Cose umili, Laus Deo!

Con le parole del Magnificat incontro ad alcune donne in situazioni difficili. Provando a uscire dai pregiudizi
12 Agosto 2016

Mi sono resa conto che in questo tempo ho incontrato persone nuove, direi quasi tutte donne e spesso madri, alcune in situazioni piuttosto difficili. Non le ho cercate, sono arrivate… e questa è per me una prima garanzia di verità d’incontro.

Conoscendole e, inevitabilmente, scambiando prima frasi comuni e poi via via sempre maggiori confidenze che aprivano spaccati impensabili sul loro vissuto e soprattutto sulla loro visione del mondo, devo dire che mi sono trovata nella condizione obbligata di dover aggiornare alcuni miei parametri interni che, più o meno consapevolmente, mi ero fatta non tanto per giudicare, quanto piuttosto per potermi confrontare col modello di femminilità che avevo davanti e che sempre chiede ragione al mio stesso essere donna e mamma. Mi sono così, inaspettatamente, ritrovata a volte senza parametri ancora attuali perché quello che emergeva erano mondi, atteggiamenti educativi e soprattutto “posture del cuore” che non avevo messo in conto, forse perché non erano immediatamente miei, ma non erano poi così distanti dalla mia sensibilità più profonda, se solo mi fossi ascoltata a fondo.

Ho però compreso che avevo bisogno, per non perdermi, di una filigrana di riferimento a cui aggrapparmi, e, se così non fosse stato, il rischio, lo capivo bene, sarebbe stato quello di diluire la mia personale idea di femminile in un calderone unico dove tutto è ammesso sempre! E quella filigrana ho sentito che era il Magnificat, non strumento e griglia per giudicare se chi mi parlava era nei ranghi canonici, ma per riuscire a capire quanto era più vasta la gamma di un femminile che spesso io concepisco a due dimensioni e che il canto di Maria mi ha aiutato ad ampliare incredibilmente per comprendere col cuore le nuove “amiche” che avevo di fronte….

La Parola, in questo caso quella del Magnificat, ancora una volta si è rivelata luce ai miei passi e mi ha dato chiavi di lettura impensabili e tanta tanta accoglienza, interiore ed esteriore… Spesso, invece, prima, pur sforzandomi di ascoltare e comprendere alternavo un goffo tentativo di lassismo a una rigida applicazione di morale cattolica a cui chi avevo di fronte era, oltretutto, quasi completamente estraneo trattandosi per lo più di persone dalla spiritualità molto “free”, non frequentanti la Chiesa da tanto tempo e spesso con ferite e rabbie trapelanti a tratti.

Mi rendo anche conto che, apparentemente, sembra impossibile e riduttivo inserire in una categoria unica le varie persone di cui parlo, ma sono convinta che confrontare un vissuto narrato con un modello emerso dalla Parola sia un modo di offrire nobilmente a quella persona la possibilità di mostrare in maniera vitale come il volto di Cristo sia davvero in ognuno di noi, in questo caso sotto un Rimmel un po’ sbavato, un fondotinta steso male per la fretta di un figlio che chiama o la stanchezza di aver fatto le ore piccole per pulir casa non avendo altri aiuti…

Sommario, ma non irrispettoso della loro diversità, cercare quindi alcune caratteristiche che rendevano sorelle tra loro le mie nuove amiche/conoscenti che forse realmente non si sarebbero conosciute mai.

Dapprima l’umiltà (“ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili”): quasi sempre nei loro atteggiamenti e gesti ho potuto cogliere una vera minorità, un senso del farsi piccoli che, anche se causato da eventi spesso dolorosi, è stato poi accolto con un coraggio da leonesse e senza vergogna alcuna. Spesso ristrettezze economiche serie per ex mariti che passano alimenti per i figli molto molto esigui (in qualche caso direi semi nulli), abiti riciclati in lunga serie e in grandi sacchi da un’amica all’altra per i bambini e se stesse ma portati con una dignità regale, impossibilità di acquistare anche una minimissima cosa che piace da matti nella vetrina di in un saldo estivo, accoglienza a fare lavori umilissimi e sfiancanti ( che spesso mi facevano tremare al pensiero di doverli fare io) mettendo da parte ben altre competenze professionali…

Tutto questo e molto altro, che mi portava a chiedermi dentro “Ma come fa?”, ho capito che era umiltà appresa con sforzo e dedizione, non umiliazione imposta dalla vita o da qualcuno esterno, anche se in qualche caso inizialmente era stato così… Ecco, capendo a tratti mi dicevo, ecco perché “i potenti sono stati rovesciati dai troni”, perché non hanno avuto la possibilità di umiliare, ma hanno fatto crescere la vera umiltà che sa vivere anche di poco e in condizioni difficili senza doversi sentire schiacciato, ma anzi “innalzato”. Sì, innalzate, perché io vedevo donne fiere, e per fierezza intendo un habitus interiore che non è vanto, ma vera capacità di minimizzare rinunce, sacrifici e privazioni facendo emergere sempre il tanto che si ha. E qui diventava vero: “ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote… ” Sì, ‑­ho visto tanta ricchezza di relazione, di soluzioni creative a rendere splendida una cena in terrazza creata con tre impensabili alimenti di partenza e di grande effetto per vista e palato… Ho visto figli, di varia età, felici di piccoli giochi con una nuova energia, comunque figli in questa era digitale, ancora capaci di crearsi passatempi con niente (dalle mollette da bucato ai sassolini e alle conchiglie in spiaggia…. Questo perché non pieni di videogiochi come le mani dei figli dei “ricchi”, che alla fine risultano vuote, ed è per questo, mi dicevo, che venivano “rimandati indietro”…).

E poi ho colto tanta riconoscenza, quella dote oggi rara della gratitudine, perché c’è sempre una misericordia che si stende su quelli che lo temono… Magari un intercalare apparentemente banale: “Mia madre, santa donna, se non ci fosse lei a badarmi i bambini quando devo lavorare… e poi bada anche a mia nonna che ha 96 e non capisce più niente!”… E in altro caso, e in altra latitudine: “Chiamerò lo zio, io ho uno zio fantastico sai? Un vero signore, mi ha fatto da papà, anzi io lo considero davvero il mio papà… Entrerà lui a parlare con i medici e a sentire cos’ha davvero mio figlio…. Con lo zio mi sentirò meno sola… Alla dottoressa chiederò se può entrare, visto che è solo uno zio!”. Di generazione in generazione aiuto, compagnia, misericordia che da Dio Padre si fa volto di nonna, zio, vecchia signora vicina di casa “che vado sempre a trovare perché da piccola mi dava ogni giorno la merenda”: misericordia antica e ancora nuova!

E infine:

“Ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia, come aveva promesso ai nostri padri ad Abramo e alla sua discendenza, per sempre.”

Dove sono i padri in questa mia carrellata dell’ultima ora di uno spaccato estivo? Purtroppo molto assenti, non per colpa mia ma per dato statistico di realtà che ho davvero incontrato. Non ne traggo facili deduzioni, voglio resistere alla tentazione data la scarsità del campione ed il fatto che non sono il sociologo di turno. Voglio anche resistere alla tentazione di una mia personale rabbia di fronte a tanta solitudine femminile… Maria, nel vangelo, spesso la vediamo sola, ma non per questo immaginiamo Giuseppe assente nel soccorrerla in tante situazioni; e poi, mi dico, se la solitudine non diventa giudizio incattivito su chi manca, si è salvata miracolosamente e non è più condanna, né per se stessi né per gli altri.

E’ vero, in questo mio “dolce quadretto”, mancano certo tante imprecazioni che invece ho sentito davvero, sempre al femminile, su quanto sia difficile andare avanti spesso sole e con tanto bisogno nel cuore e nelle situazioni da gestire, perché diverse erano state le promesse d’amore iniziali o le aspettative sognate dall’adolescenza. Ma “la promessa fatta ai nostri padri” rimane per tutti, sempre, sia che ne siamo consapevoli o meno, per ogni caffè bevuto da sole al mattino già con una lista di cose scritta a matita sotto alla tazzina, sia che fisicamente esista o meno qualcuno con noi a condividerla e a portarne il peso, come a dirci : “Dammi la bolletta, che la pago io…” oppure “Come stai oggi? Hai dormito bene stanotte?”…

E’ una promessa che non delude, prova ne sia che la mia rubrica telefonica vanta ora alcuni nuovi nomi-numeri che quando compaiono occhieggiando dal simbolino di WhatsApp o da una chat di Messenger mi riempiono il cuore di gioia perché mi chiedo: “Chissà cosa avrà di bello oggi Silvia/Annamaria/Antonella/Sara… da dirmi?”

“L’anima mia magnifica il Signore…” in ogni chat… “Perché Luca ha fattto pipì per la prima volta nel water e sai, le maestre della scuola materna mi hanno chiamato subito per dirmelo!”

Cose umili, laus Deo!

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