dentro di lei!”. “Eh, si. Vero. – risponde lei sospirando – Ma sono ricordi, sogni”. Silenzio. “E Adesso?” Una morsa le chiude la gola … si ferma … respira. Poi ci prova, ma le parole rotolano tra i singhiozzi: “Adesso, … chi me prende … sulle spalle?” Le offro un fazzoletto e lei si asciuga gli occhi. E continua. “Si, forse questa è la cosa che mi fa soffrire di più. Non so più su chi contare. Prego, prego, ma ho la sensazione che anche Dio se ne sia andato. Non lo sento, non ne vedo le tracce”. Non so che dirle. Però questa sua parola accende una luce nella mia testa. E mi ricordo della storia Brasiliana dei due che camminano sulla spiaggia. Così le dico: “E’ un po’ come se lei, camminando su quella stessa spiaggia del sogno, vedesse solo due impronte, e non più quattro”. Di scatto risponde lasciando scorrere le lacrime, ormai libere: “Sì, esatto … proprio così!” Singhiozza libera, finalmente. Io attendo. Poi si ritrova e mi torna a fissare.

E allora provo a suggerire una possibilità: “Chi le assicura che quelle impronte siano le sue?” “Come le mie? – risponde sorpresa – e di chi se no?” “Chi c’era con lei a camminare su quella “spiaggia”?” “Per tanti anni io ho visto con certezza quattro impronte, due mie e due di Dio, ne sono sicura. Ma adesso le sue sono sparite”. “Appunto, chi le assicura che a sparire siano state le impronte di Dio e non le sue, invece?” Mi guarda fissa, silenziosa, intensa. Forse uno spiraglio si vede. E poi, stupita e un po’ sorpresa: “Cioè, lei vuol dire che le impronte che vedo ora sono di Dio e Lui mi ha preso sulle sue spalle?” Le dico con serena forza: “Come potrebbe Dio abbandonarla proprio ora! Condivide il suo dolore e ne porta lui il peso. Certo quelle di Dio sono spalle forti e sicure, ma talmente alte che a volta non riusciamo nemmeno più a vedere le cose per bene”. Si ferma. Pensosa. Gli occhi in terra. Io attendo. Respira, si soffia il naso. E poi si apre in sorriso dolce: “Si, ma lì, sulle Sue spalle, nessuno ti può far male … nemmeno la morte”.

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